"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

4 aprile 2007

Mosul: bombe e proiettili vicino alle chiese, ma i fedeli non rinunciano alla Settimana Santa

Fonte: Asia News
Attentati e minacce alla parrocchia caldea del Santo Spirito, più volte nel mirino. I fedeli: “Offriamo la nostra sofferenza come segno di amore a Gesù”. I riti della Settimana Santa in un seminterrato per sfuggire alle esplosioni. Gli auguri al papa, "che tiene il popolo iracheno nel suo cuore”.

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Inizia con spari e ed esplosioni la Settimana Santa nella parrocchia del Santo Spirito di Mosul. Qui, dove le funzioni religiose si celebrano per sicurezza in un sotterraneo e le finestre non hanno più vetri, infranti dalle numerose bombe e mai più sostituiti, i fedeli non smettono di pregare e sperare; pur consapevoli che ogni messa a cui partecipano potrebbe essere l’ultima. AsiaNews ha raccolto la testimonianza di alcuni parrocchiani: i pericoli e l’insicurezza crescente non fermano il loro recarsi in chiesa e prepararsi per la Pasqua.

Lo scorso 1 aprile, Domenica delle Palme, tre autobomba sono esplose durante la celebrazione eucaristica del pomeriggio. La deflagrazione è avvenuta ad 1,5 km dalla chiesa, ma si è sentita in un raggio di 35 km. “L’edificio e le persone non hanno riportato danni o ferite – riferiscono i fedeli – tutti ci siamo molto spaventati, ma nessuno è scappato e il parroco (p. Ragheed Ganni) ha deciso di continuare la messa in un seminterrato”. Intanto sono arrivate altre 250 persone, ma poco prima delle letture la stazione della polizia irachena, limitrofa alla parrocchia, ha subito un attacco. “Piovevano proiettili da ogni parte – raccontano i presenti – ma siamo rimasti calmi, p. Ragheed ci ha consolati e invitato ad avere fiducia in Dio ad accettare queste difficoltà come una prova della nostra fede”. “A quel punto - riferisce lo stesso parroco - ci siamo sentiti simili a Gesù quando entra a Gerusalemme, sapendo che la conseguenza del Suo amore per gli uomini sarà la Croce. Così noi abbiamo offerto la nostra sofferenza come segno d’amore a Gesù”.

La stazione di polizia così vicina alla chiesa è fattore di alto rischio per la comunità caldea e la popolazione locale. Essa è frequente obiettivo di minacce e attacchi. “Già 2 settimane fa la stessa centrale della Guardia di nazionale irachena aveva ricevuto minacce, ma gli agenti non hanno fatto nulla per prevenire gli attacchi - si dice in città - sembra quasi che usino la chiesa e i civili come scudo”. La zona intorno alla parrocchia è deserta, colpita di recente da altri attentati. Il 15 marzo durante un altro attacco alla polizia, 2 bombe sono cadute sulla chiesa, e lo stesso è successo il 30 marzo.

“Attendiamo ogni giorno l’attacco decisivo alla centrale della Guardia nazionale – racconta p. Rgaheed – ma non smetteremo di celebrare messa; lo faremo sotto terra, dove siamo più al sicuro. In questa decisione sono stato incoraggiato dalla forza dei miei parrocchiani”. “Si tratta di guerra, guerra vera – continua un altro cristiano – ma speriamo di portare questa Croce fino alla fine con l’aiuto della Grazia divina”.

Infine a nome di tutta la sua parrocchia, p. Ragheed manda gli auguri di una “buona Pasqua a tutto il mondo, in particolare al Papa, che tiene il popolo iracheno sempre nel suo cuore”.