"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 aprile 2016

Un monastero circondato dall'Isis dove vivono sette monaci siriani ortodossi e una famiglia di cristiani. Hanno paura

By Italia Oggi
Angelica Ratti
 
Arroccate su uno sperone roccioso, le mura del monastero ortodosso di Mar Matta, dal nome dell'eremita che lo fondò, dominano la piana di Ninive, in Iraq. È uno dei più antichi monasteri del mondo cristiano, costruito nel 363. Nel momento del suo massimo splendore, nel IX secolo, arrivò ad ospitare 700 monaci. Oggi, dietro questo bastione, vivono sette uomini di fede, degli ortodossi siriani, tra i quali il vescovo della diocesi, monsignor Thimothius Moussa al-Shamani. I suoi illustri predecessori sono sepolti nel sottosuolo della cripta. Con loro c'è anche una famiglia di cristiani che si è rifugiata nel monastero dopo essere fuggita da Mossul, la capitale degli oscurantisti di Daech, che si intravede, in lontananza, una trentina di chilometri in linea d'aria. Hanno paura, ma non lasceranno il monastero fino all'ultimo. Il monastero è l'ultima stazione prima della linea del fronte. Sembra inespugnabile, invece è facile entravi dalle passerelle. Ed è proprio sotto quelle mura che si aggirano i combattenti di Daech, lo stato islamico. Di quando in quando, sparano colpi di mortaio. I monaci sono costretti a recitare le loro preghiere anche sotto i bombardamenti della coalizione degli alleati contro l'Isis. Le forze curde della regione autonoma del Kurdistan iracheno, i peshmerga, difendono una postazione avanzata sulla collina vicina. I combattenti dell'Isis occupano i villaggi sotto il monastero e ogni tanto tentano qualche azione temeraria. Sicuramente dalla loro postazione vedono la grande croce rossa luminosa sul tetto dell'edificio religioso.
Una zona di guerra mascherata da posto di controllo dove non si circola senza autorizzazione. Le decine di camere riservate ai pellegrini sono vuote. La piccola comunità sopravvive nel monastero giorno per giorno al ritmo di messe, molte, e visite, poche. Prima della presa di Mossul da parte dell'Isis, il 9 giugno 2014, gli ospiti c'erano: arrivavano dalla città inerpicandosi fino alla sommità per assistere alle messe celebrate in lingua siriana e i malati affidavano alle preghiere la speranza di guarire miracolosamente.
Nei territori conquistati dagli jihadisti dello stato islamico sono cominciate le devastazioni culturali. I terroristi hanno demolito anche la tomba del profeta Jonas a Mossul e il monastero di Sant'Elia è stato raso al suolo dopo quindici secoli di vita. In totale, un centinaio di siti religiosi e storici della piana di Ninive sono stati devastati. Bombardato dall'aviazione americana, lo stato islamico è adesso sulla difensiva e l'alleanza internazionale prepara piani per la ripresa di Mossul. Nella piana di Ninive ci saranno 300 jihadisti e padre Youssef, responsabile del monastero, si domanda come mai l'esercito americano non li abbia ancora cacciati. Ci vorrebbe non più di un'ora. E come mai l'esercito americano non abbia ridato luce a Mossul, città dei cristiani prima di venire conquistata dai terroristi del Califfato che hanno falcidiato i cristiani. Da 1,5 milioni del 2003 oggi non sono più di 250-300 mila. Padre Youssef è pessimista e nella regione fioriscono teorie varie su complotti, tra i quali anche quello che la fine degli ultimi cristiani è stata programmata con la benedizione degli Stati Uniti.