By Vatican Insider - La Stampa
Giorgio Bernardelli
Giorgio Bernardelli
Approda al Consiglio di sicurezza dell’Onu la situazione dei
cristiani perseguitati in Medio Oriente. Per venerdì mattina a New York è
convocata una sessione del massimo organismo delle Nazioni Unite che -
su proposta della Francia, attuale presidente di turno del Consiglio -
dibatterà la condizione delle minoranze nella regione sconvolta dalle
violenze dei fondamentalisti islamici. Per portare la testimonianza sul
dramma specifico che stanno vivendo i cristiani dell’Iraq, a Palazzo di
vetro per questo appuntamento è atteso anche il patriarca dei caldei,
Raphael Sako.
L’intenzione di convocare una sessione del Consiglio di sicurezza sul tema delle minoranze perseguitate in Medio Oriente era stata annunciata all’inizio del mese dal ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, durante una visita a Rabat. Erano i giorni immediatamente successivi alla strage dei copti in Libia. Il 13 marzo poi - a rilanciare ulteriormente il tema - è arrivata la dichiarazione congiunta presentata da Vaticano, Russia e Libano al Consiglio per i diritti umani di Ginevra e sottoscritta da 65 Paesi membri dell’Onu. «Chiediamo alla comunità internazionale - si legge nel testo - di sostenere la presenza di tutte le comunità etniche e religiose che hanno profonde radici storiche in Medio Oriente». Comunità «che vedono minacciata la loro stessa esistenza dal cosiddetto Stato Islamico (Daesh) da al Qaida e dai gruppi terroristici affiliati, sconvolgendo la vita di tutte queste comunità e creando il rischio di una scomparsa totale dei cristiani».
Il dibattito al Consiglio di sicurezza dell’Onu sarà il primo in assoluto dedicato alla persecuzione dei cristiani. E arriva dopo che più volte in questi mesi le comunità cristiane locali hanno denunciato la mancanza di risposte da parte della comunità internazionale. Proprio dall’Iraq - in queste ultime settimane - sono giunte nuovamente le immagini delle croci abbattute dalle chiese e di antichissimi monasteri fatti saltare in aria dal cosiddetto Stato Islamico.
Il tutto mentre da ormai più di nove mesi migliaia di cristiani costretti a fuggire in fretta e furia da Mosul e dalla Piana di Ninive senza poter portare nulla con sé si trovano a vivere in condizioni insostenibili in Kurdistan. Ed è un problema che va anche al di là della questione contingente del Califfato: appena qualche giorno fa, intervenendo davanti al parlamento, proprio il patriarca Sako ha chiesto alle autorità irachene il varo di una legge per perseguire penalmente i predicatori religiosi che istigano alla violenza. E ha anche espresso profonda preoccupazione per le nuove migliaia di famiglie innocenti che oggi si trovano senza alcuna assistenza a dover fuggire dalle aree che l’esercito iracheno, con l’appoggio delle milizie iraniane, sta cercando di strappare allo Stato islamico.
L’intenzione di convocare una sessione del Consiglio di sicurezza sul tema delle minoranze perseguitate in Medio Oriente era stata annunciata all’inizio del mese dal ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, durante una visita a Rabat. Erano i giorni immediatamente successivi alla strage dei copti in Libia. Il 13 marzo poi - a rilanciare ulteriormente il tema - è arrivata la dichiarazione congiunta presentata da Vaticano, Russia e Libano al Consiglio per i diritti umani di Ginevra e sottoscritta da 65 Paesi membri dell’Onu. «Chiediamo alla comunità internazionale - si legge nel testo - di sostenere la presenza di tutte le comunità etniche e religiose che hanno profonde radici storiche in Medio Oriente». Comunità «che vedono minacciata la loro stessa esistenza dal cosiddetto Stato Islamico (Daesh) da al Qaida e dai gruppi terroristici affiliati, sconvolgendo la vita di tutte queste comunità e creando il rischio di una scomparsa totale dei cristiani».
Il dibattito al Consiglio di sicurezza dell’Onu sarà il primo in assoluto dedicato alla persecuzione dei cristiani. E arriva dopo che più volte in questi mesi le comunità cristiane locali hanno denunciato la mancanza di risposte da parte della comunità internazionale. Proprio dall’Iraq - in queste ultime settimane - sono giunte nuovamente le immagini delle croci abbattute dalle chiese e di antichissimi monasteri fatti saltare in aria dal cosiddetto Stato Islamico.
Il tutto mentre da ormai più di nove mesi migliaia di cristiani costretti a fuggire in fretta e furia da Mosul e dalla Piana di Ninive senza poter portare nulla con sé si trovano a vivere in condizioni insostenibili in Kurdistan. Ed è un problema che va anche al di là della questione contingente del Califfato: appena qualche giorno fa, intervenendo davanti al parlamento, proprio il patriarca Sako ha chiesto alle autorità irachene il varo di una legge per perseguire penalmente i predicatori religiosi che istigano alla violenza. E ha anche espresso profonda preoccupazione per le nuove migliaia di famiglie innocenti che oggi si trovano senza alcuna assistenza a dover fuggire dalle aree che l’esercito iracheno, con l’appoggio delle milizie iraniane, sta cercando di strappare allo Stato islamico.