"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

25 maggio 2016

Campagna "adotta un cristiano in Iraq" raggiunge 1,2 mln di Euro

By Radiovaticana

1,2 milioni di euro sono stati raccolti dalla Campagna lanciata dall’agenzia AsiaNews per i profughi irakeni fuggiti da Mosul, perché minacciati dello Stato islamico. Un progetto partito da mesi e che continua per sostenere migliaia di persone impegnate nella ricostruzione del Paese.
Massimiliano Menichetti ha parlato del progetto con padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, che inviata a continuare con le donazioni per arrivare all’obiettivo della campagna "Adotta un cristiano di Mosul” di 3 milioni e mezzo di euro:
    Semplicemente, è un modo cristiano di essere vicino ai profughi di Mosul. Siamo rimasti molto colpiti dalla processione, enorme e faticosa, di migliaia di persone – oltre 100 mila – scappate da Mosul per cercare di salvarsi. Allora, abbiamo chiesto ai vescovi iracheni che cosa potevamo fare e ci hanno risposto: “Aiutateci a farli mangiare”. La gente arrivava continuamente a ondate. E allora abbiamo lanciato questa cosa semplice: “Adotta un cristiano di Mosul”, cioè dai almeno cinque euro, che è la somma che serve per far mangiare una persona in una giornata. E devo dire che la risposta è stata veramente molto grande.
A chi sono andate queste donazioni?
La Chiesa le ha distribuite non solo ai cristiani, ma anche agli yazidi e ai musulmani – sciiti e sunniti – anche loro vittime di violenza e oppressione da parte del sedicente Stato islamico. E quindi, è stato anche un modo di aiutare la ricostruzione dell’unità dell’Iraq.
È una campagna che continuerà?
Di fatto continua, perché l’emergenza dei profughi di Mosul è ancora presente. All’inizio, magari, era soltanto un modo di aiutarli per il cibo, l’acqua o le medicine. Adesso, invece, è per aiutarli a costruire case o far nascere scuole. La cosa bella, quindi, è che questi profughi vogliono rimanere in Iraq, ricostruire.
Da dove sono fuggite esattamente queste persone, e dove sono adesso?
Sono fuggite da Mosul, dalla Piana di Ninive – occupata circa due anni fa dall’Is – e sono andate nel Kurdistan, che è l’unica zona un po’ più tranquilla dell’Iraq. Sono fuggite a Erbil, e anche nel nord del Kurdistan, sulle montagne. Per esempio, a Amadiya, Dohuk...
Si è creata in questa situazione una nuova fratellanza tra i rifugiati cristiani, musulmani e yazidi…
C’è di fatto una grande tradizione di convivenza in Iraq, basata sulla nazionalità e sull’essere parte della cultura araba. Questo ha portato a una facilità di rapporti e soprattutto, direi anche, a una grande generosità e apertura da parte dei cristiani della Chiesa, che tutti vedono in Iraq come la punta avanzata dello sviluppo, dell’apertura e la cultura araba irachena.
Questo ci fa vedere che in realtà l’Iraq non è un Paese di mere divisioni…
No, e penso che i cristiani siano resi obiettivo di questa guerra dal sedicente Stato islamico e che certi Stati del Golfo appoggino in modo diretto o indiretto l’Is, perché effettivamente annientando i cristiani si annienta l’unità dell’Iraq.