By L'Osservatore Romano in Il Sismografo blogspot
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Non è più il tempo delle divisioni, perché gli iracheni, a milioni, «stanno morendo a causa della povertà e delle malattie»: è un appello dai toni estremamente severi quello che il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, ha indirizzato alla classe politica e dirigente dell’Iraq. In un momento tra i più drammatici nella storia del Paese, il patriarca caldeo chiede ai politici «saggezza e calma» per dar vita a una «vera riconciliazione», in grado di mettere fine a «questo degrado economico, istituzionale e della sicurezza».Nei giorni scorsi, come è noto, migliaia di manifestanti, sostenitori del leader sciita Moqtada al-Sadr, hanno occupato parte della cosiddetta zona verde di Baghdad, dove si trovano le ambasciate e le massime istituzioni nazionali, per protestare contro le mancate riforme e l’immobilismo della politica. Alcuni manifestanti hanno anche assaltato il Parlamento e provocato danni a numerosi edifici. In risposta, il premier Haider al-Abadi, che da settimane tenta di costituire un esecutivo tecnico, ha ordinato al ministero dell’Interno di perseguire quanti «hanno attaccato le forze di sicurezza, i cittadini e i membri del Parlamento e vandalizzato le proprietà dello Stato».Una situazione complessa, dunque, alla quale si aggiungono i timori e le difficoltà degli iracheni che vivono nei territori caduti nelle mani delle milizie fondamentaliste. Una popolazione che provoca «sofferenze, povertà e miseria» sottolinea il patriarca che poi, rivolgendosi direttamente alle alte cariche dello Stato, scrive: «Tutti voi siete ben consapevoli del fallimento delle istituzioni governative, della costante violazione del diritto, del procrastinare la soluzione dei problemi e le riforme essenziali chieste a gran voce da tutto il popolo. Tutto questo è il risultato di un panorama politico diviso, che non ha saputo raggiungere una vera riconciliazione nazionale, a cui si aggiungono i conflitti di interesse e le ambizioni che sono emerse di recente in tutta la loro forza». Di qui, facendo affidamento soprattutto «alle nostre responsabilità umane, nazionali e morali», ecco l’appello indirizzato a tutti i politici iracheni affinché «compiano tutti gli sforzi possibili per una vera riconciliazione, per mettere fine a questo degrado economico, istituzionale e della sicurezza». In tal senso, si esortano tutte le parti in causa «a stare unite e a procedere con una visione chiara e con un progetto condiviso per liberare tutti i territori dell’Iraq e lavorare assieme per la pace e la stabilità nel Paese, per consentire il rientro di tutti gli sfollati nelle loro abitazioni». Non c’è più spazio, insomma, per gli inutili protagonismi e i comportamenti irresponsabili. «Adesso basta. Ne abbiamo abbastanza di divisioni e dispersioni» afferma il patriarca invitando i politici a «focalizzare l’attenzione sul futuro del vostro Paese, sul futuro dei vostri concittadini. Vostri fratelli, a milioni, stanno morendo a causa della povertà e delle malattie; gli iracheni si meritano di meglio rispetto a tutto questo».Quello del patriarca di Babilonia dei Caldei è soltanto l’ultimo dei tanti appelli che gli esponenti ecclesiastici iracheni hanno lanciato per richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione del Paese. Soltanto pochi giorni fa, come si ricorderà, il vescovo ausiliare Shlemon Warduni si era a lungo soffermato sulle complesse vicende irachene, definendo quello attuale come «il momento più basso» nella storia del Paese. Anche se, aveva precisato, «non possiamo dire di aver toccato il fondo», perché vi è il rischio che «la situazione precipiti sempre più». Il presule — in una dichiarazione all’agenzia AsiaNews — aveva inoltre rilevato come «nessuno riesca davvero a capire cosa stia succedendo e nemmeno a prevedere cosa accadrà nel futuro».
Negli ultimi mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, nella capitale sono aumentate le forme di aperto dissenso pubblico e le manifestazioni di piazza contro politica e istituzioni dello Stato che sembrano incapaci di arginare fino in fondo la corruzione. Proprio la corruzione, ormai endemica, ha svuotato le risorse economiche già prosciugate dal calo dei guadagni delle attività petrolifere. E la popolazione è «molto stanca» per mancanza di lavoro, di risorse, di prospettive.