"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 aprile 2016

Iraq: mons. al Qas (Ahmadiya e Zakho), “i cristiani sfollati attendono il Papa in Kurdistan”

By SIR
 
“Abbiamo perduto il futuro della nostra Chiesa. I nostri fedeli sono sparsi in Libano, in Turchia, in Giordania dove aspettano di emigrare per gli Usa, il Canada, l’Australia e l’Europa. Non faranno più ritorno. Abbiamo perduto la nostra storia ma non la nostra fede. I nostri fedeli attendono il Papa in Kurdistan”: così monsignor Rabban al Qas, arcivescovo caldeo di Ahmadiya e Zakho, nel Kurdistan iracheno, ha descritto la condizione dei cristiani iracheni nel corso di una conferenza stampa promossa, oggi a Roma, da Acs, Aiuto alla Chiesa che soffre.
“Nel nostro Paese ne sono rimasti meno di un quarto, a Baghdad sono 20mila, e chi è nella capitale sta vendendo tutto, a Bassora 500. Gli sfollati in Kurdistan sono circa 350mila” di questi 120mila i cristiani fuggiti dalla Piana di Ninive, subito dopo la presa di Mosul da parte dello Stato Islamico. “I cristiani – ha aggiunto – non faranno mai più ritorno in questa città”.
“Lo Stato islamico è un cancro che si sta insinuando anche in Europa”,
ha affermato il presule caldeo riferendosi agli attentati di Parigi e Bruxelles. “È impossibile proteggere la gente. Il mondo sarà tranquillo e sicuro solo quando la religione servirà il bene dell’uomo e non sarà più strumentalizzata per uccidere e prevalere”. “Bisogna combattere l’Isis non per fare la guerra ma per difendere la libertà. Purtroppo non abbiamo un governo forte a Baghdad che ci permetta di vivere in sicurezza. In Kurdistan, invece, la situazione è nettamente migliore dal momento che ci sono i guerriglieri curdi peshmerga che difendono i confini sul terreno”. Sul Kurdistan l’arcivescovo ha auspicato un referendum volto a favorire la nascita di uno Stato. “Credo – ha detto – che sia giunto il tempo per la sua creazione”.
Mons. al Qas ha anche puntato l’indice contro la discriminazione dei cristiani in Iraq e invocato la riforma della “Costituzione, che sia non più legata alla legge islamica della Sharia, ma laica, con il riconoscimento della libertà di coscienza, di religione. L’Occidente non ci lasci soli e faccia pressioni perché ciò avvenga”. “Per noi è importante avere libertà di credere e scegliere. Oggi non siamo liberi” ha rimarcato l’arcivescovo portando ad esempio la legge sulla islamizzazione forzata dei minori figli di convertiti.
Sull’eventualità di una visita di Papa Francesco in Kurdistan, alla stregua di quella a Lesbo domani, ai profughi iracheni che sono in Erbil, il presule si è detto convinto che “questa sarebbe possibile in quanto ci sono tutte le condizioni di sicurezza. Non esisterebbe alcun tipo di problema. Nulla di negativo potrebbe accadere. Il Pontefice sarebbe accolto con tutti gli onori dalle massime autorità del Kurdistan, dai rappresentanti della Chiesa, dal Patriarca e soprattutto dalle migliaia di profughi che lo aspettano a braccia aperte”. Sin dall’inizio dell’avanzata dello Stato Islamico, nel giugno 2014, Acs ha sostenuto le comunità cristiane in Iraq per un totale di 15 milioni e 100 mila euro, e continua a sostenere in particolar modo i 120 mila cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive, che hanno trovato rifugio in Kurdistan, molti dei quali vivono a Duhok, cittadina a nord di Mosul che appartiene alla diocesi di monsignor Al Qas. Tra gli interventi più significativi, la donazione di scuole prefabbricate, alloggi e pacchi-viveri.