La ragione del rifiuto dei visti di ingresso in Australia per molti dei giovani iracheni che avrebbero dovuto recarsi a Sydney per l’imminente GMG è stata spiegata dall’ambasciata australiana ad Amman che ora sembra voglia seguire una linea più “morbida”.
Se tre giorni fa, infatti, le notizie, parlavano di un’offerta di 10 visti al posto dei quasi 170 richiesti, oggi parlano di 30 visti che potrebbero essere concessi in extremis. I prescelti sarebbero 10 sacerdoti, tra cui Padre Bashar Warda e Padre Rayan P. Atto che per primo ha raccontato a Baghdadhope la sua delusione per un viaggio tanto sognato sul punto di sfumare, Mons. Mikha P. Maqdassi, vescovo caldeo di Al Qosh, una suora, le 8 persone designate a portare la Croce a Sydney e 10 giovani attivi nei gruppi parrocchiali giovanili. Per quanto riguarda i visti negati agli altri componenti del “Gruppo Iraq per la pace” l’ambasciata australiana nega, seppur indirettamente, quanto dichiarato al Sir ieri da Mons. Jibrail Kassab, vescovo caldeo dell’Australia e della Nuova Zelanda secondo cui dietro al rifiuto ci sarebbero “motivi probabilmente politici”. Si tratterebbe, invece, di motivi essenzialmente economici. L’Ambasciata australiana, infatti, per quanto affermi di aver ricevuto rassicurazioni a proposito da parte del Vaticano e dell’GMG Australia, e per quanto si dichiari informata che la chiesa ha garantito le spese dei richiedenti i visti, sottolinea come nella maggior parte delle richieste ricevute manchino i documenti relativi alla situazione di impiego e finanziaria dei singoli che rappresenterebbero una sorta di garanzia del loro ritorno in Iraq. Garanzia che, è chiaramente specificato, non riguarda i membri del clero.
Nonostante questo sviluppo seppur parzialmente positivo, Padre Rayan P. Atto ha dichiarato a proposito a Baghdadhope: "Siamo rassicurati dal fatto che l'Ambasciata australiana ad Amman abbia nominato un incaricato a seguire il nostro caso specifico, ma siamo preoccupati per i tempi. Andare ad Amman a ritirare i visti, dopo che ci daranno la conferma ufficiale, vuol dire perdere almeno tre giorni per poi dover organizzare in fretta il viaggio fino in Australia. Purtroppo i tempi stringono, la GMG non dura in eterno, e per questa ragioni tutti preghiamo perchè questa conferma arrivi al più presto. Personalmente, a parte i miei doveri religiosi, vivo controllando la mia mail. "
La notizia di questa "concessione" da parte dell'Ambasciata australiana, tenuta riservata dal suo arrivo, ieri pomeriggio, è stata confermata oggi ufficialmente alla MISNA da Monsignor Philip Najim, Procuratore Caldeo presso la Santa Sede: “È un vero scandalo, uno schiaffo a ragazzi che volevano andare a testimoniare la fede e la gioia di vivere della chiesa irachena nonostante le sofferenze…S’infrange contro il muro della diffidenza e della burocrazia il sogno dei ragazzi iracheni di partecipare alla Giornata mondiale della gioventù cattolica a Sidney, dopo che l’ambasciata australiana ad Amman ha prima negato del tutto e poi oggi concesso 30 visti di accesso nel paese…appena 30 di cui 12 per i religiosi e solo 18 per i ragazzi, su una lista di 170 persone presentata sin dallo scorso anno”
“A rendere più amaro il rifiuto è l’illazione che i giovani approfittino dell’occasione per restare come richiedenti asilo; secondo loro non ci sarebbero sufficienti garanzie che facciano ritorno in patria” ha detto monsignor Najim, dopo ripetuti contatti con le autorità competenti. Il rappresentante della chiesa caldea ha ribadito che l’obiettivo dei giovani iracheni “è soltanto far conoscere la chiesa irachena ai coetanei di tutto il mondo e poi tornare a far crescere quell’esperienza di condivisione di fede in Iraq” Padre Rayan Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil, organizzatore del viaggio, ha già detto di non voler andare senza i ragazzi, mentre ora si presenta anche la non facile decisione su chi potrà partire e chi dovrà restare."
“A rendere più amaro il rifiuto è l’illazione che i giovani approfittino dell’occasione per restare come richiedenti asilo; secondo loro non ci sarebbero sufficienti garanzie che facciano ritorno in patria” ha detto monsignor Najim, dopo ripetuti contatti con le autorità competenti. Il rappresentante della chiesa caldea ha ribadito che l’obiettivo dei giovani iracheni “è soltanto far conoscere la chiesa irachena ai coetanei di tutto il mondo e poi tornare a far crescere quell’esperienza di condivisione di fede in Iraq” Padre Rayan Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil, organizzatore del viaggio, ha già detto di non voler andare senza i ragazzi, mentre ora si presenta anche la non facile decisione su chi potrà partire e chi dovrà restare."