By AgenSIR
È di 19 morti, tra cui un bambino e un poliziotto, e centinaia di feriti il bilancio, provvisorio, delle proteste popolari in corso a Baghdad e in altre città del Paese, Bassora, Kirkuk, Mosul, Najaf, Nassiriya. Nella capitale irachena vige dalle 5 di questa mattina il coprifuoco, voluto dal Governo, con divieto pressoché totale di transito. Anche internet risulta bloccato.
A raccontare al Sir le ore concitate che si stanno vivendo in Iraq, è mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad che lancia un appello alla moderazione: “basta violenza, basta morti. Si torni a dialogare”. “Sono proteste legittime – ribadisce il vescovo caldeo – i manifestanti scesi in piazza appartengono a tutti gli strati della popolazione, senza distinzione di fede, etnia e censo. Vogliono vedere i loro diritti garantiti. Chiedono lavoro, istruzione, sanità, stabilità, ciò di cui gli uomini hanno bisogno per vivere una vita dignitosa. Invece vediamo tanti giovani che sono costretti ad emigrare per trovare futuro. Il Governo garantisca i diritti ai bambini, alle donne, agli anziani, ai lavoratori, alle famiglie. Faccia ogni sforzo possibile in questa direzione e si adoperi al meglio per garantire condizioni di vita migliori. È possibile che dalla guerra del 2003 non si riesca ad avere l’erogazione di energia elettrica per 24 ore al giorno? Oggi abbiamo luce solo ogni due ore”.
“Purtroppo – denuncia mons. Warduni –, alla base di tutto c’è una corruzione dilagante. Ma non è una novità. Il popolo è stremato e chiede una vita migliore. È paradossale che in un Paese ricco di risorse – e non parlo solo di petrolio – come il nostro il popolo debba soffrire così tanto. È lecito chiedersi, come fa la popolazione, dove sono finiti i tantissimi miliardi stanziati dai vari Governi che si sono succeduti in questi anni per ricostruire e ammodernare il Paese. Sono finiti nelle tasche dei corrotti. Molta gente con cui ho parlato si domanda perché il premier Adel Abdul Mahdi e il presidente della Repubblica Barham Salih non parlano, non si rivolgano al popolo garantendo impegno per venire incontro alle richieste”.
“Il timore che abbiamo adesso – ammette il vescovo – è che queste manifestazioni possano essere strumentalizzate da partiti politici o peggio guidate da interferenze di Paesi vicini e internazionali. Se accadesse sarebbe una disgrazia e una strada senza ritorno per l’Iraq”. “Se dovesse permanere questa situazione di tensione anche nei prossimi mesi – conclude mons. Warduni – sarebbe a rischio anche il possibile viaggio di Papa Francesco in Iraq. Mai come adesso il nostro Paese ha bisogno delle sue parole, del suo conforto e della sua preghiera”.
È di 19 morti, tra cui un bambino e un poliziotto, e centinaia di feriti il bilancio, provvisorio, delle proteste popolari in corso a Baghdad e in altre città del Paese, Bassora, Kirkuk, Mosul, Najaf, Nassiriya. Nella capitale irachena vige dalle 5 di questa mattina il coprifuoco, voluto dal Governo, con divieto pressoché totale di transito. Anche internet risulta bloccato.
A raccontare al Sir le ore concitate che si stanno vivendo in Iraq, è mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad che lancia un appello alla moderazione: “basta violenza, basta morti. Si torni a dialogare”. “Sono proteste legittime – ribadisce il vescovo caldeo – i manifestanti scesi in piazza appartengono a tutti gli strati della popolazione, senza distinzione di fede, etnia e censo. Vogliono vedere i loro diritti garantiti. Chiedono lavoro, istruzione, sanità, stabilità, ciò di cui gli uomini hanno bisogno per vivere una vita dignitosa. Invece vediamo tanti giovani che sono costretti ad emigrare per trovare futuro. Il Governo garantisca i diritti ai bambini, alle donne, agli anziani, ai lavoratori, alle famiglie. Faccia ogni sforzo possibile in questa direzione e si adoperi al meglio per garantire condizioni di vita migliori. È possibile che dalla guerra del 2003 non si riesca ad avere l’erogazione di energia elettrica per 24 ore al giorno? Oggi abbiamo luce solo ogni due ore”.
“Purtroppo – denuncia mons. Warduni –, alla base di tutto c’è una corruzione dilagante. Ma non è una novità. Il popolo è stremato e chiede una vita migliore. È paradossale che in un Paese ricco di risorse – e non parlo solo di petrolio – come il nostro il popolo debba soffrire così tanto. È lecito chiedersi, come fa la popolazione, dove sono finiti i tantissimi miliardi stanziati dai vari Governi che si sono succeduti in questi anni per ricostruire e ammodernare il Paese. Sono finiti nelle tasche dei corrotti. Molta gente con cui ho parlato si domanda perché il premier Adel Abdul Mahdi e il presidente della Repubblica Barham Salih non parlano, non si rivolgano al popolo garantendo impegno per venire incontro alle richieste”.
“Il timore che abbiamo adesso – ammette il vescovo – è che queste manifestazioni possano essere strumentalizzate da partiti politici o peggio guidate da interferenze di Paesi vicini e internazionali. Se accadesse sarebbe una disgrazia e una strada senza ritorno per l’Iraq”. “Se dovesse permanere questa situazione di tensione anche nei prossimi mesi – conclude mons. Warduni – sarebbe a rischio anche il possibile viaggio di Papa Francesco in Iraq. Mai come adesso il nostro Paese ha bisogno delle sue parole, del suo conforto e della sua preghiera”.