By Interris
Domenica 27 giugno nella basilica dell’Annunciazione a Nazaret si è tenuta la prima ‘Giornata per la pace in Medio Oriente’ con la consacrazione alla Sacra Famiglia. L’iniziativa è stata lanciata dal consiglio “Giustizia e Pace” dei Patriarchi Cattolici del Medio Oriente.
La Messa presieduta da mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, è stata liturgia interrituale – con alcune parti della liturgia Latina, Siro-cattolica, Melchita e Maronita – proprio per mostrare la “pluriforme bellezza e le espressioni della Chiesa di Terra Santa”, come ha spiegato lo stesso Patriarca.
La ricchezza nella diversità
La grande ricchezza dei cristiani che abitano nelle terre dove predicarono i profeti e Gesù non è solo mera testimonianza delle nostre radici, ma carne viva della società mediorientale, che tutt’oggi agisce attivamente, sia come soggetto pacificatore tra le componenti del mondo musulmano sia come ponte con il mondo Occidentale. Anche per questo Papa e l’azione diplomatica dalla Santa Sede continuano a seguire da vicino e a sostenere i processi di stabilizzazione e pacificazione dei Paesi della regione.
Di tutto questo abbiamo parlato con don Rebwar Basa, sacerdote iracheno di 42 anni nato a Shaqlawa, a pochi chilometri da Erbil, nel Nord dell’Iraq, e dalla fine del 2018 parroco ad Essen e in altre quattro missioni tedesche.
A lui è affidata la cura pastorale di 1300 famiglie di cristiani caldei iracheni del Land Nord Reno-Westfalia.
Il Papa, dopo il viaggio in Iraq, la scorsa settimana ha incontrato il presidente iracheno in Vaticano. Per voi iracheni è importante che il santo padre mantenga alta l’attenzione sul vostro Paese?
“Il Santo Padre Francesco sin dall’inizio del suo pontificato mantiene sempre alta l’attenzione sui poveri, marginati, oppressi e perseguitati. E questo è sacrosanto perché è seguire gli insegnamenti del Santo Vangelo. Ecco perché Papa Francesco sta sempre accanto i poveri, marginati, oppressi, perseguitati e vittime delle guerre in mondo in generale e in Medio Oriente in particolare, dove continuano ancora gravi conflitti e miserie come ad esempio in Iraq e Siria! E la visita storica e straordinaria del Sommo Pontefice in Iraq è un grande gesto in questa direzione”.
Perché non è possibile immaginare un Medio Oriente senza cristiani?
“Perché anzitutto è disumano sradicare un popolo dalla sua terra di origine. Quanto più quando si tratta nono solo di un popolo ma di più popoli e culture. In più, un Medio Oriente senza i suoi cristiani significa una perdita di un pezzo prezioso della storia dell’umanità! I cristiani del Medio Oriente sono la memoria viva con le loro diverse tradizioni, culture e lingue. Come ad esempio, la maggior parte dei cristiani iracheni ancora parlano la lingua aramaica, la lingua di Gesù. E vivono nelle terre dei patriarchi e i profeti come ad esempio Ur dei Caldei, terra del Patriarca Abramo, padre del monoteismo, e Ninive la città dove ha predicato il profeta Giona. Quanto più la Terra Santa, la terra del Nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto, un Medio Oriente senza i cristiani è una sconfitta per l’umanità intera, una perdita irreparabile di un ricchissimo patrimonio umano, e un peccato imperdonabile!”. Lei da due anni e mezzo fa il parroco in Germania.
Come sono accolti e integrati i cristiani del Medio Oriente in Europa?
“Vedo che i cristiani del Medio Oriente sono molto ben integrati nelle diverse società e culture europee. E ovviamente ci sono motivi concreti per questo: il primo, perché condivido lo stesso spirito, la stessa fede e la stessa cultura cristiana; il secondo: già dalle loro terre di origine sono abituati a vive ed accettare le diverse culture e religioni; il terzo: perché hanno sognato sempre di vivere in pace e contribuire per il bene comune. Però, devo confessare che tanti di loro sentono che il loro cuore l’hanno dimenticato in Medio Oriente. Perché sappiamo benissimo che la decisione di lasciare i loro paesi di origine non era la loro scelta ma una conseguenza dell’oppressione e della persecuzione!”.
Cosa si sta facendo per far restare i giovani cristiani in Medio Oriente? Cosa bisogna fare per dare loro nuova speranza?
“Ai giovani in Medio Oriente mancano i diritti di base. Manca la pace, la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, e il lavoro! In Iraq, ad esempio, i giovani stanno lottando per questi diritti e versano il loro sangue per librare il Paese dalla corruzione e dalle milizie che paralizzato l’intera nazione! E per dare loro una nuova speranza bisogna sostenerli nella loro lotta per un futuro migliore”.
Aiuto alla chiesa che soffre e altre realtà internazionali stanno ricostruendo i villaggi cristiani della piana di Ninive. A che punto è la ricostruzione?
“Senza il sostengo del Santo Padre Francesco e dei fedeli della Chiesa cattolica in generale, e le conferenze episcopali e le associazioni cattoliche in particolare come la Conferenza Episcopale Italiana, l’Aiuto alla Chiesa che soffre, e la Caritas, ecc. sarebbero restati solo villaggi cristiani distrutti e i cristiani sarebbero rimasti nei campi profughi o avrebbero tutti lasciato proprio il Paese! La ricostruzione continua, ma secondo me, è più importante ed urgente la creazione di una mentalità più pacifica e più accogliente, basata sui diritti umani! Senza quella tutto ciò che è stato ricostruito, con tanti sacrifici e donazioni, potrebbe crollare in un secondo come è accaduto con l’ultima invasione americana nel 2003, e ancora di nuovo con l’ultima invasione dell’ISIS nel 2014!”.
I cristiani posso contribuire alla pacificazione del Medio Oriente? La loro capacità di dialogo può unire sciiti e sunniti?
“I cristiani hanno contribuito sempre e continuano a contribuire alla pacificazione del Medio Oriente. E non rinunciano mai a questo principio, essendo un pilastro principale della loro fede. Secondo me, La visita del Santo Padre Francesco in Iraq è anche un apprezzamento di questo ruolo che al quale i cristiani del Medio Oriente sono rimasti fedeli. Quindi, accanto al Sommo Pontefice, i cristiani in Medio Oriente continuano a costruire i ponti di fratellanza”.
Cosa chiedete alla comunità internazionale?
“Alla comunità internazionale chiedo a nome delle vittime delle guerre di intervenire onestamente per il bene dei popoli del Medio Oriente, oppure di lasciarli in pace, invece di vendere le armi e fare lo sporco commercio con dei governi corrotti, per avere una goccia di più di petrolio a costo di un fiume di sangue innocente!”.
La Messa presieduta da mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, è stata liturgia interrituale – con alcune parti della liturgia Latina, Siro-cattolica, Melchita e Maronita – proprio per mostrare la “pluriforme bellezza e le espressioni della Chiesa di Terra Santa”, come ha spiegato lo stesso Patriarca.
La ricchezza nella diversità
La grande ricchezza dei cristiani che abitano nelle terre dove predicarono i profeti e Gesù non è solo mera testimonianza delle nostre radici, ma carne viva della società mediorientale, che tutt’oggi agisce attivamente, sia come soggetto pacificatore tra le componenti del mondo musulmano sia come ponte con il mondo Occidentale. Anche per questo Papa e l’azione diplomatica dalla Santa Sede continuano a seguire da vicino e a sostenere i processi di stabilizzazione e pacificazione dei Paesi della regione.
Di tutto questo abbiamo parlato con don Rebwar Basa, sacerdote iracheno di 42 anni nato a Shaqlawa, a pochi chilometri da Erbil, nel Nord dell’Iraq, e dalla fine del 2018 parroco ad Essen e in altre quattro missioni tedesche.
A lui è affidata la cura pastorale di 1300 famiglie di cristiani caldei iracheni del Land Nord Reno-Westfalia.
Il Papa, dopo il viaggio in Iraq, la scorsa settimana ha incontrato il presidente iracheno in Vaticano. Per voi iracheni è importante che il santo padre mantenga alta l’attenzione sul vostro Paese?
“Il Santo Padre Francesco sin dall’inizio del suo pontificato mantiene sempre alta l’attenzione sui poveri, marginati, oppressi e perseguitati. E questo è sacrosanto perché è seguire gli insegnamenti del Santo Vangelo. Ecco perché Papa Francesco sta sempre accanto i poveri, marginati, oppressi, perseguitati e vittime delle guerre in mondo in generale e in Medio Oriente in particolare, dove continuano ancora gravi conflitti e miserie come ad esempio in Iraq e Siria! E la visita storica e straordinaria del Sommo Pontefice in Iraq è un grande gesto in questa direzione”.
Perché non è possibile immaginare un Medio Oriente senza cristiani?
“Perché anzitutto è disumano sradicare un popolo dalla sua terra di origine. Quanto più quando si tratta nono solo di un popolo ma di più popoli e culture. In più, un Medio Oriente senza i suoi cristiani significa una perdita di un pezzo prezioso della storia dell’umanità! I cristiani del Medio Oriente sono la memoria viva con le loro diverse tradizioni, culture e lingue. Come ad esempio, la maggior parte dei cristiani iracheni ancora parlano la lingua aramaica, la lingua di Gesù. E vivono nelle terre dei patriarchi e i profeti come ad esempio Ur dei Caldei, terra del Patriarca Abramo, padre del monoteismo, e Ninive la città dove ha predicato il profeta Giona. Quanto più la Terra Santa, la terra del Nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto, un Medio Oriente senza i cristiani è una sconfitta per l’umanità intera, una perdita irreparabile di un ricchissimo patrimonio umano, e un peccato imperdonabile!”. Lei da due anni e mezzo fa il parroco in Germania.
Come sono accolti e integrati i cristiani del Medio Oriente in Europa?
“Vedo che i cristiani del Medio Oriente sono molto ben integrati nelle diverse società e culture europee. E ovviamente ci sono motivi concreti per questo: il primo, perché condivido lo stesso spirito, la stessa fede e la stessa cultura cristiana; il secondo: già dalle loro terre di origine sono abituati a vive ed accettare le diverse culture e religioni; il terzo: perché hanno sognato sempre di vivere in pace e contribuire per il bene comune. Però, devo confessare che tanti di loro sentono che il loro cuore l’hanno dimenticato in Medio Oriente. Perché sappiamo benissimo che la decisione di lasciare i loro paesi di origine non era la loro scelta ma una conseguenza dell’oppressione e della persecuzione!”.
Cosa si sta facendo per far restare i giovani cristiani in Medio Oriente? Cosa bisogna fare per dare loro nuova speranza?
“Ai giovani in Medio Oriente mancano i diritti di base. Manca la pace, la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, e il lavoro! In Iraq, ad esempio, i giovani stanno lottando per questi diritti e versano il loro sangue per librare il Paese dalla corruzione e dalle milizie che paralizzato l’intera nazione! E per dare loro una nuova speranza bisogna sostenerli nella loro lotta per un futuro migliore”.
Aiuto alla chiesa che soffre e altre realtà internazionali stanno ricostruendo i villaggi cristiani della piana di Ninive. A che punto è la ricostruzione?
“Senza il sostengo del Santo Padre Francesco e dei fedeli della Chiesa cattolica in generale, e le conferenze episcopali e le associazioni cattoliche in particolare come la Conferenza Episcopale Italiana, l’Aiuto alla Chiesa che soffre, e la Caritas, ecc. sarebbero restati solo villaggi cristiani distrutti e i cristiani sarebbero rimasti nei campi profughi o avrebbero tutti lasciato proprio il Paese! La ricostruzione continua, ma secondo me, è più importante ed urgente la creazione di una mentalità più pacifica e più accogliente, basata sui diritti umani! Senza quella tutto ciò che è stato ricostruito, con tanti sacrifici e donazioni, potrebbe crollare in un secondo come è accaduto con l’ultima invasione americana nel 2003, e ancora di nuovo con l’ultima invasione dell’ISIS nel 2014!”.
I cristiani posso contribuire alla pacificazione del Medio Oriente? La loro capacità di dialogo può unire sciiti e sunniti?
“I cristiani hanno contribuito sempre e continuano a contribuire alla pacificazione del Medio Oriente. E non rinunciano mai a questo principio, essendo un pilastro principale della loro fede. Secondo me, La visita del Santo Padre Francesco in Iraq è anche un apprezzamento di questo ruolo che al quale i cristiani del Medio Oriente sono rimasti fedeli. Quindi, accanto al Sommo Pontefice, i cristiani in Medio Oriente continuano a costruire i ponti di fratellanza”.
Cosa chiedete alla comunità internazionale?
“Alla comunità internazionale chiedo a nome delle vittime delle guerre di intervenire onestamente per il bene dei popoli del Medio Oriente, oppure di lasciarli in pace, invece di vendere le armi e fare lo sporco commercio con dei governi corrotti, per avere una goccia di più di petrolio a costo di un fiume di sangue innocente!”.