di Marta Allevato
«Avevamo scelto il silenzio, sperando ci lasciassero vivere. Invece ci uccidono lo stesso e allora è meglio smettere di tacere e se dobbiamo essere vittime allora facciamolo con una voce, gridando forte i nostri diritti». La comunità cristiana irachena, ferita tra sabato e lunedì dall’ennesima raffica di attentati contro le sue chiese riflette sul suo destino.
La catena di esplosioni contro nove obiettivi tra Baghdad, Mosul e Kirkuk - che ha fatto cinque morti e oltre quaranta feriti - ha gettato di nuovo nel terrore i fedeli ma ha sollevato anche pesanti interrogativi sull’efficacia della linea di basso profilo scelta dai vertici della Chiesa locale. Ordigni rudimentali nascosti in scatole di carta, autobombe o incendi dolosi si sono susseguiti in 48 ore contro obiettivi simbolo, e non casualmente, nel giorno più sacro ai cristiani: la domenica.
Secondo le agenzie di stampa, le chiese attaccate sono sei, ma il ben informato sito Baghdadhope parla di nove parrocchie...