"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

1 luglio 2021

Il sinodo nelle Chiese orientali e la Sinodalità nella Chiesa universale


La Chiesa cattolica è alla vigilia di un percorso voluto da Papa Francesco, volto a riscoprire la sinodalità ed agevolare una maturazione individuale e comunitaria del Popolo di Dio.
La Chiesa per sua natura è sinodale. La Chiesa non è solo un complesso di organismi dicasteriali, ma è in primo luogo «il regno di Cristo già presente in mistero» (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 3), presenza del Risorto fra coloro che credono in Lui. Cristo è la base della Chiesa, è il suo capo, incessantemente la sostenta e per essa diffonde su tutti la verità e la grazia. La Sua presenza è garantita dallo Spirito Santo effuso il giorno di Pentecoste alla Chiesa nascente, che «la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, con i quali la dirige» (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 4). L’evangelista Giovanni ci rammenta che «lo Spirito […] guiderà alla verità tutta intera» (Gv. 16,13). La Chiesa sviluppa relazioni, partecipazione e comunione; essa educa ai valori spirituali, incarnandosi nelle diverse realtà umane e locali con responsabilità e fermezza, nonostante le difficoltà. La Chiesa non può restare immobile e cristallizzata; essa deve restare libera e muoversi come lo Spirito che soffia «dove vuole» (Gv. 3,8), rinnovandosi e camminando. È commovente vedere che i testi evangelici ci mostrano Cristo e gli Apostoli in camminano. Anche la Chiesa cammina e non si ferma. L’invito di Papa Francesco è un vero segno.

L’esperienza delle Chiese orientali
Il Sinodo delle Chiese orientali è una struttura canonica permanente attestata sin dai primi secoli. Il Codice dei canoni delle Chiese orientali distingue tra il sinodo permanente di una Chiesa patriarcale ed il Sinodo generale dei suoi Vescovi. La parola “sinodo” esprime la collegialità e l’unità della Chiesa.
Il Sinodo permanente è composto dal Patriarca e da quattro Vescovi nominati per un mandato di cinque anni (can. 115 § 1). Il Sinodo generale di tutti i Vescovi della Chiesa patriarcale è convocato una volta l’anno o quando se ne avverta il bisogno.
Le Chiese orientali svolgono i lavori del Sinodo in virtù della giurisdizione- autorità del Patriarca sulla propria Chiesa sui iuris, nella quale è Capo e Padre. Il sinodo è parimenti segno della condivisa responsabilità dei Vescovi col proprio Patriarca. Il Sinodo approfondisce e rafforza la centralità della Chiesa, salda i legami delle singole Eparchie fra loro e con la Sede patriarcale e la Sede di san pietro, rispettando la diversità nell’unità.
Il Sinodo è impegnato su diverse fronti, promulgando disposizioni ed assumendo decisioni per la retta amministrazione della Chiesa, individuando i candidati appropriati all’episcopato, salvaguardando il patrimonio liturgico del proprio rito, orientando i metodi pastorali ed educativi volti al bene dei fedeli ed in sintonia coi cambiamenti culturali e sociali. Si tratta di un impegno di “rinnovamento e riforma” posto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.
La Sinodalità è parimenti un tratto distintivo del cammino di tutta la Chiesa universale. Col successore di Pietro, la Chiesa agisce collegialmente, nonostante la grande varietà che compone la Chiesa cattolica, proprio al fine di costituire e formare la Comunità cristiana con sapienza e cura, con particolare attenzione alle future generazioni e permettere ad ogni fedele di vivere la propria fede hic et nunc, diffondendo ovunque amore e speranza.
Unità però non significa uniformità. Bisogna ammettere che il mondo e la società sono in continua evoluzione! Il rinnovamento è una esigenza da intraprendere per edificare i Cristiani ad essere testimoni di Cristo risorto. L’invito di Papa Francesco è un’occasione per preparare il cammino della Chiesa in modo analitico, partendo dall’unità più piccola (coinvolgendo ogni parrocchia, ogni diocesi, ogni conferenza episcopale) per giungere alla Chiesa universale.
Il sinodo del 2023 potrà essere l’occasione per riflettere concretamente una su orientamenti pastorali, programmi teologici e progetti amministrativi, partendo dalle concrete situazioni nella quale vive ed opera la Chiesa.
Il sinodo dei vescovi a Roma ogni tre anni è una forte espressione della sinodalità.
Le Chiese orientali possono godere della spiritualità promanante dalla sinodalità, nonché della metodologia applicata per la preparazione dei temi, ma al contempo la Chiesa occidentale può usufruire dell’esperienza delle antiche Chiese orientali
Come rendere più visibile la sinodalità
Per sostenere il desiderio del Santo Padre si ritiene auspicabile che ogni continente possa disporre di una sorta di sinodo permanente costituito da un numero ridotto di Vescovi provenienti da quell’area geografica. La Curia romana è un pregevole sostegno, ma la burocrazia risulta a volte defatigante e comporta tempi lunghi.
Si ritiene parimenti utile concedere maggiore autorità alle Conferenze episcopali affinché esse possano affrontare le sfide impegnative cui sono sottoposte quotidianamente, da affrontare ovviamente con un senso di responsabilità collegiale. Tutto ciò, potrà essere utile, solo agendo in sintonia col Santo Padre e ricordando costantemente il legame che ci unisce col Successore di Pietro.

Louis Raphael Card. Sako
Patriarca dei Caldei