Fonte: AsiaNews
Per la prima volta nel suo pontificato, Benedetto XVI ha confessato alcune persone. Una cerimonia penitenziale in San Pietro alla quale si sono uniti nella preghiera i giovani cattolici di Erbil, in Iraq.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Giovani, confessatevi spesso, così avrete una rinnovata capacità di amare che vi aiuterà nell’impresa di cambiare il mondo, portandovi la civiltà dell’amore. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto ad alcune migliaia di giovani che hanno riempito la basilica di San Pietro. Tanti che non sono neppure riusciti ad entrare tutti, ma sono stati salutati dal Papa.
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E oggi, per la prima volta nel suo pontificato, Benedetto XVI ha confessato alcune persone – giovani - rinnovando così una tradizione che era stata instaurata da Giovanni Paolo II. Ma, a differenza di quanto faceva papa Wojtyla, che scendeva nella Basilica di San Pietro il Venerdì santo e amministrava il sacramento come un qualunque confessore, Benedetto XVI l’ha fatto oggi, nell’ambito di una celebrazione penitenziale in vista della Giornata della gioventù. Il Papa, in qualche modo, ha anche evidenziato la corretta celebrazione di tale rito, con la parte comunitaria e la confessione individuale.
E’ stata una lunga liturgia, dedicata alla “sperimentazione della misericordia di Dio”, secondo la definizione che Benedetto XVI ha dato della confessione, al quale da Erbil si sono uniti, nella preghiera, alcuni giovani iracheni.
Ai giovani, il Papa ha proposto una riflessione sul tema della Giornata: “Come io vi ho amato così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Quello odierno – ha detto – è un appuntamento che assume un profondo ed alto significato: è infatti un incontro intorno alla croce, una celebrazione della misericordia di Dio che nel sacramento della confessione ognuno di voi potrà sperimentare personalmente”.
Benedetto XVI ha proseguito affermando che nel cuore di ogni uomo “mendicante di amore, c’e sete di amore” ed ha ricordato che già Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica, la Redemptor Hominis scriveva che “l’uomo non può vivere senza amore. La sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta, lo incontra e lo fa proprio, non vi partecipa”. “Tanto più ciò vale per il cristiano, anzi, se non incontra l’amore vero non può dirsi nemmeno cristiano”.
Nella “Deus Caritas est”, poi, lo stesso Benedetto XVI ha ricordato di aver scritto che il cristianesimo all’inizio è “un incontro con una persona che dà la vita” è l’incontro con l’amore di Dio per noi, che “iniziato con la creazione, s’è fatto visibile nel mistero della croce”, che “rivela la pienezza dell’amore di Dio per noi”.
Ma di fronte all’amore ablativo di Dio, che “attende il si delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa”, fin dalla sua origine l’umanità sedotta dal maligno si è chiusa all’amore di Dio nell’illusione della sua autosufficienza.
Ma “questa sera accostandovi al sacramento della confessione – ha detto il Papa ai giovani - potrete fare l’esperienza del dono gratuito che Dio ci fa della sua vita”, affinché “diveniamo creature nuove”. E dopo “siate preparati ad usare l’amore con le vostre famiglie, i vostri amici ed anche con chi vi ha offeso”; “siate preparati ad offrire testimonianza di autentico amore cristiano negli ambienti di studio, di lavoro, nelle comunità parrocchiali, gruppi, movimenti, associazioni, in ogni ambito della società”.
Ai giovani fidanzati, infine, ha chiesto di vivere il finanziamento “nell’amore vero che chiama il reciproco rispetto casto e responsabile” e se infine “qualcuno di voi si sente chiamato ad una speciale consacrazione siate pronti a rispondere con un sì generoso e senza compromessi”.
“Il mondo – ha concluso - aspetta questo vostro contributo per l’edificazione della civiltà dell’amore”: “l’orizzonte è il mondo intero”. Con la grazia di Dio riuscirete ad essere all’altezza dell’arduo compito. Non perdete fiducia, il Signore vi è vicino”.
Il rito comprendeva una liturgia della Parola ed una richiesta comune di perdono, simboleggiata da sette giovani che hanno chiesto perdono, ognuno per un vizio capitale, e poi, come segno della domanda di misericordia, altri sette hanno acceso una lampada vicino alla croce, che per l’occasione era il crocefisso della Cappella Visitina, portato per l’occasione. E’ poi seguita la confessione individuale che, oltre al Papa, ha visto impegnati più di 200 sacerdoti delle basiliche pontificie e della diocesi.
Il rito era anche vista come una tappa nel cammino verso la prossima Giornata della gioventù, in qualche modo simboleggiata anche dal canto finale “Jesus Christ you are my life”, “inno” della Giornata.
E’ stata una lunga liturgia, dedicata alla “sperimentazione della misericordia di Dio”, secondo la definizione che Benedetto XVI ha dato della confessione, al quale da Erbil si sono uniti, nella preghiera, alcuni giovani iracheni.
Ai giovani, il Papa ha proposto una riflessione sul tema della Giornata: “Come io vi ho amato così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Quello odierno – ha detto – è un appuntamento che assume un profondo ed alto significato: è infatti un incontro intorno alla croce, una celebrazione della misericordia di Dio che nel sacramento della confessione ognuno di voi potrà sperimentare personalmente”.
Benedetto XVI ha proseguito affermando che nel cuore di ogni uomo “mendicante di amore, c’e sete di amore” ed ha ricordato che già Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica, la Redemptor Hominis scriveva che “l’uomo non può vivere senza amore. La sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta, lo incontra e lo fa proprio, non vi partecipa”. “Tanto più ciò vale per il cristiano, anzi, se non incontra l’amore vero non può dirsi nemmeno cristiano”.
Nella “Deus Caritas est”, poi, lo stesso Benedetto XVI ha ricordato di aver scritto che il cristianesimo all’inizio è “un incontro con una persona che dà la vita” è l’incontro con l’amore di Dio per noi, che “iniziato con la creazione, s’è fatto visibile nel mistero della croce”, che “rivela la pienezza dell’amore di Dio per noi”.
Ma di fronte all’amore ablativo di Dio, che “attende il si delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa”, fin dalla sua origine l’umanità sedotta dal maligno si è chiusa all’amore di Dio nell’illusione della sua autosufficienza.
Ma “questa sera accostandovi al sacramento della confessione – ha detto il Papa ai giovani - potrete fare l’esperienza del dono gratuito che Dio ci fa della sua vita”, affinché “diveniamo creature nuove”. E dopo “siate preparati ad usare l’amore con le vostre famiglie, i vostri amici ed anche con chi vi ha offeso”; “siate preparati ad offrire testimonianza di autentico amore cristiano negli ambienti di studio, di lavoro, nelle comunità parrocchiali, gruppi, movimenti, associazioni, in ogni ambito della società”.
Ai giovani fidanzati, infine, ha chiesto di vivere il finanziamento “nell’amore vero che chiama il reciproco rispetto casto e responsabile” e se infine “qualcuno di voi si sente chiamato ad una speciale consacrazione siate pronti a rispondere con un sì generoso e senza compromessi”.
“Il mondo – ha concluso - aspetta questo vostro contributo per l’edificazione della civiltà dell’amore”: “l’orizzonte è il mondo intero”. Con la grazia di Dio riuscirete ad essere all’altezza dell’arduo compito. Non perdete fiducia, il Signore vi è vicino”.
Il rito comprendeva una liturgia della Parola ed una richiesta comune di perdono, simboleggiata da sette giovani che hanno chiesto perdono, ognuno per un vizio capitale, e poi, come segno della domanda di misericordia, altri sette hanno acceso una lampada vicino alla croce, che per l’occasione era il crocefisso della Cappella Visitina, portato per l’occasione. E’ poi seguita la confessione individuale che, oltre al Papa, ha visto impegnati più di 200 sacerdoti delle basiliche pontificie e della diocesi.
Il rito era anche vista come una tappa nel cammino verso la prossima Giornata della gioventù, in qualche modo simboleggiata anche dal canto finale “Jesus Christ you are my life”, “inno” della Giornata.