"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

14 gennaio 2021

Qaraqosh, una statua della Madonna sulla chiesa distrutta dall’Isis


Foto Ankawa.com

Questa mattina i cristiani di Qaraqosh, il più importante centro cristiano della piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, hanno celebrato la posa di una statua della Madonna sul campanile della chiesa siro-cattolica della Vergine Maria. Un luogo di culto caro ai fedeli della zona, distrutto dai miliziani dello Stato islamico (SI, ex Isis) durante il periodo dell’occupazione dalla seconda metà del 2014 che lo avevano incendiato e nel avevano devastato tutti i simboli cristiani presenti all’interno. La struttura è stata ricostruita negli ultimi anni grazie agli sforzi e all’impegno di tutta la comunità locale. 
“Il campanile di questa chiesa, la più grande della piana di Ninive, era stato raso al suolo ai tempi della liberazione, con un missile o una bomba, non si sa di preciso” racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles, nella piana di Ninive, nel nord dell’Iraq. “Del campanile - prosegue il sacerdote - era rimasta solo una parte, che è stata ricostruita e, questa è una novità, si è deciso di piazzare sulla sommità una statua della Madonna, come abbiamo fatto noi due anni fa a Karamles”.
La chiesa di Qaraqosh, nome mutuato dall’impero ottomano turco che i cristiani preferiscono chiamare con il nome aramaico di Bakhdida, è dedicata “all'Immacolata, alla purissima” spiega don Paolo, e per questo “al momento della ricostruzione si è voluto mettere anche una statua”. Ad eseguire l’opera, aggiunge, “è stato un artista cristiano locale, uno scultore chiamato Thabit Michael che ha realizzato in passato anche una statua della Madonna per la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad”, teatro della strage per mano di al-Qaeda nel 2010.
Nell’estate del 2014 l’Isis ha invaso Qaraqosh distruggendo le case, devastando le chiese, la biblioteca e gli altri luoghi di interesse della città. Decine di migliaia di famiglie hanno dovuto abbandonare in tutta fretta le loro abitazioni, in quello che è stato a lungo il centro cristiano più importante della piana di Ninive. La cittadina è stata liberata dal giogo jihadista due anni più tardi, nel 2016. Al rientro - ad oggi ancora parziale - le famiglie hanno trovato i segni dei saccheggi e delle devastazioni. Gli uomini del “Califfato” avevano bruciato o depredato la gran parte del patrimonio culturale e letterario; tuttavia, grazie all’impegno di organizzazioni caritative cristiane e di altre realtà, fra le quali la Chiesa siro-cattolica, nel settembre dello scorso anno ha riaperto la biblioteca che, in poco tempo, è diventata un punto di riferimento per la zona.
“L’evangelizzazione nella nostra terra, che aspetta la visita di papa Francesco” fra dubbi e incertezze, spiega il sacerdote, “passa anche attraverso l’arte che è fondamentale per mantenere l’identità. E il nostro Thabit Michael non è solo un vero artista, ma è anche un cristiano devoto alla propria terra, che vuole farla rinascere anche attraverso le sue opere. A lui si deve anche la statua della Madonna nella più antica e importante chiesa di Mosul, che tutti noi speriamo di ricostruire dopo che è stata devastata dall’Isis”. 
Oggi la situazione nella ex roccaforte del califfato e nella piana di Ninive per don Paolo è “tranquilla, si registrano alcuni movimenti ma nulla di preoccupante”. Anche la pandemia non ha interrotto la vita delle comunità, a Karamles da due mesi non si registrano casi e in tutta l’area i timori delle persone sono rivolti molto più alla crisi economica e alle difficoltà legate alla ricostruzione: “Per noi - conclude il sacerdote caldeo - la preoccupazione è rivolta all’inflazione, all’aumento dei prezzi e del rapporto fra dollaro e valuta locale. Tutto questo rende molto più difficile il compito di ricostruire e rappresenta un ulteriore incentivo alla fuga per i giovani, che non vedono nuove prospettive”.