By Fides
La Chiesa caldea segue da vicino, “con tristezza e preoccupazione”, gli sviluppi della misure giudiziarie con cui gli Stati Uniti d'America si apprestano a allontanare dai propri confini 114 iracheni, in gran parte cristiani caldei, arrestati e colpiti dalla disposizione di espulsione, nel quadro delle nuove misure messe in atto dall'amministrazione Trump per contrastare i flussi migratori provenienti da Paesi del Medio Oriente, considerati a rischio di infiltrazione terroristica.
I sentimenti del Patriarcato sono espressi in una lettera che il Patriarca Louis Raphael ha inviato al Vescovo caldeo Frank Kalabat, alla guida dell'Eparchia di San Tommaso Apostolo a Detroit, il Patriarca esprime solidarietà e vicinanza alle famiglie degli iracheni colpiti dalle disposizioni di espulsione, e auspica che il governo statunitense trovi adeguata soluzione all'emergenza umanitaria provocata dalle misure di allontanamento, rivolte anche contro padri di famiglia con figli piccoli, che vivono del lavoro svolto negli USA. Il Patriarca fa notare che molti degli iracheni sottoposti a misure di allontanamento vivevano negli USA da molto tempo, e non possono essere in alcun modo sospettati di rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale statunitense. Nella lettera patriarcale, si riferisce anche che il governo di Baghdad ha dichiarato la propria impossibilità a interferire su quella che rappresenta una “decisione sovrana” di un altro Paese. La vicenda – aggiunge il Patriarca nella sua lettera – può comunque aiutare tutti a cogliere l'importanza di possedere documenti legali che garantiscano il proprio status dal punto di vista giuridico, sottraendo i singoli e le famiglie a ritorsioni e discriminazioni.
I cristiani caldei di origine irachena colpiti da disposizioni di espulsione sono stati arrestati a Detroit dai poliziotti dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice) lo scorso 12 giugno. Si tratta per lo più di uomini residenti negli States da decenni. L'operazione fa seguito all'accordo tra Stati Uniti e Iraq, con cui il governo di Baghdad ha accettato di accogliere un certo numero di cittadini iracheni sottoposti all’ordine di espulsione, pur di essere tolto dalla lista nera delle nazioni colpite dal cosiddetto “muslim ban”, il bando voluto del Presidente Donald Trump per impedire l'accesso negli USA ai cittadini provenienti da sei Paesi a maggioranza musulmana considerati come potenziali “esportatori” di terroristi. Alcuni degli arrestati cristiani avevano avuto in passato problemi con la giustizia, elemento che secondo le forze di polizia giustificherebbero la decisione di sottoporli alla misura del reimpatrio forzato in Iraq. Nella giornata di giovedì 22 giugno, il giudice distrettuale Mark Goldsmith ha sospeso per 14 giorni le procedure di espulsione, durante il quale dovrà decidere se il suo tribunale è competente per deliberare in merito all'intera vicenda.
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La "stretta" voluta da Trump nei confronti degli immigrati colpisce duramente la comunità caldea negli stati Uniti.
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