Di Alessandro Ciquera
07/07/2009, Kirkuk
Il periodo appena trascorso è stato probabilmente uno dei più strani di tutta la storia recente dell'Iraq, o perlomeno dei suoi ultimi dieci anni. Il Governo degli Stati Uniti ha annunciato ed effettuato la prima fase del ritiro delle truppe dalle principali citta' del Paese, da Mosul a Kirkuk, da Tikrit a Bassora, passando ovviamente per Baghdad. Gli Americani se ne stanno andando: proviamo, per esperimento, a congelare per un attimo questa immagine, andiamo oltre le immagini di parate festanti e di cambi della guardia trasmesse dalla Televisione in ogni angolo della Nazione, andiamo oltre, entriamo nella vita dei figli di questo Stato. Immedesimiamoci momentaneamente in Ebenezer Scrooge, l'anziano avaro che nel racconto "A Christmas Carol" di Charles Dickens viaggia nei Natali passati, presenti e futuri. Guardiamo col cuore, sinceramente: ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà il destino di queste terre Mediorientali. Prendiamo per mano un immaginario genio del Passato, e sorvoliamo i vari decenni dagli anni Settanta in poi, vedremo in azione un regime crudele, minoranze esiliate, perseguitate e assassinate. Vedremo le guerre civili tra fazioni opposte nel Kurdistan, sfruttate dal Governo di Saddam Hussein come occasione di nuove repressioni, vedremo politici di ogni etnia e religione sempre meno interessati alla povera gente, vedremo la rovina di Kirkuk, di Mosul, vedremo petrolio, sangue e morte, vedremo il massacro di Halabja.
Il tempo si ferma, ancora una volta, la nebbia si dirada ed ecco la Prima Guerra del Golfo, tra Iraq e Iran, seguita dalla Seconda, quella in cui intervennero gli USA di George Bush padre. Nel 1991 l'Iraq è un paese ancora una volta sull'orlo dello sbandamento, sul punto di esplodere. Entrano in azione giochi di potere, logiche di palazzo, Saddam viene dapprima finanziato, poi dichiarato un tiranno, poi gli viene mossa guerra, tutta la popolazione è chiamata alle armi, il ricco Kuwait viene preso di mira e porta l'Onu a inasprire ridicole sanzioni che causano la morte di migliaia e migliaia di innocenti, senza scalfire la credibilità interna del regime. Ad una manciata di chilometri da Baghdad tuttavia l'esercito Americano si ferma, e si ritira, ogni singola amministrazione al suo posto, la dittatura permane.
Lasciamoci alle spalle i libri di storia e con un immaginario Fantasma del Presente arriviamo alle guerre del post Undici Settembre 2001: l'Iraq del dopo Saddam; ci aggiriamo per le strade di una capitale divisa in zone rosse e verdi, i confini nazionali non sono stati chiusi nonostante le chiare minaccie di infiltrazioni terroristiche in assenza di un governo forte capace di fermarle, ed ora ogni città è piena di cellule impazzite che compiono decine di attentati al giorno contro civili e soldati, rapiscono e assassinano giornalisti stranieri e diplomatici, la corruzione presente nei settori pubblici e nei vari Presidenti eletti democraticamente non porta ad un miglioramento del sistema. Vediamo una madre andare al mercato con il proprio figlio, la seguiamo con la coda dell'occhio, andare incontro al suo destino, non sentirà più i profumi della Primavera nei giardini di Baghdad.
Il Fantasma del Futuro ha il volto scuro e gli occhi tristi, stanchi di piangere, i telegiornali lo indicano come possibile portatore di una guerra civile, una Balcanizzazione conseguente alle nuove ondate di violenza. Il Fantasma del Futuro sta piangendo, lui non vuole essere tutto ciò, eppure deve diventare quello che il suo popolo sceglierà, non dipende da lui il cammino da segnare. Siamo avanti in chissà quale epoca, forse cinquant' anni dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, guardiamoci intorno, anche nei nuovi decenni percepiamo sofferenza ma non riusciamo a carpire in maniera dettagliata lo stato reale delle cose, il Fantasma del Futuro non puo' rivelare i suoi segreti, ma sotto le lacrime non riesce a nascondere i suoi occhi azzurri.