"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

6 luglio 2021

Card. Sako: il papa e al-Sistani terreno di riconciliazione per un Iraq diviso


L’ultima criticità in ordine di tempo è “energetica, con black-out ripetuti e prolungati dell’elettricità che da giorni hanno colpito Baghdad e altre città del Paese. Vi sono gruppi di guerriglieri che attaccano le centrali, ma non si sa ancora da dove arrivano e da chi sono orchestrati”.
È un Iraq di luci e ombre quello raccontato ad AsiaNews dal patriarca caldeo, il card. Louis Raphael Sako, dove prosegue il dialogo interreligioso rafforzato dal viaggio apostolico di papa Francesco a marzo e dalla visita il 2 luglio scorso in Vaticano del primo ministro Mustafa Al-Kadhimi. Passi in avanti che non bastano a placare le tensioni, in attesa di capire quali saranno le ripercussioni della vittoria dell’ultra-conservatore Ebrahim Raisi alle presidenziali in Iran.
“La mancanza di elettricità è un problema grave - spiega il porporato - perché la temperatura è molto alta, fra i 43 e i 45 gradi con punte di 50 in alcune città e tutto è fermo. Senza corrente non arriva nemmeno l’acqua potabile, non funzionano i frigoriferi o un banale ventilatore”.
Il crollo nelle forniture è legato ad attacchi di miliziani alle centrali, che finiscono per “alimentare ansia, insicurezza e instabilità per il futuro. Le stesse elezioni politiche in programma a ottobre restano un punto interrogativo. Fino a che non si avrà una visione, un orizzonte comune, e non verranno appianate le tensioni fra Washington e Teheran, anche il futuro dell’Iraq sarà a rischio”.
La visita del papa ha alleviato in parte le sofferenze di una popolazione alle prese con numerosi problemi, emersi anche la scorsa settimana durante l’incontro con il premier iracheno in Vaticano.
“Sono occasioni - commenta il card. Sako - per la pace e la riconciliazione. Il capo del governo mostra buona volontà, vuole uno Stato forte, in cui vigono legge e diritto, ma serve di più. Gli scontri fra milizie creano forte tensione, i partiti politici agiscono ciascuno per il proprio interesse e non mostrano una strategia che sia di servizio al Paese. La sola cosa che hanno in mente è il potere e il denaro e, in questa situazione, la corruzione resta alta”.
Per il primate caldeo bisogna insistere sui temi del dialogo, del confronto fra le diverse fazioni che compongono la nazione e “non tutte vogliono il bene dell’Iraq”, mentre i cittadini “hanno perso la fiducia verso una classe dirigente sempre meno credibile”.
Il faccia a faccia fra il papa e il grande ayatollah al-Sistani si è rivelato “importante, ma ci vuole tempo. A questo servono gli incontri di questi mesi con personalità sciite e sunnite, con leader religiosi venuti in visita al patriarcato per continuare il percorso”.
Un primo elemento “può essere il turismo religioso, con l’organizzazione - spiega - di pellegrinaggi a Ur dei Caldei, patria di Abramo nostro padre comune, e centro di meditazione, di dialogo e di vita” che unisce cristiani, musulmani ed ebrei.
Anche per i cristiani, dall’invasione statunitense del 2003 a oggi “non si vede alcuna iniziativa concreta per aiutarli a mantenere la presenza. Ho chiesto alle autorità quali progetti vi siano per i luoghi di culto, le scuole e le abitazioni a Mosul e nella piana di Ninive” distrutte dalla guerra e dalle violenze confessionali, senza risposta. “Solo la Chiesa ha avviato restauri e ricostruzioni - spiega - con l’aiuto delle conferenze episcopali, delle agenzie internazionali di carità e delle nostre diocesi della diaspora. Per il ritorno dei cristiani servono idee, prospettive e, prima ancora, dignità”.
E perché questo possa avvenire è necessario che si risolvano le tensioni internazionali e si allenti la morsa del vicino Iran e delle milizie filo-sciite che operano sul territorio, sempre più attive anche nel nord, in quella piana di Ninive un tempo roccaforte cristiana. “Le violenze - conferma il primate caldeo - fanno male a entrambi i Paesi. Spero in un cambiamento positivo, soprattutto in un maggiore rispetto della sovranità tanto irakena, quanto iraniana. Che sia rafforzata la collaborazione a partire dal commercio e dal turismo religioso, ma sono molti gli ambiti da migliorare”.
Di certo vi è la maggiore visibilità garantita dalla visita del papa, perché ancora oggi “vi sono programmi alla televisione che ne parlano e si vedono poster per le strade con il pontefice e al-Sistani, o frasi del papa che inneggiano alla fratellanza”. “Questo aiuta i cristiani a essere più coraggiosi - conferma il primate caldeo - e a godere di maggiore rispetto. A livello di popolazione, la sua venuta ha cambiato la mentalità, essi non sono più visti come infedeli dai più, ma come fratelli. Il papa ha preparato il terreno, ora bisogna seminare e fare ulteriori passi per rafforzare la fratellanza”.
Un ultimo pensiero, il card. Sako lo rivolge proprio al pontefice argentino convalescente dopo l’intervento chirurgico: “Nelle messe - conclude - abbiamo pregato per la sua salute, perché il mondo ha bisogno del suo spirito profetico, della sua apertura, semplicità. La sua voce arriva sempre dove c’è un bisogno, dal Libano alla Palestina, dalla Siria al Myanmar”.