"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 luglio 2021

Decolla il progetto di erigere una chiesa a Ur dei Caldei

By Fides

Una chiesa da far sorgere a Ur dei Caldei, nel governatorato iracheno di Dhi Qar, dotata anche di una sala per incontri utile ad accogliere in particolare i pellegrini cristiani che dall’Iraq e da tutto il mondo vorranno raggiungere il luogo da dove è iniziato il viaggio del Profeta Abramo verso la Terra Promessa.
E’ questo il progetto – e anche il sogno – appena presentato al Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, dall’ingegnere caldeo Adour Ftouhi Boutros Katelma. L’ingegnere iracheno – riferiscono gli organi di informazione del Patriarcato caldeo – ha presentato il progetto come una sua donazione, offrendo di mettere a disposizione anche i fondi necessari per la sua realizzazione.
Il Patriarca e Cardinale Sako, dal canto suo, ha incoraggiato e benedetto l’iniziativa, suggerendo di dedicare la chiesa a Ibrahim al Khalil, Abramo padre di tutti i credenti, e di intitolare la sala di incontri per i pellegrini a Papa Francesco, che lo scorso 6 marzo ha visitato anche Ur dei Caldei durante il viaggio apostolico da lui compiuto in quel Paese.
Durante l’incontro tra l’ingegner Boutros Katelma e il Patriarca Sako è emerso che anche il Primo Ministro iracheno Mustafa al Kadhimi ha manifestato di approvare il progetto. “In questa piazza, davanti alla dimora di Abramo nostro padre, sembra di tornare a casa”. Così, dopo essere stato ricevuto a Najaf dal Grande Ayatollah Ali al Sistani, Papa Francesco aveva iniziato il discorso pronunciato il 6 marzo 2021 nella piana di Ur dei Caldei, in uno dei momenti chiave della sua visita apostolica in Iraq. Un evento condiviso da rappresentanti delle comunità di fede presenti nel Paese, offerto come “segno di benedizione e di speranza per l’Iraq, per il Medio Oriente e per il mondo intero”, nella fiducia che “il Cielo non si è stancato della Terra: Dio ama ogni popolo, ogni sua figlia e ogni suo figlio”.
Nel suo intervento, preceduto da letture tratte dal libro della Genesi e dal Corano e da quattro testimonianze, il Papa aveva riproposto il viaggio di Abramo dal Ur alla Terra Promessa come figura del cammino che tutti i credenti e l’intera famiglia umana sono chiamati a compiere per attraversare le tenebre del tempo presente e accogliere il “sogno di Dio”, che ha creato tutti gli essere umani per la felicità. “Dio” aveva detto il tra l’altro il Vescovo di Roma “chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra”.
Sabato 8 maggio una dozzina di esponenti di diverse Chiese cristiane provenienti da tutto il mondo hanno visitato Ur dei Caldei e pregato insieme presso la dimora di Abramo, in un singolare atto ecclesiale e ecumenico che esprimeva anche l’auspicio di veder presto ripartire e crescere in quell’area il flusso dei pellegrinaggi cristiani.

8 luglio 2021

Iraq: card. Sako (patriarca), “salvezza da estremismo e terrorismo scaturisce dal dialogo tra le fedi”


“La salvezza dall’estremismo e dal terrorismo scaturisce dal dialogo delle religioni e dal processo di formazione umana, sociale, culturale e spirituale delle persone per educarle ai valori della fratellanza”: è quanto ribadisce il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael Sako, in una nota dedicata al tema del dialogo diffusa oggi attraverso i canali del Patriarcato. 
Citando l’esempio di Papa Francesco che ha incontrato i due leader musulmani, il sunnita Ahmed Al-Tayyib e lo sciita Sayyid Al-Sistani, Mar Sako ha rimarcato che tutto “il clero dovrebbe godere di questa voce profetica per educare i credenti a praticare la tolleranza, l’amore, la bontà e la pace” perché “è terribile giustificare atti barbarici in nome della religione”. 
Lo stesso vale per il dialogo tra cristiani: “Siamo caldei, siriaci, assiri e armeni, nazionalità esistenti che non possono essere cancellate con una decisione individuale. Che ognuno si assuma le proprie responsabilità nell’eliminare le barriere psicologiche e di fazione tra tutte le nazionalità, guardandosi l’un l’altro come persone libere e responsabili nonostante le differenze, e raggiungendo attraverso un dialogo sereno accordo, solidarietà e cooperazione al servizio del nostro popolo e del nostro Paese. Credo nel dialogo e ogni Chiesa locale, indipendentemente dal numero dei suoi fedeli, deve essere una chiesa universale e aperta. La Chiesa non può trasformarsi in un gruppo settario chiuso”.

7 luglio 2021

Quattro mesi fa il Papa in Iraq. L’Opera d’Oriente e il sostegno ai Paesi in crisi

Antonella Palermo

L’Opera d’Oriente, a servizio dei cristiani d’Oriente dal 1856, lavora nei Paesi in cui sono presenti le Chiese orientali storiche, per lo più si tratta di Paesi in crisi dove i cristiani sono una minoranza: Iraq, Siria, Israele, Palestina, Libano, Ucraina, Cipro, Armenia, Etiopia e Eritrea, India. Sono aree in cui frequenti sono i fenomeni di discriminazione: costituzionale, legislativa, giudiziaria, amministrativa, professionale.
Monsignor Pascal Gollnisch, direttore generale dell'Opera, spiega che sono aree del mondo dove i cristiani sono spesso costretti ad emigrare.
Parla del fondo istituito dal Presidente della Repubblica francese presso il Ministero degli Esteri che sostiene le scuole frequentate dai cristiani di Oriente. Cristiani che – precisa – non vanno considerati come comunità passive, chiuse in se stesse. Portano avanti l’istruzione, il dialogo interreligioso, l’impegno nelle strutture sanitarie.
E cercano anche di essere un ponte tra le Chiese del nord del Mediterraneo e quelle del Sud del Mediterraneo, mare che è il “nostro villaggio”.
Il viaggio del Papa in Iraq è stato luminoso
“Luminoso” viene definito da monsignor Gollnisch il viaggio di Francesco in Iraq. “Vedere il Papa in luoghi dove le croci sono state distrutte è stato commovente”. Spiega che “non basta naturalmente un viaggio di tre giorni per risolvere i problemi, il Papa ha certamente trasmesso un messaggio a tutti gli iracheni e non solo ai cristiani”. E sottolinea quanto quella del Pontefice sia stata una voce di portata internazionale: “ha espresso la consapevolezza di quanto sia stata grande la sofferenza del popolo iracheno, ha detto che hanno diritto ad essere rispettati, che devono andare nella direzione dell’unità del popolo”.
Ricorda che il Papa ha incitato alla speranza senza dimenticare le ferite, guardando al futuro. “Un messaggio chiaro, recepito dai musulmani”, ha scandito Gollnisch che racconta di essere tornato in Iraq tre settimane dopo il viaggio apostolico e che i musulmani gli dicevano che lo sguardo dei cristiani verso di loro era cambiato. In particolare grazie all’incontro con Al Sistani.
E aggiunge che a Erbil ha sentito il dolore dei profughi iracheni ma mai ha sentito parole di vendetta.
Precisa ancora: “Il Papa non sostiene i cristiani trincerandosi in una torre. Dice loro: continuate a immergervi nelle attività del Paese. Essi non dispongono di una forza militare, né politica, né economica, ma svolgono un servizio a favore di tutta la popolazione in nome del Vangelo”.
I progetti per i Paesi del Medio Oriente
E’ il direttore operativo Vincent Cayol a mettere in evidenza l’impegno di tanti laici di buona volontà nell’aiuto delle popolazioni mediorientali, anche per iniziative in sé minime ma molto importanti per il sostegno di queste aree. Cita quanto si sta facendo ad Aleppo, in Siria, dove in particolare si cerca di esortare i giovani e non emigrare. Si accompagnano nell’accesso al lavoro.
“Sorprende che l’80% siano ragazze. E’ una grande sfida oggi”.
Si collabora con piccole organizzazioni che cercano di riavviare attività economiche di famiglie andate in crisi, per esempio aziende agricole. L’idea è di diffondere questi aiuti anche a Beirut, in Libano.
In Iraq si stanno rilanciando delle attività nella pianura di Ninive e a Erbil. Qui c’è in campo un progetto che consiste nella trasformazione di un centro commerciale in alloggi per rifugiati. “Nel Kurdistan accogliamo anziani e bambini autistici. Il problema degli anziani è in effetti un problema nuovo che si pone in queste società. Inoltre c’è un micro progetto che coinvolge quattro falegnami i quali restaurano il mobilio delle chiese distrutte da Daesh”.
E ricorda che un grande motivo di orgoglio, proprio nel recente viaggio del Papa in Iraq, è stato che la poltrona dove si è seduto Francesco durante la celebrazione a Qaraqosh è stata realizzata da loro.
Gollnisch precisa che dall’anno scorso sono stati quintuplicati gli aiuti all’Armenia, a causa del conflitto in Nagorno Karaback.
Le speranze per il Libano
Un investimento consistente di risorse l’Opera d’Oriente lo destina alle scuole cattoliche: circa 400mila alunni ricevono fondi, dall’Egitto alla Turchia. Nella Striscia di Gaza ci sono tre scuole cattoliche francofone.
L’impegno a favore del Libano è molto forte. Monsignor Gollnisch esprime l’auspicio che il Papa si possa recare in Libano appena possibile, viste le condizioni di un Paese piombato in una crisi di proporzioni vastissime.

Iraq: card. Sako (patriarca), “diversità delle persone chiave del progresso”

By AgenSIR
6 luglio 2021

“Il momento storico attuale chiede incontro e dialogo, apertura e rispetto, si fonda sui punti in comune, che sono tanti, e accetta le differenze. Così facendo si rafforza la fratellanza, la solidarietà e la cooperazione per un futuro migliore per il nostro Paese e per i cristiani”.
A ribadirlo è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, in un messaggio diffuso oggi attraverso i canali del patriarcato in cui tratta il tema del fanatismo e del bigottismo.
Nel testo il porporato ricorda che “l’intolleranza è legata alla discriminazione razziale, religiosa, settaria, nazionale, di classe e sessuale. Si tratta di un fenomeno che persiste ancora in alcune persone e gruppi, e costituisce un ostacolo alla convivenza. La diversità delle persone – sostiene invece Mar Sako – è una realtà ricca e tangibile, una chiave per il progresso e la prosperità. Il fanatico è una persona le cui opinioni non dipendono dalla ragione e dall’analisi, ma dal fatto che vede la realtà in maniera univoca, non ne riconosce i colori e le differenze, anzi tende a cancellarle”. “Il fanatico – rimarca il patriarca – considera se stesso sempre nel giusto e gli altri nel torto, anche quando ci sono prove della verità. Non negozia, non partecipa, ma impone arbitrariamente la sua opinione agli altri. Il fanatico non accetta il pluralismo e la diversità, e considera l’altro diverso da lui come un avversario da eliminare. Ciò costituisce una discriminazione razziale con gravi ripercussioni, vietata dal diritto internazionale”.
Da qui l’importanza del dialogo che si basa, scrive Mar Sako, su due azioni: “ascoltare e parlare”. “Perché il dialogo diventi fruttuoso – ribadisce il cardinale – ciascuno degli interlocutori deve avere il diritto di ascoltare e parlare, per raggiungere una visione comune che consolidi relazioni sincere quotidiane”. 
Un discorso che Mar Sako, nel suo messaggio, cerca di calare nella realtà politica dei cristiani iracheni, caldei, siriaci e assiri, per tentare, finora senza particolari esiti, di raggiungere un’intesa e di unificarne le posizioni e le rivendicazioni.

6 luglio 2021

Card. Sako: il papa e al-Sistani terreno di riconciliazione per un Iraq diviso


L’ultima criticità in ordine di tempo è “energetica, con black-out ripetuti e prolungati dell’elettricità che da giorni hanno colpito Baghdad e altre città del Paese. Vi sono gruppi di guerriglieri che attaccano le centrali, ma non si sa ancora da dove arrivano e da chi sono orchestrati”.
È un Iraq di luci e ombre quello raccontato ad AsiaNews dal patriarca caldeo, il card. Louis Raphael Sako, dove prosegue il dialogo interreligioso rafforzato dal viaggio apostolico di papa Francesco a marzo e dalla visita il 2 luglio scorso in Vaticano del primo ministro Mustafa Al-Kadhimi. Passi in avanti che non bastano a placare le tensioni, in attesa di capire quali saranno le ripercussioni della vittoria dell’ultra-conservatore Ebrahim Raisi alle presidenziali in Iran.
“La mancanza di elettricità è un problema grave - spiega il porporato - perché la temperatura è molto alta, fra i 43 e i 45 gradi con punte di 50 in alcune città e tutto è fermo. Senza corrente non arriva nemmeno l’acqua potabile, non funzionano i frigoriferi o un banale ventilatore”.
Il crollo nelle forniture è legato ad attacchi di miliziani alle centrali, che finiscono per “alimentare ansia, insicurezza e instabilità per il futuro. Le stesse elezioni politiche in programma a ottobre restano un punto interrogativo. Fino a che non si avrà una visione, un orizzonte comune, e non verranno appianate le tensioni fra Washington e Teheran, anche il futuro dell’Iraq sarà a rischio”.
La visita del papa ha alleviato in parte le sofferenze di una popolazione alle prese con numerosi problemi, emersi anche la scorsa settimana durante l’incontro con il premier iracheno in Vaticano.
“Sono occasioni - commenta il card. Sako - per la pace e la riconciliazione. Il capo del governo mostra buona volontà, vuole uno Stato forte, in cui vigono legge e diritto, ma serve di più. Gli scontri fra milizie creano forte tensione, i partiti politici agiscono ciascuno per il proprio interesse e non mostrano una strategia che sia di servizio al Paese. La sola cosa che hanno in mente è il potere e il denaro e, in questa situazione, la corruzione resta alta”.
Per il primate caldeo bisogna insistere sui temi del dialogo, del confronto fra le diverse fazioni che compongono la nazione e “non tutte vogliono il bene dell’Iraq”, mentre i cittadini “hanno perso la fiducia verso una classe dirigente sempre meno credibile”.
Il faccia a faccia fra il papa e il grande ayatollah al-Sistani si è rivelato “importante, ma ci vuole tempo. A questo servono gli incontri di questi mesi con personalità sciite e sunnite, con leader religiosi venuti in visita al patriarcato per continuare il percorso”.
Un primo elemento “può essere il turismo religioso, con l’organizzazione - spiega - di pellegrinaggi a Ur dei Caldei, patria di Abramo nostro padre comune, e centro di meditazione, di dialogo e di vita” che unisce cristiani, musulmani ed ebrei.
Anche per i cristiani, dall’invasione statunitense del 2003 a oggi “non si vede alcuna iniziativa concreta per aiutarli a mantenere la presenza. Ho chiesto alle autorità quali progetti vi siano per i luoghi di culto, le scuole e le abitazioni a Mosul e nella piana di Ninive” distrutte dalla guerra e dalle violenze confessionali, senza risposta. “Solo la Chiesa ha avviato restauri e ricostruzioni - spiega - con l’aiuto delle conferenze episcopali, delle agenzie internazionali di carità e delle nostre diocesi della diaspora. Per il ritorno dei cristiani servono idee, prospettive e, prima ancora, dignità”.
E perché questo possa avvenire è necessario che si risolvano le tensioni internazionali e si allenti la morsa del vicino Iran e delle milizie filo-sciite che operano sul territorio, sempre più attive anche nel nord, in quella piana di Ninive un tempo roccaforte cristiana. “Le violenze - conferma il primate caldeo - fanno male a entrambi i Paesi. Spero in un cambiamento positivo, soprattutto in un maggiore rispetto della sovranità tanto irakena, quanto iraniana. Che sia rafforzata la collaborazione a partire dal commercio e dal turismo religioso, ma sono molti gli ambiti da migliorare”.
Di certo vi è la maggiore visibilità garantita dalla visita del papa, perché ancora oggi “vi sono programmi alla televisione che ne parlano e si vedono poster per le strade con il pontefice e al-Sistani, o frasi del papa che inneggiano alla fratellanza”. “Questo aiuta i cristiani a essere più coraggiosi - conferma il primate caldeo - e a godere di maggiore rispetto. A livello di popolazione, la sua venuta ha cambiato la mentalità, essi non sono più visti come infedeli dai più, ma come fratelli. Il papa ha preparato il terreno, ora bisogna seminare e fare ulteriori passi per rafforzare la fratellanza”.
Un ultimo pensiero, il card. Sako lo rivolge proprio al pontefice argentino convalescente dopo l’intervento chirurgico: “Nelle messe - conclude - abbiamo pregato per la sua salute, perché il mondo ha bisogno del suo spirito profetico, della sua apertura, semplicità. La sua voce arriva sempre dove c’è un bisogno, dal Libano alla Palestina, dalla Siria al Myanmar”.

5 luglio 2021

Giornata per la pace in Medio Oriente, la ricchezza portata dai cristiani


Domenica 27 giugno nella basilica dell’Annunciazione a Nazaret si è tenuta la prima ‘Giornata per la pace in Medio Oriente’ con la consacrazione alla Sacra Famiglia. L’iniziativa è stata lanciata dal consiglio “Giustizia e Pace” dei Patriarchi Cattolici del Medio Oriente.
La Messa presieduta da mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, è stata liturgia interrituale – con alcune parti della liturgia Latina, Siro-cattolica, Melchita e Maronita – proprio per mostrare la “pluriforme bellezza e le espressioni della Chiesa di Terra Santa”, come ha spiegato lo stesso Patriarca.
La ricchezza nella diversità
La grande ricchezza dei cristiani che abitano nelle terre dove predicarono i profeti e Gesù non è solo mera testimonianza delle nostre radici, ma carne viva della società mediorientale, che tutt’oggi agisce attivamente, sia come soggetto pacificatore tra le componenti del mondo musulmano sia come ponte con il mondo Occidentale. Anche per questo Papa e l’azione diplomatica dalla Santa Sede continuano a seguire da vicino e a sostenere i processi di stabilizzazione e pacificazione dei Paesi della regione.
Di tutto questo abbiamo parlato con don Rebwar Basa, sacerdote iracheno di 42 anni nato a Shaqlawa, a pochi chilometri da Erbil, nel Nord dell’Iraq, e dalla fine del 2018 parroco ad Essen e in altre quattro missioni tedesche.
A lui è affidata la cura pastorale di 1300 famiglie di cristiani caldei iracheni del Land Nord Reno-Westfalia.
Il Papa, dopo il viaggio in Iraq, la scorsa settimana ha incontrato il presidente iracheno in Vaticano. Per voi iracheni è importante che il santo padre mantenga alta l’attenzione sul vostro Paese?
 “Il Santo Padre Francesco sin dall’inizio del suo pontificato mantiene sempre alta l’attenzione sui poveri, marginati, oppressi e perseguitati. E questo è sacrosanto perché è seguire gli insegnamenti del Santo Vangelo. Ecco perché Papa Francesco sta sempre accanto i poveri, marginati, oppressi, perseguitati e vittime delle guerre in mondo in generale e in Medio Oriente in particolare, dove continuano ancora gravi conflitti e miserie come ad esempio in Iraq e Siria! E la visita storica e straordinaria del Sommo Pontefice in Iraq è un grande gesto in questa direzione”.
Perché non è possibile immaginare un Medio Oriente senza cristiani?
“Perché anzitutto è disumano sradicare un popolo dalla sua terra di origine. Quanto più quando si tratta nono solo di un popolo ma di più popoli e culture. In più, un Medio Oriente senza i suoi cristiani significa una perdita di un pezzo prezioso della storia dell’umanità! I cristiani del Medio Oriente sono la memoria viva con le loro diverse tradizioni, culture e lingue. Come ad esempio, la maggior parte dei cristiani iracheni ancora parlano la lingua aramaica, la lingua di Gesù. E vivono nelle terre dei patriarchi e i profeti come ad esempio Ur dei Caldei, terra del Patriarca Abramo, padre del monoteismo, e Ninive la città dove ha predicato il profeta Giona. Quanto più la Terra Santa, la terra del Nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto, un Medio Oriente senza i cristiani è una sconfitta per l’umanità intera, una perdita irreparabile di un ricchissimo patrimonio umano, e un peccato imperdonabile!”. Lei da due anni e mezzo fa il parroco in Germania.
Come sono accolti e integrati i cristiani del Medio Oriente in Europa?
“Vedo che i cristiani del Medio Oriente sono molto ben integrati nelle diverse società e culture europee. E ovviamente ci sono motivi concreti per questo: il primo, perché condivido lo stesso spirito, la stessa fede e la stessa cultura cristiana; il secondo: già dalle loro terre di origine sono abituati a vive ed accettare le diverse culture e religioni; il terzo: perché hanno sognato sempre di vivere in pace e contribuire per il bene comune. Però, devo confessare che tanti di loro sentono che il loro cuore l’hanno dimenticato in Medio Oriente. Perché sappiamo benissimo che la decisione di lasciare i loro paesi di origine non era la loro scelta ma una conseguenza dell’oppressione e della persecuzione!”.
Cosa si sta facendo per far restare i giovani cristiani in Medio Oriente? Cosa bisogna fare per dare loro nuova speranza?
“Ai giovani in Medio Oriente mancano i diritti di base. Manca la pace, la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, e il lavoro! In Iraq, ad esempio, i giovani stanno lottando per questi diritti e versano il loro sangue per librare il Paese dalla corruzione e dalle milizie che paralizzato l’intera nazione! E per dare loro una nuova speranza bisogna sostenerli nella loro lotta per un futuro migliore”.
Aiuto alla chiesa che soffre e altre realtà internazionali stanno ricostruendo i villaggi cristiani della piana di Ninive. A che punto è la ricostruzione?
“Senza il sostengo del Santo Padre Francesco e dei fedeli della Chiesa cattolica in generale, e le conferenze episcopali e le associazioni cattoliche in particolare come la Conferenza Episcopale Italiana, l’Aiuto alla Chiesa che soffre, e la Caritas, ecc. sarebbero restati solo villaggi cristiani distrutti e i cristiani sarebbero rimasti nei campi profughi o avrebbero tutti lasciato proprio il Paese! La ricostruzione continua, ma secondo me, è più importante ed urgente la creazione di una mentalità più pacifica e più accogliente, basata sui diritti umani! Senza quella tutto ciò che è stato ricostruito, con tanti sacrifici e donazioni, potrebbe crollare in un secondo come è accaduto con l’ultima invasione americana nel 2003, e ancora di nuovo con l’ultima invasione dell’ISIS nel 2014!”.
I cristiani posso contribuire alla pacificazione del Medio Oriente? La loro capacità di dialogo può unire sciiti e sunniti?
“I cristiani hanno contribuito sempre e continuano a contribuire alla pacificazione del Medio Oriente. E non rinunciano mai a questo principio, essendo un pilastro principale della loro fede. Secondo me, La visita del Santo Padre Francesco in Iraq è anche un apprezzamento di questo ruolo che al quale i cristiani del Medio Oriente sono rimasti fedeli. Quindi, accanto al Sommo Pontefice, i cristiani in Medio Oriente continuano a costruire i ponti di fratellanza”.
Cosa chiedete alla comunità internazionale?
“Alla comunità internazionale chiedo a nome delle vittime delle guerre di intervenire onestamente per il bene dei popoli del Medio Oriente, oppure di lasciarli in pace, invece di vendere le armi e fare lo sporco commercio con dei governi corrotti, per avere una goccia di più di petrolio a costo di un fiume di sangue innocente!”.

Parroco a Mosul: una messa oltre le violenze dell’Isis, per costruire il futuro

3 Luglio 2021

“Il passato e le violenze dell’Isis sono alle spalle, noi dobbiamo guardare al futuro” e “ricostruire i luoghi di culto” è un “passo importante”, come è stato fatto per la chiesa di mar Thomas. É una testimonianza carica di emozione, e di fede, quello di p. Pius Afas, 82enne sacerdote di Mosul, che celebra oggi 3 luglio una messa solenne in concomitanza con la festa patronale per segnare la riapertura ufficiale della chiesa in cui è stato battezzato, ordinato prete e poi parrocco per molti anni. 
“I miliziani - racconta ad AsiaNews - avevano segnato le chiese per farle saltare in aria, ma per fortuna in questo caso la dinamite non è scoppiata. Vogliamo celebrare, per ringraziare Dio di averla salvaguardata”.
La chiesa siro-cattolica di mar Thomas sorge nella parte destra di Mosul, metropoli del nord dell’Iraq un tempo roccaforte dello Stato islamico (SI, ex Isis). Il luogo di culto, risparmiato dalla furia iconoclasta e devastatrice degli uomini del “califfato”, è stato oggetto di importanti lavori di restauro per restituirla al culto, uno dei primi edifici cristiani a tornare agibili nel settore occidentale della città, sulla sponda destra del Tigri. E per la funzione di oggi sono attesi oltre un centinaio di fedeli, oltre a diverse personalità ecclesiastiche locali, provenienti da Dohuk, Ankawa (quartiere cristiano di Erbil), Qaraqosh e altre cittadine della piana di Ninive.
“La prima messa” ricorda p. Afas, anch’egli in passato rapito (poi liberato) da estremisti islamici, “che ho celebrato nella chiesa di mar Thomas dopo la liberazione risale al 3 luglio 2018, proprio in occasione della festa di san Tommaso. Una celebrazione raccolta, in un edificio che portava ancora i segni“ del passaggio delle milizie jihadiste. “La stessa celebrazione - prosegue - l’abbiamo ripetuta un anno più tardi, poi in occasione della elevazione della croce sulla cupola. Tuttavia la messa di oggi segna la riapertura ufficiale, alla presenza dell’arcivescovo e abbellita con icone e statue”.
Lo storico luogo di culto risale alla metà del 1800 ed è stato oggetto di depredazione dei miliziani, che avevano costretto alla fuga i cristiani (come gli yazidi, altri musulmani, sabei) verso un riparo sicuro nel Kurdistan irakeno. Dopo il saccheggio, avvenuto durante l’estate del 2014, la chiesa di san Tommaso ha versato in stato di abbandono, rischiando la rovina, fino a che un gruppo di cristiani, con l’aiuto di giovani volontari musulmani, ha avviato i lavori di restauro.
La messa ufficiale (altre ne sono state celebrate in questi ultimi anni, dalla caduta dell’Isis) di riapertura della chiesa giunge a poco più di sette anni dall’anniversario dell’ascesa dei jihadisti dello Stato islamico nel giugno del 2014. Un dominio durato fino all’estate del 2017 e perpetrato con la violenza e il terrore, oltre alla devastazione di luoghi simbolo come la moschea di al-Nouri e la chiesa di al-Saa (Nostra Signora dell’Ora). I due luoghi di culto, musulmano e cristiano, sono simbolo di rinascita grazie al progetto finanziato da Unesco ed Emirati Arabi Uniti col programma “Ravvivare lo spirito di Mosul ricostruendo i suoi monumenti storici”.
“L’atmosfera è bella - racconta il sacerdote - e i giovani musulmani, che hanno contribuito al restauro della chiesa, sono accoglienti ed entusiasti quanto noi. Chiedono quando ricomincerà a suonare la campana” ricollocata grazie ai contributi stanziati dall’ong francese “Fraternité en Irak” e “quando potrà riaprire il museo”. “Io stesso - ricorda - sono originario di Mosul, parrocchiano di questa chiesa dove sono stato ordinato, dove ho celebrato la prima messa. Tutta la mia vita è legata a mar Thomas” e vederla tornare ai fasti di un tempo “è per me una grande emozione”.
In città “vi sono solo una trentina di famiglie cristiane, nessuna nella sponda destra del fiume Tigri, e il lavoro di rinascita e ricostruzione del tessuto sociale, economico e culturale è ancora lungo. I giovani cristiani hanno ancora paura a tornare, non si sentono ancora sicuri”. “Bisogna ricostruire una comunità - conclude il sacerdote - e per far questo ci vuole ancora del tempo e pazienza. Nel frattempo continuiamo con le celebrazioni, per mantenere vivi i luoghi di culto che testimoniano la presenza cristiana in questa regione e che io stesso ho raccontato in un volume illustrato. Il libro ripercorre la storia della comunità locale dal 1863 e viene presentato oggi al pubblico al termine della messa. Perché per costruire il futuro è fondamentale guardare al passato, soprattutto in una realtà come la nostra ricca di storia”.

2 luglio 2021

L’Ultima cena riprodotta da donna vittima di Isis in dono al Papa


La riproduzione dell’Ultima cena di Leonardo da Vinci dipinta su cuoio da una ragazza irachena mentre era prigioniera dell’Isis è stata donata a papa Francesco dal primo ministro del paese mediorientale, Mustafa Al-Kadhimi, ricevuto oggi in udienza in Vaticano. 
L’opera d’arte, si legge sul biglietto che l’accompagna, è stata disegnata e colorata dalla giovane “mentre era tenuta prigioniera in un luogo segreto”. 
La foto del dipinto è stata diffusa ai giornalisti accreditati in Vaticano. 
Il dipinto, presentato ad Al-Kadhimi a Ninive, è stato portato in dono da quest’ultimo al pontefice. Il premier iracheno ha regalato a Francesco anche una croce in legno proveniente dalla chiesa di Mar Addai a Karemlash. 
Il papa da parte sua ha regalato ad Al-Kadhimi un’opera in bronzo ispirata alla pace, con la scritta “Siate messaggeri di pace”, e inoltre il messaggio per la pace firmato quest’anno da Francesco, il documento sulla Fratellanza Umana e le encicliche Laudato sì e Fratelli tutti, in arabo e inglese. 
Durante i “cordiali colloqui” che il primo ministro iracheno ha avuto col papa e, successivamente, con i suoi collaboratori più stretti, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “è stata evocata la storica visita di Papa Francesco in Iraq e i momenti di unità vissuti dagli iracheni, e ci si è soffermati sull’importanza della promozione della cultura del dialogo nazionale per favorire la stabilità e il processo di ricostruzione del Paese”, si legge in una nota diramata a fine udienza dalla sala stampa vaticana. 
“Nel prosieguo della conversazione è stata rilevata l’importanza di tutelare la presenza storica dei cristiani nel Paese con adeguate misure legali e il significativo contributo che essi possono apportare al bene comune, evidenziando la necessità di garantire loro gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini. Infine”, conclude la nota vaticana, “ci si è soffermati sulla situazione regionale, costatando gli sforzi compiuti dal Paese, con il sostegno della comunità internazionale, per ristabilire un clima di fiducia e di convivenza pacifica”. 
Al-Kadhimi, ex capo dei Servizi segreti, accolse il pontefice in visita nel paese mediorientale a marzo. Ieri a Bruxelles, il premier iracheno ha incontrato i rappresentanti delle istituzioni europee e della Nato. 
L’Iraq terrà le elezioni per il rinnovo del Parlamento a ottobre prossimo.

1 luglio 2021

Il sinodo nelle Chiese orientali e la Sinodalità nella Chiesa universale


La Chiesa cattolica è alla vigilia di un percorso voluto da Papa Francesco, volto a riscoprire la sinodalità ed agevolare una maturazione individuale e comunitaria del Popolo di Dio.
La Chiesa per sua natura è sinodale. La Chiesa non è solo un complesso di organismi dicasteriali, ma è in primo luogo «il regno di Cristo già presente in mistero» (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 3), presenza del Risorto fra coloro che credono in Lui. Cristo è la base della Chiesa, è il suo capo, incessantemente la sostenta e per essa diffonde su tutti la verità e la grazia. La Sua presenza è garantita dallo Spirito Santo effuso il giorno di Pentecoste alla Chiesa nascente, che «la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, con i quali la dirige» (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 4). L’evangelista Giovanni ci rammenta che «lo Spirito […] guiderà alla verità tutta intera» (Gv. 16,13). La Chiesa sviluppa relazioni, partecipazione e comunione; essa educa ai valori spirituali, incarnandosi nelle diverse realtà umane e locali con responsabilità e fermezza, nonostante le difficoltà. La Chiesa non può restare immobile e cristallizzata; essa deve restare libera e muoversi come lo Spirito che soffia «dove vuole» (Gv. 3,8), rinnovandosi e camminando. È commovente vedere che i testi evangelici ci mostrano Cristo e gli Apostoli in camminano. Anche la Chiesa cammina e non si ferma. L’invito di Papa Francesco è un vero segno.

L’esperienza delle Chiese orientali
Il Sinodo delle Chiese orientali è una struttura canonica permanente attestata sin dai primi secoli. Il Codice dei canoni delle Chiese orientali distingue tra il sinodo permanente di una Chiesa patriarcale ed il Sinodo generale dei suoi Vescovi. La parola “sinodo” esprime la collegialità e l’unità della Chiesa.
Il Sinodo permanente è composto dal Patriarca e da quattro Vescovi nominati per un mandato di cinque anni (can. 115 § 1). Il Sinodo generale di tutti i Vescovi della Chiesa patriarcale è convocato una volta l’anno o quando se ne avverta il bisogno.
Le Chiese orientali svolgono i lavori del Sinodo in virtù della giurisdizione- autorità del Patriarca sulla propria Chiesa sui iuris, nella quale è Capo e Padre. Il sinodo è parimenti segno della condivisa responsabilità dei Vescovi col proprio Patriarca. Il Sinodo approfondisce e rafforza la centralità della Chiesa, salda i legami delle singole Eparchie fra loro e con la Sede patriarcale e la Sede di san pietro, rispettando la diversità nell’unità.
Il Sinodo è impegnato su diverse fronti, promulgando disposizioni ed assumendo decisioni per la retta amministrazione della Chiesa, individuando i candidati appropriati all’episcopato, salvaguardando il patrimonio liturgico del proprio rito, orientando i metodi pastorali ed educativi volti al bene dei fedeli ed in sintonia coi cambiamenti culturali e sociali. Si tratta di un impegno di “rinnovamento e riforma” posto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.
La Sinodalità è parimenti un tratto distintivo del cammino di tutta la Chiesa universale. Col successore di Pietro, la Chiesa agisce collegialmente, nonostante la grande varietà che compone la Chiesa cattolica, proprio al fine di costituire e formare la Comunità cristiana con sapienza e cura, con particolare attenzione alle future generazioni e permettere ad ogni fedele di vivere la propria fede hic et nunc, diffondendo ovunque amore e speranza.
Unità però non significa uniformità. Bisogna ammettere che il mondo e la società sono in continua evoluzione! Il rinnovamento è una esigenza da intraprendere per edificare i Cristiani ad essere testimoni di Cristo risorto. L’invito di Papa Francesco è un’occasione per preparare il cammino della Chiesa in modo analitico, partendo dall’unità più piccola (coinvolgendo ogni parrocchia, ogni diocesi, ogni conferenza episcopale) per giungere alla Chiesa universale.
Il sinodo del 2023 potrà essere l’occasione per riflettere concretamente una su orientamenti pastorali, programmi teologici e progetti amministrativi, partendo dalle concrete situazioni nella quale vive ed opera la Chiesa.
Il sinodo dei vescovi a Roma ogni tre anni è una forte espressione della sinodalità.
Le Chiese orientali possono godere della spiritualità promanante dalla sinodalità, nonché della metodologia applicata per la preparazione dei temi, ma al contempo la Chiesa occidentale può usufruire dell’esperienza delle antiche Chiese orientali
Come rendere più visibile la sinodalità
Per sostenere il desiderio del Santo Padre si ritiene auspicabile che ogni continente possa disporre di una sorta di sinodo permanente costituito da un numero ridotto di Vescovi provenienti da quell’area geografica. La Curia romana è un pregevole sostegno, ma la burocrazia risulta a volte defatigante e comporta tempi lunghi.
Si ritiene parimenti utile concedere maggiore autorità alle Conferenze episcopali affinché esse possano affrontare le sfide impegnative cui sono sottoposte quotidianamente, da affrontare ovviamente con un senso di responsabilità collegiale. Tutto ciò, potrà essere utile, solo agendo in sintonia col Santo Padre e ricordando costantemente il legame che ci unisce col Successore di Pietro.

Louis Raphael Card. Sako
Patriarca dei Caldei

30 giugno 2021

Iraq: card. Sako (patriarca), “essere fermi sul deposito della fede, nonostante le difficoltà e le sfide”


"Essere fermi sul deposito della fede, nonostante le difficoltà e le sfide”.
È questo l’insegnamento e l’esempio che arrivano dai santi Pietro e Paolo, dei quali ieri si è celebrata la festa.
Ad indicarli ai fedeli è stato il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, durante la messa nella chiesa del quartiere di Dora (Baghdad), dedicata ai due Apostoli. Un richiamo ancor più significativo alla luce del fatto che la chiesa in cui si celebrava è stata bombardata nel 2004, e nonostante ciò, ha detto Mar Sako rivolto ai fedeli, “pur conoscendo la minaccia e lo sfollamento, siete rimasti fedeli. Conosco, avendo servito in questa parrocchia, il vostro amore, la vostra generosità e l’attaccamento alla Chiesa”.
Da Mar Sako è giunto anche l’invito a guardare a Pietro e Paolo come maestri di unità: “Pietro e Paolo sono due personalità diverse, Pietro è un pescatore e Paolo è un colto fariseo. Paolo non era d’accordo con Pietro su alcune pratiche rituali, ma nel concilio di Gerusalemme l’unità e l’armonia erano forti”. 

29 giugno 2021

Giornata pace per l’Oriente: card. Sako (Iraq), “religioni devono seminare pace, sicurezza, amore, rispetto”

28 giugno 2021

“In questo Oriente turbolento, dove non sappiamo cosa accadrà domani, abbiamo bisogno di pace. Dobbiamo perciò compiere maggiori sforzi per raggiungere questo risultato”.
Lo ha detto ieri il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, celebrando nella capitale irachena la messa per la Giornata della pace per l’Oriente, e l’atto di consacrazione alla Sacra Famiglia.
Nell’omelia, Mar Sako ha ribadito che “le religioni devono seminare pace, sicurezza, amore, rispetto e gioia tra le persone. La pace è un bisogno fondamentale per una vita libera, stabile e dignitosa. Essa si ottiene quando ci riconciliamo gli uni con gli altri ed esercitiamo pazienza, solidarietà e cooperiamo per costruire una società stabile e prospera”.
Guardando alla situazione del Paese, il cardinale ha affermato che “la pace deve diventare un impegno urgente per il governo, da fondare su un sistema civile lontano dai conflitti etnici e religiosi, con un pensiero civile aperto che possa spegnere il fuoco dei conflitti e delle lotte, e diffondere la pace, fratellanza, libertà e dignità”.
Quello attuale, per Mar Sako, “è un momento delicato e pericoloso. Abbiamo sofferto abbastanza, e non siamo in grado di continuare questo incubo, quindi è urgente pensare a un nuovo modo per risolvere i problemi in sospeso, con responsabilità e saggezza, operando come gli altri popoli che costruiscono la loro unità con amore, buone relazioni fraterne, solidarietà e cooperazione. Questa è l’unica speranza, altrimenti Dio non voglia, andremo verso il peggio. Lavorare per un vero stato civile democratico, uno Stato di diritto, uno Stato di fatti e non di parole, uno Stato che adempie ai suoi compiti nel raggiungimento dell’uguaglianza tra tutti i suoi cittadini, garantendo loro diritti e vita migliore. Uno Stato degno della nostra civiltà e della nostra storia”.

23 giugno 2021

Papa Francesco: lettera ai patriarchi cattolici del Medio Oriente, “siate davvero il sale delle vostre terre”

By AgenSIR

“La consacrazione alla Sacra Famiglia convoca anche ciascuno di voi a riscoprire come singoli e come comunità la vostra vocazione di essere cristiani in Medio Oriente, non soltanto chiedendo il giusto riconoscimento dei vostri diritti in quanto cittadini originari di quelle amate terre, ma vivendo la vostra missione di custodi e testimoni delle prime origini apostoliche”.
È quanto scrive Papa Francesco in una lettera, pubblicata dal Patriarcato caldeo e pervenuta al Sir, inviata ai Patriarchi cattolici del Medio Oriente che domenica 27 giugno, in ciascuno dei rispettivi Paesi, celebreranno, alle ore 10, una Messa per la “Giornata della Pace per l’Oriente”, indetta in occasione della celebrazione del 130° anniversario della Rerum Novarum, di Papa Leone XIII. Contestualmente, in occasione dell’Anno di San Giuseppe, i patriarchi consacreranno il Medio Oriente alla Sacra Famiglia.
Per questo motivo durante la Messa celebrata nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, sempre il 27 giugno, sarà benedetta un’Icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con le reliquie della stessa Basilica dell’Annunciazione. Una volta benedetta, l’Icona sarà portata in pellegrinaggio, partendo dal Libano, verso i paesi dell’Oriente, fino al suo arrivo a Roma verso la fine dell’anno di San Giuseppe, l’8 dicembre 2021.
Nella lettera Papa Francesco ricorda come “sin dall’inizio del mio Pontificato ho cercato di rendermi vicino alle vostre sofferenze, sia facendomi pellegrino dapprima in Terra Santa, poi in Egitto, negli Emirati Arabi Uniti ed infine pochi mesi fa in Iraq, sia invitando la Chiesa intera alla preghiera e alla solidarietà concreta per la Siria, il Libano, tanto provati dalla guerra e dall’instabilità sociale, politica ed economica. Ricordo bene poi l’incontro del 7 luglio 2018 a Bari, e vi ringrazio perché con il vostro radunarvi preparate i cuori alla convocazione del prossimo 1° luglio in Vaticano, insieme a tutti i Capi delle Chiese del Paese dei Cedri”.
Parlando del suo recente viaggio in Iraq (5-8 marzo scorso), il Pontefice rievoca un immagine quella del “tappeto, che le mani sapienti degli uomini e delle donne del Medio Oriente sanno intessere creando geometrie precise e preziose immagini, frutto però dell’intreccio di numerosi fili che soltanto stando insieme fianco a fianco diventano un capolavoro”. “Se la violenza, l’invidia, la divisione, possono giungere a strappare anche solo uno di quei fili – sottolinea il Papa – tutto l’insieme viene ferito e deturpato. In quel momento, progetti e accordi umani possono ben poco se non confidiamo nella potenza risanatrice di Dio. Non cercate di dissetarvi alle sorgenti avvelenate dell’odio – è l’appello di Papa Francesco – ma lasciate irrigare i solchi del campo dei vostri cuori dalla rugiada dello Spirito, come hanno fatto i grandi santi delle vostre rispettive tradizioni: copta, maronita, melkita, siriaca, armena, caldea, latina. Quante civiltà e dominazioni sono sorte, fiorite e poi cadute, con le loro opere mirabili e le conquiste sul terreno: tutto è passato. Cominciando dal nostro padre Abramo la Parola di Dio invece ha continuato rimanere lampada che ha illuminato ed illumina i nostri passi”.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace ha detto il Signore Risorto ai discepoli ancora impauriti nel Cenacolo dopo la Pasqua: anche io – scrive il Papa – ringraziandovi per la vostra testimonianza e il vostro perseverare nella fede, vi invito a vivere la profezia della fratellanza umana, che è stata al centro dei miei incontri ad Abu Dhabi e a Najaf, come pure della mia Lettera enciclica Fratelli Tutti”. “Siate davvero il sale delle vostre terre – conclude la lettera – date sapore alla vita sociale desiderosi di contribuire alla costruzione del bene comune, secondo quei principi della Dottrina Sociale della Chiesa tanto bisognosa di essere conosciuta, come era stato indicato dall’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente e come avete voluto ricordare commemorando il 130° anniversario della Lettera enciclica Rerum Novarum”.

22 giugno 2021

Gli oggetti sacri della chiesa di San Tommaso di Mosul salvati dalla furia dell'ISIS nel 2014

By Baghdadhope*

Un'altra bella storia da Mosul. 
Dopo il fortuito ritrovamento di una anziana donna cristiana salvata dall'ISIS da una famiglia musulmana oggi il sito Ankawa.com ha pubblicato la storia di un eroico recupero di oggetti sacri. 
Dopo la presa di Mosul da parte dell'ISIS la quasi totalità dei cristiani fuggì dalla città ed alcuni di essi trovarono rifugio nel monastero della chiesa siro-ortodossa d Mar Matti, sul monte Alfaf, a 20 km dalla città.
Tra essi il sacerdote Padre Yousef Albanna, sua moglie, Juliana Boutrous Alkhoury, un uomo di nome Ziyad Abdel Ahad al-Nisr ed una donna di nome Alham Kamel
Queste persone, nonostante il pericolo e a neanche due settimane dalla presa di Mosul da parte dell'ISIS, il 17 giugno 2014 fecero ritorno in città per recuperare quanto più possibile da una delle chiese più antiche, la cattedrale dedicata a San Tommaso.
Antichi manoscritti, testi liturgici, corredi sacri e una grande croce dorata furono portati in salvo nel monastero di Mar Matti e poi consegnati, come ricorda Padre Albanna nella sua pagina Facebook,  al vescovo siro- ortodosso di Mosul, Mons. Nicodemus Daoud Sharaf perché li preservasse. 
Attualmente gli oggetti sacri salvati si trovano nella chiesa di Um al-Noor ad Ankawa.

21 giugno 2021

Si avvicina la data della consacrazione del martoriato Medio Oriente alla Sacra famiglia

By Baghdadhope*

Foto Patriarcato Latino di Gerusalemme
Come deciso nel corso dell'ultimo incontro dei vescovi caldei operanti in Iraq, in tutte le diocesi del paese si pregherà all'unisono alle 10 del mattino di domenica 27 giugno in occasione della consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia. 
La decisione di dedicare quella giornata allo scopo è stata presa dal Comitato Episcopale “Giustizia e Pace” del Consiglio dei Patriarchi Cattolici Orientali. 
Il patriarca della chiesa caldea, Cardinale Louis Raphael Sako, celebrerà la santa messa nella cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad.
Per quanto non ancora certo c'è la possibilità che il Santo Padre conceda la sua benedizione apostolica durante un video che potrà essere trasmesso al termine della messa diffusa in diretta sul sito del patriarcato caldeo. 
Oltre a ciò un'icona della Sacra Famiglia, appositamente dipinta e intarsiata con le reliquie della Basilica dell'Annunciazione di Nazareth e che riposa sopra l'altare della chiesa di San Giuseppe, sempre a Nazareth, dove secondo la tradizione si trovava la casa del Falegname, sarà portata in  pellegrinaggio nei diversi paesi del Medio Oriente a partire dal Libano per arrivare a Roma l'8 dicembre 2021 e poi fare definitivamente ritorno in Terra Santa. 

Di seguito l'Atto di Consacrazione dell'Oriente alla Sacra Famiglia 
pubblicato dal Patriarcato Latino di Gerusalemme.

"Ricorriamo alla tua protezione, o Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, in mezzo alle crisi politiche ed economiche che si sono abbattute su di noi qui in Medio Oriente.
Ricorriamo alla tua protezione, o Santa Famiglia, Gesù, Maria e Giuseppe, in mezzo alle ripercussioni della pandemia di Covid, che ha creato una situazione di instabilità, di paura e di ansia.
Alla tua protezione ricorriamo, o Famiglia di Nazareth, che hai sperimentato ogni difficoltà con fede, speranza e amore, per consacrare a Te tutto il nostro Oriente e i nostri Paesi, e affidarTi le nostre vite e le terre in cui siamo nati, le nostre paure e le nostre speranze, i nostri giovani e le nostre famiglie, perché ogni famiglia diventi chiesa domestica e scuola di santità.
O Santa Famiglia, chiedi a Dio per il Medio Oriente la grazia di uscire da questa situazione difficile e di ottenere il ritorno della pace e della stabilità, affinché i suoi abitanti possano vivere con eguali diritti e doveri, e godere di una vita libera e dignitosa, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa e dalla loro identità nazionale.
O Santa Famiglia, il tuo sguardo tenero sia su di noi, sulle nostre famiglie e sui nostri Paesi, perché possiamo aprirci ai segni della presenza di Dio come Tu Ti sei aperta a Lui con assoluta fedeltà, perché i nostri cuori si schiudano gli uni agli altri e alle dimensioni del mondo intero, così da divenire tutti un'unica famiglia, che vive nella pace, nell’amore e nell’armonia.
Con sant'Efrem, ti preghiamo, o Signore: rendi piena la riconciliazione tra i popoli del nostro tempo, perché siano veramente un solo popolo. Raccogli nel Tuo Seno i tuoi figli, perché rendano grazie per la tua bontà. Se tutti i figli della luce fossero uniti, i loro raggi tutti insieme eliminerebbero le tenebre, con la forza della loro unità.
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, riponiamo con fiducia nelle Tue mani questa nostra preghiera e la consacrazione del nostro Oriente. Siano rese grazie e lode alla Santissima Trinità, ora e sempre. Amen."

15 giugno 2021

Cardinale Sako: disattese le promesse fatte ai cristiani ai tempi della visita del Papa in Iraq

By Baghdadhope*

In un'intervista rilasciata il 27 maggio 2021 alla testata Al-Araby Al-Jadeed il patriarca della chiesa caldea, il Cardinale Mar Louis Raphael Sako ha affermato che fino ad ora la visita che il santo Padre ha effettuato in Iraq all'inizio dello scorso marzo non ha portato ad alcun progresso per quanto riguarda il ritorno alle proprie case degli iracheni cristiani sfollati, la restituzione delle proprietà loro confiscate da parte di alcuni partiti o gruppi influenti e neanche l'allontanamento dei gruppi armati dalle aree dove vivevano.
Queste ed altre questioni, come ad esempio la ricostruzione delle chiese o lo sviluppo del turismo religioso legato alla fede cristiana necessitano infatti di una precisa "volontà politica" nazionale perché possano essere risolte. 
La speranza è che qualcosa cambi dopo le elezioni parlamentari che si svolgeranno il prossimo autunno anche se "le divisioni, i conflitti e la competizione per il denaro ed il potere" sono, a detta del Patriarca,  tra i motivi che non hanno portato ad alcun progresso nella situazione della componente irachena cristiana che ancora vede la Piana di Ninive, la culla ancestrale della cristianità mesopotamica, occupata da milizie armate filo-iraniane, proprietà non restituite nonostante la creazione di un comitato creato ad hoc nell'imminenza della visita papale, e mancato riequilibrio della componente cristiana all'interno degli enti e delle istituzioni statali. 
Ad echeggiare le parole del Cardinale Sako, quelle dell'ex deputato cristiano Joseph Sliwa che ha sottolineato come l'assenza dell'autorità statale, e quindi dello stato di diritto in alcune aree del paese, e il controllo da parte di gruppi armati che specialmente nel Governatorato di Ninive hanno come scopi la presa del potere attraverso l'imposizione di funzionari e rappresentati ad essi fedeli ed il conseguente cambio demografico con la sparizione della componente cristiana, fanno sì che gli appelli del Pontefice per la convivenza pacifica rimarranno irrealizzati. 

Iraq: card. Sako (patriarca), “riguadagnare la convivenza perduta”. Rischio estremismo e riforma del diritto

14 giugno 2021

Rinunciare al fondamentalismo e al fanatismo; emanare nuove leggi che garantiscano lo status personale e la libertà di coscienza e di culto; informare in maniera corretta ed equilibrata; promuovere una sana educazione spirituale nelle moschee e nelle chiese: sono questi i punti cardine su cui dovrebbe poggiare la convivenza così che “vivere in armonia” diventi “un comportamento naturale” per gli iracheni.
A tratteggiarli è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, in una nota diffusa oggi dai canali ufficiali del Patriarcato. Posizioni e dichiarazioni che ribadiscono quanto affermato da Papa Francesco durante il suo viaggio in Iraq lo scorso marzo.
Per Mar Sako oggi gli iracheni “sono confusi. La mentalità delle quote, l’esclusione religiosa, settaria ed etnica e il caos politico hanno rovinato la loro patria, smantellato la loro società e messo a rischio il futuro della patria. Vogliono riguadagnare la convivenza perduta”.
Per tornare ad una vera convivenza occorre dunque, “rinunciare al fondamentalismo che usa spesso la religione come copertura per interessi politici e finanziari. Il fondamentalismo è estraneo alla natura degli iracheni e della loro civiltà, caratterizzata dal pluralismo e dalla rispettosa accettazione dell’altro”. Opporsi al fondamentalismo con “un messaggio religioso tollerante”.
Diventa prioritaria “una sana educazione spirituale nelle moschee e nelle chiese. I leader religiosi devono evidenziare la ricchezza della diversità nelle comunità, religiosamente, socialmente e culturalmente. Ci sono versetti della Bibbia e del Sacro Corano che supportano questa visione di convivenza, di tolleranza, amore e solidarietà”.
Contestualmente, avverte Mar Sako, è necessaria “una riforma del diritto. C’è bisogno di emanare nuove leggi compatibili con la realtà religiosa, culturale, sociale ed economica della società contemporanea”.
Infine i media: il card. Sako auspica che siano “responsabili ed equilibrati” e comunichino “informazioni corrette con alta professionalità”.

Chiesa caldea: messa per la pace in Medio oriente, affidato alla Sacra Famiglia

12 giugno 2021  

Foto Patriarcato caldeo
La Chiesa caldea ha indetto una ”messa speciale” per la pace in Medio oriente il prossimo 27 giugno, alle 10, in concomitanza con la celebrazione di tutti i patriarchi cattolici d’Oriente. Durante la funzione i leader cristiani affideranno la regione, sconvolta da guerre e violenze, alla cura della Sacra Famiglia di Nazareth. È quanto sottolinea in una nota inviata ad AsiaNews il patriarcato caldeo al termine della riunione mensile dei vescovi, tenuta il 10 giugno nella residenza estiva a Erbil (Kurdistan iracheno).
All’evento, uno dei primi in presenza dopo i mesi a distanza a causa della pandemia da Covid-19, hanno partecipato fra gli altri gli ausiliari di Baghdad mons. Basilio Yaldo e Shlemon Warduni, mons. Bashar Warda e Najeeb Mikhael.
Il primate caldeo, card. Louis Raphael Sako, ha aperto l’assise pregando per la pace e la stabilità in Iraq, per poi presentare la situazione generale del Paese, la realtà ecclesiastica e i temi all’ordine del giorno. Dopo la visita di papa Francesco ai primi di marzo la Chiesa locale vive un rinnovato slancio pastorale ed ecclesiale, confermato dalla celebrazione di oltre 200 prime comunioni lo scorso fine settimana a Baghdad, fra i giovani della capitale.
Il porporato spiega che ciascun vescovo celebrerà la messa per la pace nella propria diocesi. Egli ha ricordato loro di seguire sacerdoti e religiosi in questa fase cruciale della vita politica nazionale. Secondo il card. Sako, i responsabili cattolici non devono intervenire o esprimere sostegno pubblico a fazioni o partiti in vista delle elezioni di ottobre. Lo stesso vale per chiese e luoghi di culto, che non devono trasformarsi in centri per la propaganda o accogliere candidati.
Ai fedeli, aggiunge, va invece ricordata l’importanza di “aderire alla speranza cristiana e all’identità nazionale” adoperandosi per “promuovere i valori della convivenza”.
Per quanto riguarda la vita della Chiesa, il prossimo Sinodo caldeo si terrà a Baghdad dal 9 al 14 agosto 2021, preceduto dal ritiro spirituale per prelati e sacerdoti in programma dal 19 al 23 luglio presso il seminario di Ankawa (Erbil) all’insegna del tema “la spiritualità nella celebrazione della liturgia del sacramenti”. Infine, come anticipato nei giorni scorsi ad AsiaNews dall’ausiliare di Baghdad, il patriarcato intende organizzare un grande incontro della gioventù caldea; per l’organizzazione è stato formato un comitato ad hoc presieduto dallo stesso mons. Basilio Yaldo.

10 giugno 2021

Iraq: card. Sako (patriarca), “Chiese e comunità ecclesiali non possono essere unificate in maniera forzosa”


Il cammino per ricomporre la piena unità tra Chiese e comunità ecclesiali “non è così facile come qualcuno immagina”.
Lo afferma il card. Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, in una nota diffusa dai canali ufficiali del Patriarcato e ripresa da Fides. Parlando del cammino ecumenico, il patriarca riconosce che “le Chiese e le comunità ecclesiali non possono essere unificate in maniera forzosa e non possono nemmeno essere spogliate delle loro singole identità per decreto, perché la Chiesa non è una mera entità amministrativa”, ma una realtà dalla inconfondibile natura spirituale.
Il modello storico e ideale a cui guardare, per il patriarca, è quello della Chiesa nascente, raccontato negli Atti degli Apostoli, quando l’unità dei battezzati era non un obiettivo ideale da raggiungere attraverso sforzi e stratagemmi umani, ma fioriva come effetto gratuito della fede e della carità che animavano i cuori raggiunti dalla grazia di Cristo.
Nella nota Mar Sako richiama l’attenzione su un certo immobilismo che a suo giudizio connota gli organismi ecumenici e i contatti inter-ecclesiali in Iraq dove ci sono ufficialmente 14 comunità e relative denominazioni ecclesiali, di varia consistenza. Parlando del Consiglio dei capi delle Chiese e delle comunità cristiane in Iraq, istituito nel 2006, il patriarca riconosce che “ha soddisfatto la necessità di unificare le posizioni e i discorsi ufficiali” dei diversi soggetti ecclesiali, ma negli ultimi anni sembra vivere una stagione di appannamento, proprio mentre organismi analoghi operanti in Egitto, Giordania e Libano si mostrano molto più intraprendenti e reattivi rispetto alle urgenze e alle emergenze del momento storico presente. Il patriarca, tra le altre cose, ricorda il tentativo fallito di individuare una data comune per la solennità liturgiche cristiane attualmente celebrate in giorni diversi dalle diverse comunità ecclesiali.

8 giugno 2021

Mons. Yaldo: dopo Covid e violenze, la Chiesa irachena riparte dal papa e dai giovani

By Asia News

Foto Patriarcato caldeo
Dopo gli anni bui delle violenze confessionali e della pandemia da Covid-19, ancora in atto ma in “miglioramento”, la Chiesa irachena “vuole ripartire dai giovani e dalla visita di papa Francesco, un momento di festa che continua a portare frutti”.
È quanto afferma ad Asia News mons. Basilio Yaldo, ausiliare di Baghdad e stretto collaboratore del patriarca caldeo Louis Raphael Sako, raccontando il clima di festa nel fine settimana scorso “per le prime comunioni a oltre 200 giovani della diocesi della capitale”. “Siamo ottimisti, soprattutto a Baghdad - afferma il prelato - il cuore del Paese da cui partire per costruire il futuro”.
Il 6 giugno scorso mons. Yaldo ha presieduto la messa con le prime comunioni per 210 bambini e bambine della capitale.
Un momento di festa, con la chiesa gremita di familiari e fedeli pur nel rispetto - tiene a precisare il patriarcato - di tutte le norme di sicurezza per scongiurare focolai di coronavirus. Perchè “la situazione è molto migliorata, soprattutto a Baghdad” conferma il prelato, ma “l’attenzione deve restare alta, mentre la campagna vaccinale che noi sosteniamo con forza prosegue in tutto il Paese”.
“Da qualche tempo - racconta l’ausiliare di Baghdad - abbiamo iniziato a riaprire le chiese dopo le chiusure imposte dalle autorità sanitarie. Sono ripartite molte attività come il catechismo, gli incontri dei giovani, le messe, per dare speranza dopo le sofferenze passate. Vogliamo riaprire, celebrare, incontrarci. Infatti, come diocesi stiamo lavorando a un raduno generale dei giovani in calendario il mese prossimo: un momento di preghiera, di festa e di riflessione sulla visita del papa, questo sarà il tema sul quale ci concentriamo con maggiore attenzione. Un evento straordinario che dobbiamo mantenere vivo e del quale dobbiamo mettere in pratica gli insegnamenti, rinnovando il messaggio di speranza per i cristiani in Iraq e in tutto il Medio oriente”.
I bambini, racconta mons. Yaldo, “erano molto felici, soprattutto per la presenza dei loro familiari che hanno condiviso la cerimonia e il momento di festa comunitaria che ne è seguito”. “Mi ha colpito molto - confida il prelato - la frase che mi ha detto un bambino della parrocchia di san Tommaso, a Baghdad. Quando gli ho chiesto cosa significa per lui la comunione mi ha risposto che vuole dire ‘tenere Gesù vivo nel mio cuore, nella mia Chiesa e nella mia patria’. Parole che mi hanno davvero riempito di gioia”.
“La riapertura delle chiese - prosegue - è anche un segno di speranza che vogliamo dare al nostro popolo, perché siamo una comunità viva e forte come emerge dalle molte attività che stiamo preparando. Oltre al catechismo, la scorsa settimana sono ripartite le gite con un gruppo di ragazzi che si è recato in un luogo turistico della capitale, l’isola di Baghdad. Vogliamo riprendere i pellegrinaggi, da Ur alla piana di Ninive, nel nord, per visitare le antiche chiese e i monasteri”.
Il viaggio apostolico, il calo dei contagi di Covid, le elezioni politiche a ottobre sono passaggi verso un cambiamento in positivo della società e del Paese, in un momento in cui i cristiani “sono sempre più riconosciuti e possono trovare maggiori spazi”. “In quest’ottica - prosegue il vescovo - si è rivelata fondamentale la visita del pontefice. I cristiani, piano piano, stanno uscendo dal buio, dalle grotte, per acquisire sempre maggiore visibilità. E come Chiesa insistiamo sul ruolo dei giovani, ecco perché oltre al Sinodo di agosto e all’incontro nella capitale il mese prossimo, entro fine anno vogliamo organizzare un grande evento che riunisca tutti i giovani caldei del Paese” dal nord a sud, da Mosul a Bassora, passando per la capitale.

ACS porta nelle parrocchie italiane una statua della Madonna profanata dall'ISIS in Iraq

7 giugno 2021

Aiuto alla Chiesa che Soffre porta in Italia una statua della Beata Vergine oltraggiata e profanata dall’ISIS in Iraq.
La scultura mariana, proveniente da Batnaya nella Piana di Ninive, sarà offerta alla devozione dei nostri fedeli.
Si tratterà di un itinerario spirituale che avrà un’anteprima domenica 13 giugno a Giussano presso la Comunità Pastorale San Paolo ma che si svilupperà nelle parrocchie italiane dal 1° settembre agli inizi dell’Avvento 2021.
Durante ogni tappa di questo percorso sacerdoti iracheni, in presenza oppure in videoconferenza, contribuiranno con la loro testimonianza affinché i fedeli possano apprendere dalla viva voce dei pastori locali i tragici eventi verificatisi al momento degli attacchi, la reazione della comunità cristiana locale e internazionale, la situazione attuale e le prospettive future.
 «L’iniziativa consoliderà il legame fra le comunità cattoliche italiana e irachena, fisserà nella nostra memoria questa orribile pagina storica affinché non ne dimentichiamo le tante lezioni, rappresenterà un messaggio di perdono e riconciliazione», commenta Alessandro Monteduro, Direttore di ACS Italia. «Statue mariane orrendamente mutilate, icone di Cristo distrutte, immagini sacre usate per il tiro al bersaglio, tombe profanate, chiese, santuari, monasteri, case e negozi messi a ferro e fuoco, oltre ovviamente ai fratelli uccisi o feriti: è questa la scia di morte e odio lasciata dai jihadisti nella Piana di Ninive, in Iraq. La pacifica comunità cristiana locale fu brutalmente scacciata» ricorda Monteduro.
«Durante la Messa celebrata lo scorso 7 marzo da Papa Francesco nello stadio iracheno di Erbil è stata esposta alla devozione dei fedeli un’analoga statua della Madonna le cui mani erano state mozzate dai terroristi. ACS, con il medesimo spirito, vuole che si faccia memoria delle sofferenze di un’intera comunità cristiana, simboleggiate dalla profanazione della statua di Batnaya, per consolidare la fede comune e per l’auspicata conversione dei persecutori».
Al terrore jihadista in questi anni si è contrapposta una risposta organizzata e duratura, coordinata dal Nineveh Reconstruction Committee e frutto dell’impegno delle Chiese locali e delle comunità cristiane internazionali.
I benefattori di ACS hanno contribuito in modo rilevante all’opera di ricostruzione.
Secondo gli ultimi dati disponibili, 9.176 famiglie sono tornate a casa, cioè oltre il 45% di quelle sfollate. Quasi il 57% delle abitazioni è stato ricostruito o ristrutturato.

Libri: Papa Francesco in Iraq raccontato da Falasca e Geronico (Avvenire). “Ha portato il messaggio della fratellanza umana”

5 giugno 2021

“Papa Francesco si è recato in Iraq come ‘pellegrino penitente di pace’, a curare le ferite di questa Chiesa, ma si è rivolto – data anche la sua rilevanza internazionale come vero leader morale mondiale – a tutta la società irachena”.
Lo afferma Luca Geronico, giornalista di Avvenire, che ha dato alle stampe, assieme alla collega Stefania Falasca, il volume “Le chiavi della pace. Il viaggio di Francesco nella terra di Abramo” (Editrice In Dialogo, https://www.itl-libri.com/). La visita di Bergoglio in Iraq (5-8 marzo 2021) è stata un momento altamente significativo nel cammino del dialogo interreligioso, un evento definito “storico”.
Il volume presenta articoli e approfondimenti realizzati dai due giornalisti “in presa diretta”, oltre ai discorsi del Papa in Iraq e il Documento sulla fratellanza umana; la Prefazione è affidata al cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
Qual è a suo avviso il messaggio complessivo che emerge dal viaggio del Papa in Iraq?
“Il messaggio complessivo – risponde Geronico – è quello della fratellanza umana che, dopo la firma del Documento di Abu Dhabi nel 2019, e la pubblicazione dell’enciclica Fratelli tutti, ha visto realizzare durante questo viaggio apostolico un secondo passo concreto, questo direi esperienziale, sul terreno. L’incontro tra Francesco e l’ayatollah Ali al-Sistani, apre nuovi scenari di dialogo interreligioso, e direi non solo e non tanto sul versante islamo-cristiano, quanto all’interno del mondo musulmano tra sciiti e sunniti”. “Tutto il viaggio è stato mosso da un desiderio, da una spinta spirituale, anche se non sono mancati appelli alle autorità politiche. E anche il messaggio politico alla società irachena credo si possa sintetizzare nell’appello alla costruzione di un concetto di cittadinanza svincolato dall’appartenenza religiosa, un invito a declinare il concetto di laicità dello Stato in una società dove il tribalismo etnico-religioso è invece la base di una identità più forte dell’identità nazionale. Ma – aggiunge – questo invito molto concreto, come tutti gli appelli alla riconciliazione, a disarmare i cuori, si basa, sull’essersi scoperti tutti fratelli nella fede, perché figli dell’unico Dio”.

4 giugno 2021

Io, anziana cristiana, salvata da una famiglia musulmana all’arrivo dell’Isis

By Asia News

Foto Patriarcato caldeo
“Quando lo Stato islamico è entrato a Mosul ero sola e non sono riuscita a scappare. Assieme all’amica Maria siamo rimaste lì, in città, avevamo paura ma per fortuna è venuto in nostro soccorso un vicino, Elias Abu Ahmed, un musulmano, il quale ci ha detto che avrebbe fatto di tutto per proteggerci”.

È quanto racconta ad AsiaNews, grazie all’aiuto del patriarca caldeo card. Louis Raphael Sako, la 98enne Camilla Haddad, protagonista di una storia di fraternità e solidarierà islamo-cristiana, emersa solo di recente.
Assieme all’amica Mary Fathohi Weber, poi deceduta per cause naturali, l’anziana signora è stata accolta e accudita da una famiglia musulmana durante le prime fasi dell’ascesa dell’Isis nel nord dell’Iraq, nell’estate del 2014. A quasi sette anni di distanza, la donna ha visitato ieri sera la sede patriarcale a Baghdad, accompagnata da Elias che ormai considera come parte della propria famiglia.
Un sentimento ricambiato, fatto di amicizia e di aiuto reciproco che si è consolidato in tutto questo tempo. E, in diverse occasioni, è proprio Elias ad interpretare e tradurre in parole il pensiero dell’anziana donna che, seppur in buone condizioni di salute considerata l’età, mostra qualche acciacco e fatica ormai a camminare e compiere le azioni più banali della vita quotidiana.
La donna ricorda i miliziani irrompere nella sua casa nel quartiere di Mohandessin a Mosul, dove viveva con l’amica Mary. Come altri vicini musulmani accorsi, il signor Elias è entrato nell’abitazione e ha affermato che Camille era sua nonna e Mary la zia, per poi trasferirle nella propria casa nel quartiere di Baladiyat.
Negli anni la famiglia musulmana si è allargata tanto che oggi Elias ha due mogli e 14 figli, educati con pazienza dall’anziana cristiana che li considera nipoti a tutti gli effetti.
Ogni giorno Camille recita il rosario per ringraziare Dio dell’aiuto ricevuto e per il conforto incontrato in questa nuova famiglia.
“Daesh poteva cacciarci - ricorda l’anziana donna - ma Elias Abu Ahmed ci ha accolte e ospitate nella sua casa. Avevo alcuni soldi da parte e li ho donati per contribuire al sostentamento della famiglia e alla crescita dei figli, perché il suo solo stipendio di operaio, spesso modesto, non bastava”.
Mary Fathohi Weber si è ammalata poco dopo l’arrivo dell’Isis ed è stata Camilla a prendersi cura di lei fino alla morte, avvenuta il primo gennaio 2015.
Lei stessa si è rotta una gamba che la fa “soffrire” e ha faticato a lungo. Ciononostante, la salute è buona anche in considerazione dell’età avanzata. In questi anni ha venduto la casa di proprietà e con il denaro ricavato ha contribuito al mantenimento dei figli e all’acquisto di beni primari come cibo e medicine.
 “In questa famiglia - racconta ad AsiaNews il patriarca Sako dopo averla incontrata - Camilla si sente bene, sa di essere curata. Io le ho proposto di venire qui a Baghdad, in una casa per anziani, ma lei ha detto che preferisce restare a Mosul, e pregare il rosario per tutti noi”.
“Quando ha varcato la soglia di casa
- prosegue il porporato - per venire a Baghdad tutti i bambini sono usciti per accompagnarla, volevano venire con lei, la considerano la loro nonna. Contribuisce alla loro educazione, essendo persone di basso rango mentre lei è cresciuta in un quartiere nobile di Mosul”.
Il card. Sako ricorda bene la donna, che ha incontrato quando era parroco nella chiesa del Perpetuo Soccorso a Mosul, negli anni 90 del secolo scorso.
“Con le sorelle - riferisce - è venuta con me a Roma, poi a Parigi, nell’Anno Santo. Pensavo fosse morta non avendo più avuto sue notizie, ma non ho mai smesso di cercarla per sapere che fine avesse fatto. Non è stato facile raccogliere informazioni” anche per la situazione di grande confusione che ha regnato a lungo nella metropoli del nord dell’Iraq, ma “alla fine ci siamo riusciti”.
“Elias
- prosegue il patriarca caldeo - usa spesso l’espressione ‘Fratelli tutti’ e dice di aver seguito con Camilla tutte le fasi della visita di papa Francesco in Iraq, a inizio marzo. Per Elias la sua venuta in Iraq è stato un bellissimo gesto e quello che lui ha fatto per Camilla lo considera parte degli insegnamenti del pontefice in un’ottica di amicizia e fraternità fra cristiani e musulmani”.
“Questa storia
- afferma il card. Sako - è un esempio, come tanti altri, di un cambio di mentalità in Iraq. Ne faccio un altro, in conclusione: stiamo restaurando una chiesa a Baghdad e quando l’ingegnere capo cantiere è andato al mercato a comprare del marmo, il venditore musulmano sciita ha chiesto a cosa servisse. Quando ha detto che era ‘per il cardinale’ ha risposto che avrebbe dato tutta la merce a disposizione, facendo anche uno sconto per ringraziarlo del papa in Iraq”.

3 giugno 2021

A Moment of Fraternity: Recalling Pope Francis’ visit to Iraq

Christopher Wells 

The Higher Committee for Human Fraternity hosted the webinar on “A Moment of Human Fraternity: The impact of Pope Francis’ historic Iraq visit” on Thursday.
The event brought together religious and civic leaders from throughout the Middle East to share their insights on the significance of the Pope’s Apostolic Journey to Iraq, and offer their thoughts on the next steps in rebuilding Iraq, and how the country can promote stabilization, reconciliation, and hope for a better future.

A wonderful mosaic for human coexistence
The Secretary-General of the Higher Committee, Judge Mohamed Abdelsalam, opened the webinar, explaining, “We are gathered here today to think together about how we can invest this visit of the Pope and help our brethren in beloved Iraq, a country that constitutes a beautiful social fabric and a wonderful mosaic for human coexistence.”
This beautiful picture, however, has been marred by wars, conflicts and terrorism, which have “left a great wound in the body of Iraq.”
The struggles of Iraq “moved the Holy Father, who could not see the tears of this people without wanting to wipe them away.”
Judge Abdelsalam assured participants that the Higher Committee would “do its best to build on this historic visit of the Holy Father,” adding that he hoped that the Grand Imam of Al-Azhar would also be able to visit Iraq, in order “to complete the picture of Human Fraternity.”

We are all brothers
Among the keynote speakers at the webinar was Cardinal Luis Raphaël I Sako, the Patriarch of Babylon and head of the Chaldean Catholic Church. He expressed his hope that participants would “reach a vision and a work plan to implement what the Pope indicated in his speeches and meetings.”
Cardinal Sako explained that Pope Francis, coming to Iraq in the midst of conflicts, extremism, and the coronavirus pandemic, carried with him a “single influential message”: “We are all brothers in spite of our differences, we must respect our diversity and join hands to build a better society.”
The Patriarch noted that the Pope also pointed out “the only way to walk the path of achieving peace, stability, freedom, and dignity for every human being is to restrain weapons.”

A milestone for interreligious dialogue
The President of the Pontifical Council for Intereligious Dialogue, Cardinal Miguel Ángel Ayuso Guixot, said, “The entire trip to Iraq was significant. Every moment was marked by gestures and words that leave a mark.”
Along with the signing of the Document on Human Fraternity in Abu Dhabi in 2019, the Iraq visit was a “milestone in the path of interreligious dialogue.”
Echoing the Patriarch, Cardinal Ayuso said Pope Francis, “went to Iraq as a pastor to tell Iraqis: You are all brothers.” This is not simply a “theoretical brotherhood,” Cardinal Ayuso explained. Instead, it is a call for everyone “to commit themselves ‘so that God’s dream may come true: that the human family may become hospitable and welcoming toward all of its children, who, looking at the same sky, walk in peace on the same earth.’”
Cardinal Ayuso highlighted the Pope’s courtesy visit to Grand Ayatollah Sayyid Ali al-Husayni al-Sistani as a “truly important” contribution to building fraternity among Christians and Muslims.
Similarly, the prayer meeting on the Plains of Ur – the home of Abraham, the father of the three great monotheistic religions – “was an opportunity to pray together with believers from other religious traditions … in order to rediscover the reason for coexistence between brothers, so as to rebuild a social fabric beyond factions and ethnicities, and to send a message to the Middle East and to the entire world.” In Ur, he continued, the Pope explained that “true religiosity” is that which “worships God and loves one’s neighbour.”

Rebuilding Iraq
Thursday’s webinar also included the Assistant Director-General of UNESCO, Ernesto Ottone Ramirez who, along with Dominican Father Olivier Poquillon, highlighted UNESCO’s “Revive the Spirit of Mosul” initiative.
Culture ministers from Iraq and the UAE emphasized the common challenges facing the peoples of the region.
Representatives of Iraq’s Islamic community – Dr Sayyed Jawad Al-Khoei, the co-founder of the Iraqi Council for Interfaith Dialogue; and Sheikh Abdel-Wahab Taha Al-Sammerai, Imam of Abu Hanifa mosque in Baghad – also spoke at the event.

Iraq: card. Sako (patriarca) al premier al Khadimi, “passi concreti e coraggiosi per concordare la forma dello Stato”


In una lettera al primo ministro dell’Iraq, Mustafa al Kadhimi, il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, torna a chiedere “passi concreti e coraggiosi per concordare la forma dello Stato così da garantirne la stabilità”.
Nella lettera il patriarca non usa mezzi termini e parla di “situazione ancora molto vaga e complessa” per ciò che riguarda la forma dello Stato, se “federale, democratico, laico, religioso”.
Per Mar Sako “sembra che tutte le strade per la riconciliazione siano ad oggi interrotte”.
“Inutile
– scrive il patriarca – parlare di dialogo aperto senza una reale e responsabile volontà politica nazionale capace di costruire nuove e sincere relazioni di cooperazione per raggiungere l’uguaglianza tra tutti gli iracheni, garantendo loro diritti e servizi”.
Per ottenere ciò occorre “un accordo sulla forma dello Stato e sulla Costituzione.
I nostri politici devono essere umani e patriottici e cercare la pace e l’amore”,
sostiene il cardinale richiamandosi ai messaggi di Papa Francesco durante la sua visita a marzo scorso.
“C’è la sensazione – denuncia il cardinale nella lettera diffusa poco fa dal Patriarcato – che si voglia rimandare le elezioni (previste il 10 ottobre prossimo e già slittate una volta, ndr.) o di non tenerle. Se queste elezioni si dovessero svolgere e non fossero favorevoli ad alcuni partiti politici, questi non accetterebbero i risultati con la conseguenza che il Paese tornerebbe al punto di partenza”.
“Dopo 18 anni dalla fine del regime e dall’inasprimento della crisi politica, economica, sanitaria e di sicurezza – conclude il cardinale – il politico iracheno deve rinnovare la sua affiliazione e il suo impegno al servizio del popolo. Questo nobile messaggio è atteso con impazienza dal cittadino”.

Il Patriarca caldeo Sako: la pandemia non è “punizione di Dio”

2 giugno 2021

La pandemia da Covid 19 che ha seminato dolore e paura nell’intera famiglia umana “non è una punizione di Dio, ma il risultato dei comportamenti sbagliati degli esseri umani verso l'ambiente e la vita, e della loro disperata ricerca di denaro, che alimenta la proliferazione di armi e prepara nuove guerre”.
Lo ha detto il Cardinale Raphael Louis Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione liturgica da lui presieduta la sera di domenica 31 maggio nella chiesa dedicata a San Paolo situata a Baghdad, nel quartiere di al -Zaafraniya, a conclusione della maratona di preghiera mariana indetta dal Papa Francesco durante il mese di maggio per invocare la fine della crisi pandemica.
“Di fronte all’emergenza della pandemia” ha sottolineato il Patriarca “i leader del mondo devono cambiare mentalità, assumersi le proprie responsabilità e farsi carico del futuro dell’umanità e della custodia della natura”.
I credenti – ha spiegato il Primate della Chiesa caldea nella sua omelia - riconoscono che Dio ama gli esseri umani e vuole la loro salvezza, e respingono l’idea che il male e il dolore siano “castighi” voluti dall’Onnipotente. Anche nella pandemia – ha aggiunto il Cardinale iracheno – i credenti possono “confidare in Dio, nostro Padre”, e abbracciare “la sofferenza dei nostri fratelli che soffrono per le conseguenze del contagio. Dio stesso, secondo il Patriarca, “vuole che anche mentre siamo nell’angoscia avvertiamo la sua vicinanza amorevole verso di noi, e che ci sentiamo sempre più attratti da Lui”.
Il Patriarca, concludendo l’omelia, ha invitato tutti a affidarsi all’intercessione di Maria nostra madre,  “che ci ama e è la nostra speranza”.