"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 agosto 2010

Il Governo iracheno punta sui cristiani per la ricostruzione

By Zenit, 19 agosto 2010

Per poter risorgere l'Iraq non può fare a meno dei cristiani, per questo il Governo si è impegnato ad assicurare loro un futuro. Ad affermarlo in una nota inviata alla stampa è l'ambasciatore dell’Iraq presso la Santa Sede, Habbeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr.

Il neo ambasciatore, che ha presentato le lettere credenziali nel luglio scorso, ha rivelato di aver chiesto al Papa “di spronare i cristiani affinché facciano ritorno nel loro paese con animo pronto alla sua ricostruzione, essendo la parte culturale, tecnica ed economica di cui l’Iraq non può fare a meno nella sua ricrescita”.
“Da parte sua – ha aggiunto – il Governo si è impegnato con quanti faranno ritorno, a ridare loro un lavoro, un terreno per ricostruire la casa e un milione e mezzo di dinari iracheni”.
“L’attuale Costituzione irachena – ha continuato poi – ha sancito la totale uguaglianza nei diritti per i cristiani, ha anche concesso loro la possibilità, lì dove lo volessero, di creare una regione a statuto speciale come quella del Kurdistan, dove poter adottare la lingua Siriaca o Aramaica come ufficiale”.
“Quanto alla legge sulle elezioni – ha sottolineato ancora –, sono stati predisposti cinque seggi parlamentari per i cristiani, oltre le eventuali cariche a livello regionale o provinciale”.
“I cristiani iracheni – ha spiegato poi l'ambasciatore – oggi godono pienamente della libertà di culto come anche di diritti civili e politici: molti di loro sono pienamente inseriti nel mondo politico ricoprendo cariche importanti sia in parlamento che nei ministeri (dell’industria, diritti umani), di recente sono stati nominati tre ambasciatori”.
Inoltre, “i cristiani hanno ed esercitano libertà di stampa e informazione nelle loro lingue, prova ne è la presenza dei canali televisivi cristiani come, ashur, ishtar e altri”.
Habbeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadr ha poi ricordato che dopo la caduta della dittatura di Saddam Hussein, il Governo ha dato vita ad una sovrintendenza cristiana indipendente “tesa alla conservazione del patrimonio cristiano e a tal fine, ogni anno sono stanziate considerevoli somme di danaro. Ogni anno anche decine di nostri figli sono mandati a Roma per studiare le diverse scienze teologiche per poi tornare come sacerdoti nelle diverse chiese irachene di appartenenza”.
“Incentivare il turismo, anche religioso, è tra i progetti della Sovrintendenza
– ha fatto sapere -: uno di questi è l’organizzazione di un pellegrinaggio a Ur, la città natale di Abramo. Altro grande progetto e desiderio di collaborazione tra il Governo e la Santa Sede è la visita di Papa Benedetto XVI”.
Tutto questo al fine di garantire “la tutela e il mantenimento dell’intero patrimonio artistico culturale dei cristiani d’Iraq”.
Nell'affrontare invece la questione della violenza anticristiana, l'ambasciatore ha affermato che a suo avviso “i terroristi hanno capito che il sangue dei musulmani iracheni che hanno lasciato scorrere come fiumi, non è poi così interessante per i mass media occidentali”.
Per questa ragione e “dal momento che desiderano attirare lo sguardo del mondo intero sulle loro orribili azioni, solo per affermare la loro esistenza, e dire al mondo intero che la democrazia non prenderà mai piede in Iraq, sono giunti a colpire i cristiani in maniera sistematica avendo compreso che questa è la via più veloce per farli giungere al loro traguardo”.
“In questo meccanismo – ha criticato l'ambasciatore – senza volerlo, i mass media e le organizzazioni occidentali hanno retto il gioco dei terroristi, interessandosi ai cristiani, al loro futuro e al mancato sviluppo della società, quindi accendendo i riflettori sulle opere terroristiche”.
Inoltre, “i primi a condannare tutti gli attentati contro i cristiani sono sempre stati gli iracheni di tutte le comunità che compongono il paese, e tale posizione non sgorga solo da una posizione nazionale ma anche dalla stessa religione islamica che in sé già proibisce l’uccisione ingiustificata di un innocente”.
“Per cui
– ha sottolineato – legare il terrorismo all’islam è un preconcetto sbagliato e un giudizio illogico che i mass media occidentali alimentano sottolineando soltanto l’operato dei gruppi fondamentalisti, senza far parola alcuna della bontà delle azioni e vita comunitaria di tanti altri musulmani che vivono pacificamente tra non musulmani desiderosi di aprirsi all’altro”.
L'ambasciatore ha successivamente rivolto una critica contro le politiche occidentali che “creano un terreno per loro fertile allorquando entrano nelle questioni arabe e islamiche smarrendo il buon senso: come nel caso dei continui soprusi di Israele nei riguardi dei palestinesi e della striscia di Gaza, sottoposti a continue invasioni e lesioni dei diritti umani”.
“D’altra parte l’Occidente
– ha continuato –, se tace su questioni del genere, è pronto ad allarmarsi quando una città o paese islamico fa menzione del desiderio di sviluppare il nucleare anche solo a scopi pacifici, chiudendo gli occhi di fronte al fatto che Israele detiene 200 testate nucleari pronte all’uso”.
“Come non può tale situazione favorire la diffusione dell’ 'ideologia fondamentalista'?”,
si chiede.
A questo proposito l'ambasciatore ha quindi invocato da parte di tutti i governi alcune soluzioni risolutive per contrastare il fondamentalismo: “seccare le sue fonti economiche e di pensiero”; “abbattere il muro di separazione tra le nazioni ricche e quelle povere aiutando queste ad uscire dall’ignoranza, dalla sofferenza, dalla malattia e disoccupazione terreno fertile per i terroristi”; “arrestare la messa in atto di politiche a doppia faccia da parte delle grandi potenze lì dove si parla di questioni arabe e islamiche”.
Il rappresentante iracheno ha infine sottolineato la necessità di “promuovere un vero e fruttuoso dialogo tra le diverse culture e religioni ponendo l’accento sulle comunanze e le diversità” per affrontare le sfide del secolo tra cui il terrorismo, la non credenza, le divisioni familiari, le problematiche ambientali e l’emergente crisi dell’acqua.
“Fino a quando non ci sarà questo quadro di valore
– ha concluso – non ci sarà una posizione unitaria contro le minacce mondiali di oggi incarnate nel radicalismo e fondamentalismo e non ci sarà una posizione unitaria contro qualsiasi altro problema mondiale”.