Un invito a venire in Iraq e la certezza di una piena partecipazione alla difficile situazione dei cristiani che vivono in quel Paese. È ciò che il nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei, mons. Louis Sako, ha riportato dell’udienza avuta due giorni fa con Papa Francesco in Vaticano.
Al microfono di Helen Destombes, il presule descrive l’incontro col Pontefice e le aspettative legate al suo ministero :
Ho sentito la sua bontà, una bontà molto grande, e uno spirito che si impone, che si riflette, senza bisogno di parlare. Io sono andato per chiedergli soltanto se nel suo discorso avrebbe menzionato i musulmani, perché questo ci aiuta a vivere insieme, a cambiare le cose come pastori, che vivono le stesse preoccupazioni, le stesse aspirazioni. Già il suo nome mi diceva molto e allora gli ho detto che San Francesco è venuto in Medio Oriente e ha incontrato i musulmani. Quindi ho aggiunto: “Io la invito a fare la stessa cosa. Noi abbiamo bisogno di lei, della sua vicinanza, del suo incoraggiamento per rimanere lì a testimoniare i valori evangelici”. E lui ha detto: “Certo, certo, verrò”. Poi, mi ha rivolto delle domande sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, anche in Iraq.
Ascoltandola si ha la sensazione che ci sia stato uno scambio di estrema fraternità, di estrema vicinanza…
Sì. Ci sono delle similitudini. E’ stato chiamato dall’Argentina e subito ho pensato: “Ha un’esperienza con i poveri; il nostro è un Paese ricco, ma è stato sfruttato come l’America Latina. La guerra ha lasciato molti poveri, orfani, vedove…”. Quindi, gli ho detto che abbiamo avuto molti martiri. E lui ha espresso tutto il suo dolore. Io gli ho detto: “Noi siamo perseguitati, ma siamo molto forti. Dentro di noi abbiamo la pace e la gioia”. E lui: “Questa è la fede”. Gli ho anche espresso che essere Papa non è soltanto avere una carica, ma credo che sia anzitutto una vocazione, una chiamata del Signore. Mi ha detto: “Sono pienamente d’accordo”. Alla fine mi ha detto di pregare per lui e io di rimando: “Anche io ho bisogno della sua preghiera. Noi pregheremo tutti per lei, affinché resti sempre com’è: un uomo che porta la luce di Dio, la parola del Vangelo, un uomo profetico. Noi abbiamo bisogno di un uomo che sia profeta per il nostro tempo, per la gente, che dia un senso alla vita e soprattutto tanta speranza.
Un uomo che viene dall’America del Sud, un argentino, per evangelizzare in particolare l’Europa
Non so se sia solo l’Europa. Credo anzitutto per evangelizzare la Chiesa cattolica: quando la Chiesa cattolica è evangelizzata, può allora aiutare gli altri a rivedere il senso della loro vita e riscoprire la propria identità: chi sono? Cosa cerco? Questo è molto importante e Papa Francesco in questo ci può aiutare. E’ necessario rivedere con molta sincerità la nostra vita, entrare in noi stessi in profondità e vedere cosa facciamo, chi siamo: perché siamo qui come preti, come vescovi, come patriarchi o cardinali? Che cosa Dio si aspetta da noi e cosa la gente si aspetta da noi? Questo per ritrovare, per riscoprire la nostra missione che è molto dinamica e molto esigente.
Al microfono di Helen Destombes, il presule descrive l’incontro col Pontefice e le aspettative legate al suo ministero :
Ho sentito la sua bontà, una bontà molto grande, e uno spirito che si impone, che si riflette, senza bisogno di parlare. Io sono andato per chiedergli soltanto se nel suo discorso avrebbe menzionato i musulmani, perché questo ci aiuta a vivere insieme, a cambiare le cose come pastori, che vivono le stesse preoccupazioni, le stesse aspirazioni. Già il suo nome mi diceva molto e allora gli ho detto che San Francesco è venuto in Medio Oriente e ha incontrato i musulmani. Quindi ho aggiunto: “Io la invito a fare la stessa cosa. Noi abbiamo bisogno di lei, della sua vicinanza, del suo incoraggiamento per rimanere lì a testimoniare i valori evangelici”. E lui ha detto: “Certo, certo, verrò”. Poi, mi ha rivolto delle domande sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, anche in Iraq.
Ascoltandola si ha la sensazione che ci sia stato uno scambio di estrema fraternità, di estrema vicinanza…
Sì. Ci sono delle similitudini. E’ stato chiamato dall’Argentina e subito ho pensato: “Ha un’esperienza con i poveri; il nostro è un Paese ricco, ma è stato sfruttato come l’America Latina. La guerra ha lasciato molti poveri, orfani, vedove…”. Quindi, gli ho detto che abbiamo avuto molti martiri. E lui ha espresso tutto il suo dolore. Io gli ho detto: “Noi siamo perseguitati, ma siamo molto forti. Dentro di noi abbiamo la pace e la gioia”. E lui: “Questa è la fede”. Gli ho anche espresso che essere Papa non è soltanto avere una carica, ma credo che sia anzitutto una vocazione, una chiamata del Signore. Mi ha detto: “Sono pienamente d’accordo”. Alla fine mi ha detto di pregare per lui e io di rimando: “Anche io ho bisogno della sua preghiera. Noi pregheremo tutti per lei, affinché resti sempre com’è: un uomo che porta la luce di Dio, la parola del Vangelo, un uomo profetico. Noi abbiamo bisogno di un uomo che sia profeta per il nostro tempo, per la gente, che dia un senso alla vita e soprattutto tanta speranza.
Un uomo che viene dall’America del Sud, un argentino, per evangelizzare in particolare l’Europa
Non so se sia solo l’Europa. Credo anzitutto per evangelizzare la Chiesa cattolica: quando la Chiesa cattolica è evangelizzata, può allora aiutare gli altri a rivedere il senso della loro vita e riscoprire la propria identità: chi sono? Cosa cerco? Questo è molto importante e Papa Francesco in questo ci può aiutare. E’ necessario rivedere con molta sincerità la nostra vita, entrare in noi stessi in profondità e vedere cosa facciamo, chi siamo: perché siamo qui come preti, come vescovi, come patriarchi o cardinali? Che cosa Dio si aspetta da noi e cosa la gente si aspetta da noi? Questo per ritrovare, per riscoprire la nostra missione che è molto dinamica e molto esigente.