"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

4 novembre 2008

Iracheni cristiani e promesse irachene: parole vuote

By Baghdadhope

Photo by Nahrain.com

“Faremo ogni sforzo per garantire onore e rispetto ai nostri fratelli cristiani perchè essi sono una componente essenziale della società”.
Belle parole vero? Sorprendenti a sapere che sono state pronunciate dal Primo Ministro iracheno Nuri Al Maliki nel corso della prima conferenza islamo cristiana organizzata a Baghdad dalla Union of Muslim Scholars cui hanno partecipato, per la parte cristiana e tra gli altri, il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Monsignor Francis A. Chullikat ed il vescovo latino di Baghdad, Monsignor Jean B. Sleiman.
Parole la cui bellezza è oscurata dal momento in
cui sono state pronunciate. Lo stesso giorno in cui il Parlamento iracheno ha praticamente più che dimezzato i seggi riservati alle minoranze nelle prossime elezioni per i consigli provinciali colpendo soprattutto quella cristiana che, se fosse passata la legge approvata il 22 luglio scorso avrebbe potuto contare su 13 seggi in 6 province, mentre ora si dovrà accontentare di soli 3 seggi in 3 province.
E’ così che gli iracheni mostrano onore e rispetto verso i “loro fratelli cristiani”? E’ ancora il caso di definirli tali, o è ora di ammettere che il tentativo di farli sparire dal paese sta seguendo un duplice binario: quello delle violenze dalle quali una minoranza inerme non potrebbe difendersi neanche se lo volesse, e quello della erosione dei loro diritti in maniera “democraticamente legale”?
O forse è l’approccio delle minoranze ad essere sbagliato? Forse, come ha dichiarato oggi ad Awzat Al Iraq, Mahmoud al Mashhadani, portavoce del Parlamento iracheno “i cristiani in Iraq non hanno bisogno di quote perchè godono del rispetto e dell’affetto di tutti” e, continua, “non c’è pericolo per loro perchè sono gli abitanti originari del paese.”
Rispetto, affetto. Belle parole anche queste.
Per quanto tempo però gli iracheni cristiani dovranno ripetersele ogni volta che ricorderanno tutti i morti, le minacce, le fughe, le bombe che li hanno colpiti, per convincersi che “davvero” esse hanno un valore?