By Radiovaticana
Lo Yemen verso una guerra civile. I ribelli sciiti Houti, che già controllano la capitale Sana'a e il nord del Paese, hanno lanciato un’offensiva verso sud e l'est. Il deposto capo di stato, Hadi, dalla città di Aden ha denunciato l’ingerenza dell’Iran, chiedendo aiuto all’Onu e al Consiglio di cooperazione del Golfo. Ci si chiede quanto il caos istituzionale e le lotte di potere nello Yemen possano avvantaggiare al Qaeda e favorire l’avanzata del sedicente Stato islamico nell’area mediorientale e del Nord Africa.
Roberta Gisotti ha intervistato padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
Lo Stato islamico sta cercando ovunque ci siano dei problemi di creane di nuovi e di dominare man mano le varie regioni del Medio Oriente. Oltre alla Siria e l’Iraq, che erano lo scopo primario, sono poi passati alla Libia. E adesso, vedendo che c’era una lotta nello Yemen tra il governo e gli sciiti, ne approfittano anche lì, così come in Tunisia, dove ci sono tanti turisti e prima c’era un governo filo-islamista e adesso siamo tornati alla situazione precedente. Cercano di sollevare problemi ovunque possono. Vuol dire che hanno anche squadre locali pronte a saltare in aria per dire: "Siamo dappertutto, siamo i più forti, siamo i più barbari, non temiamo niente".
Lei pensa che la realtà del sedicente Stato islamico sia stata e tuttora venga sottovalutata dalla comunità internazionale?
La comunità internazionale non può fare molto, in realtà, perché si tratterebbe prima di attuare un controllo assoluto di tutti questi Paesi arabi. E questo la comunità non lo può fare. Se domani attaccano in Marocco e il Marocco non è preparato, il mondo non può sostituirsi all’insieme della regione. L’altra cosa è che con il sistema adoperato, essendo quello dei kamikaze, non si può prevedere nulla: un kamikaze si presenta come una persona ordinaria solo che porta in sé la bomba che fa saltare lui con altre persone. Può andare dove c’è folla, nelle moschee, nelle chiese, in un supermarket, laddove c’è molta gente è più contento. Siamo in una situazione di pazzia!
Ma è da escludere in ogni caso l’uso della forza nei territori che sono già stati occupati e sotto il controllo delle forze dell’Is?
Il problema è quale tipo di forza, perché usare aerei che bombardano non si può. Loro si sono infatti mescolati in mezzo ai quartieri, in qualunque posto, e lo fanno apposta perché sanno che così le forze aeree non oseranno attaccare. Ed è giusto perché se per uccidere un kamikaze dobbiamo uccidere una decina di persone è impensabile, è disumano. L’unico modo è la lotta a terra, uno contro uno. E’ quello che stanno facendo e provano a fare i curdi, qualche gruppuscolo di assiri, per difendersi contro questi selvaggi disumani e lo fanno rischiando la propria vita. E’ difficile per la comunità internazionale intervenire militarmente. Ciò che può fare è sostenere le comunità locali con mezzi, apparecchi, ecc...
Quindi, c’è veramente da stare preoccupati?
Sì, ma d’altra parte non c’è da esagerare il loro potere, perché la loro forza è il fatto che non hanno nessuno scrupolo e che possono attaccare ovunque, quando vogliono, chiunque.
Ma non si può pensare che stiamo a guardare quello che succede...
Prima di tutto, un aiuto sarebbe, per quanto possibile, non dare possibilità di armarsi a questa gente e questo tocca prima di tutto ai Paesi del Medio Oriente. Le armi vengono dall’Occidente, l’Oriente non ne produce, ma gli Stati arabi sono pronti a comprare, almeno i Paesi ricchi. E probabilmente alcuni dei Paesi danno anche armi all’Is.
Quindi, una risposta dobbiamo aspettarcela all’interno del mondo musulmano…
Deve venire dal mondo musulmano, certamente. Quello che cominciano a dire, anche gli imam importanti: "Dobbiamo fare una rivoluzione nell’interpretare il Corano, dobbiamo ripensare tutto l’islam per il mondo di oggi", cominciando con le classi elementari, fino all’università e fino alle facoltà di teologia... Ci vorrà tempo, però è da cominciare oggi.
Lo Yemen verso una guerra civile. I ribelli sciiti Houti, che già controllano la capitale Sana'a e il nord del Paese, hanno lanciato un’offensiva verso sud e l'est. Il deposto capo di stato, Hadi, dalla città di Aden ha denunciato l’ingerenza dell’Iran, chiedendo aiuto all’Onu e al Consiglio di cooperazione del Golfo. Ci si chiede quanto il caos istituzionale e le lotte di potere nello Yemen possano avvantaggiare al Qaeda e favorire l’avanzata del sedicente Stato islamico nell’area mediorientale e del Nord Africa.
Roberta Gisotti ha intervistato padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
Lo Stato islamico sta cercando ovunque ci siano dei problemi di creane di nuovi e di dominare man mano le varie regioni del Medio Oriente. Oltre alla Siria e l’Iraq, che erano lo scopo primario, sono poi passati alla Libia. E adesso, vedendo che c’era una lotta nello Yemen tra il governo e gli sciiti, ne approfittano anche lì, così come in Tunisia, dove ci sono tanti turisti e prima c’era un governo filo-islamista e adesso siamo tornati alla situazione precedente. Cercano di sollevare problemi ovunque possono. Vuol dire che hanno anche squadre locali pronte a saltare in aria per dire: "Siamo dappertutto, siamo i più forti, siamo i più barbari, non temiamo niente".
Lei pensa che la realtà del sedicente Stato islamico sia stata e tuttora venga sottovalutata dalla comunità internazionale?
La comunità internazionale non può fare molto, in realtà, perché si tratterebbe prima di attuare un controllo assoluto di tutti questi Paesi arabi. E questo la comunità non lo può fare. Se domani attaccano in Marocco e il Marocco non è preparato, il mondo non può sostituirsi all’insieme della regione. L’altra cosa è che con il sistema adoperato, essendo quello dei kamikaze, non si può prevedere nulla: un kamikaze si presenta come una persona ordinaria solo che porta in sé la bomba che fa saltare lui con altre persone. Può andare dove c’è folla, nelle moschee, nelle chiese, in un supermarket, laddove c’è molta gente è più contento. Siamo in una situazione di pazzia!
Ma è da escludere in ogni caso l’uso della forza nei territori che sono già stati occupati e sotto il controllo delle forze dell’Is?
Il problema è quale tipo di forza, perché usare aerei che bombardano non si può. Loro si sono infatti mescolati in mezzo ai quartieri, in qualunque posto, e lo fanno apposta perché sanno che così le forze aeree non oseranno attaccare. Ed è giusto perché se per uccidere un kamikaze dobbiamo uccidere una decina di persone è impensabile, è disumano. L’unico modo è la lotta a terra, uno contro uno. E’ quello che stanno facendo e provano a fare i curdi, qualche gruppuscolo di assiri, per difendersi contro questi selvaggi disumani e lo fanno rischiando la propria vita. E’ difficile per la comunità internazionale intervenire militarmente. Ciò che può fare è sostenere le comunità locali con mezzi, apparecchi, ecc...
Quindi, c’è veramente da stare preoccupati?
Sì, ma d’altra parte non c’è da esagerare il loro potere, perché la loro forza è il fatto che non hanno nessuno scrupolo e che possono attaccare ovunque, quando vogliono, chiunque.
Ma non si può pensare che stiamo a guardare quello che succede...
Prima di tutto, un aiuto sarebbe, per quanto possibile, non dare possibilità di armarsi a questa gente e questo tocca prima di tutto ai Paesi del Medio Oriente. Le armi vengono dall’Occidente, l’Oriente non ne produce, ma gli Stati arabi sono pronti a comprare, almeno i Paesi ricchi. E probabilmente alcuni dei Paesi danno anche armi all’Is.
Quindi, una risposta dobbiamo aspettarcela all’interno del mondo musulmano…
Deve venire dal mondo musulmano, certamente. Quello che cominciano a dire, anche gli imam importanti: "Dobbiamo fare una rivoluzione nell’interpretare il Corano, dobbiamo ripensare tutto l’islam per il mondo di oggi", cominciando con le classi elementari, fino all’università e fino alle facoltà di teologia... Ci vorrà tempo, però è da cominciare oggi.