Intervista a Padre Paul Rabban di Baghdadhope
Si apre stamani a Stoccolma la Iraq Annual Review Conference dedicata alla valutazione dei risultati conseguiti in Iraq nei campi delle riforme economiche e del consolidamento delle istituzioni democratiche ad un anno dall’adozione dell’International Compact with Iraq, un piano quinquennale di sviluppo del paese mediorentale.
Un altro argomento in discussione saranno però i rifugiati iracheni che nel paese nordico sono ormai presenti a decine di migliaia. Proprio del problema dei rifugiati hanno infatti parlato negli scorsi giorni sia il Primo Ministro Svedese, Fredrik Reinfeldt, sia Anders Lago, il sindaco di Sodertalje, la cittadina che più di altre si è in questi anni dimostrata pronta ad accogliere decine di migliaia di disperati. Entrambi hanno definito come “ingiusto” il fatto che sia la Svezia a sopportare il maggior peso di questo esodo biblico, ed il Primo Ministro ha dichiarato di voler affrontare l’argomento con il Segretario di Stato americano Condoleeza Rice che sarà presente alla conferenza visto che, mentre la Svezia – che non ha partecipato al conflitto del 2003 – ha accolto almeno 40000 iracheni da quell’anno, gli Stati Uniti ne hanno accolti 1600 nel corso dell’anno fiscale 2007 e si sono dichiarati disponibili ad accoglierne solo 12000 per quello 2008, anche se nei primi quattro mesi sono stati rilasciati solo 1332 permessi. Un’ evidente sproporzione che certamente sarà dibattuta a Stoccolma da dove arriverà anche la richiesta – già fatta in passato – all’Unione Europea di intervenire per dividere il peso che la Svezia sta sostenendo.
L’argomento rifugiati tocca particolarmente la comunità irachena cristiana visto che proprio ad essa appartengono moltissime persone fuggite in questi anni dal paese natio che si sono aggiunte a quelle arrivate nel paese scandinavo già da decenni a causa delle guerre, dell’embargo e della dittatura.
Una comunità non priva di problemi che trova nei correligionari già presenti sul territorio svedese, ma anche nelle chiese, dei preziosi punti di riferimento non solo per i processi di integrazione sociale quanto anche per mantenere il senso stesso di entità comunitaria anche se in diaspora.
All’interno di questa comunità un numero cospicuo di persone appartiene alla Chiesa Cattolica Caldea che in Svezia ha tre centri di riferimento principali e tre sacerdoti che li guidano: Padre Samir Dawood, Padre Maher Malko e Padre Paul Rabban.
E’ proprio Padre Paul Rabban, sacerdote della comunità caldea di Eskilstuna, ad ovest di Stoccolma, a raccontare a Baghdadhope della Santa Messa in rito caldeo presieduta da Monsignor Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede e Visitatore Apostolico in Europa, che ieri si è tenuta nella cattedrale cattolica di Saint Eric a Stoccolma. Alla cerimonia hanno partecipato il Nunzio Apostolico per i paesi scandinavi, Monsignor Paul Tscherrig, il vescovo dell’unica diocesi cattolica romana nel paese, quella di Stoccolma, Monsignor Anders Arborelius, tre sacerdoti caldei che risiedono in Svezia: Padre Paul Rabban, Padre Maher Malko ed il monaco Padre Fadi Esho, un sacerdote svedese, un indiano di rito siro mala barese che è il cappellano della stessa cattedrale, ed il responsabile per i cristiani orientali in Svezia, l’Archimandrita di rito bizantino Padre Mathias Graham.
Padre Paul Rabban ha raccontato a Baghdadhope come la Santa Messa tenuta alla vigilia della conferenza di domani sia stata dedicata alla preghiera rivolta al Signore perché illumini le menti ed i cuori dei partecipanti affinché agiscano per il bene di tutti, non solo degli iracheni, e perché mettano da parte gli interessi particolari e collaborino per la pace.
Pace che è stata evocata da Monsignor Paul Tscherrig che ha ricordato quanto essa sia nei pensieri e nelle preghiere di Papa Benedetto XVI che sempre l’ha invocata per la martoriata terra irachena. E proprio sulla situazione in Iraq, e su uno dei suoi effetti più nefasti – la fuga dal paese – si è incentrato il discorso di Monsignor Anders Arborelius che ha sottolineato come la Svezia sia da esso toccato, sia dal punto di vista umano, sia per i risvolti pratici che un’emigrazione così cospicua in un così breve lasso di tempo ha creato. Monsignor Philip Najim ha invece dedicato le sue parole alle sofferenze degli iracheni cristiani che per quanto enormi non saranno la causa del dissolvimento della comunità in patria perché, come le altre volte in passato, essa si dimostrerà più forte delle avversità. “Gli iracheni cristiani” ha detto Monsignor Najim “non hanno paura anche se la storia si ripete, ma chiedono fortemente che venga combattuto il terrorismo e che ogni sforzo si compia perché in Iraq ritorni la pace.”
Una pace che, a guardare indietro nel tempo, nessun abitante di quel paese ricorda se non legata a brevi periodi.
Padre Paul Rabban ha raccontato a Baghdadhope come la Santa Messa tenuta alla vigilia della conferenza di domani sia stata dedicata alla preghiera rivolta al Signore perché illumini le menti ed i cuori dei partecipanti affinché agiscano per il bene di tutti, non solo degli iracheni, e perché mettano da parte gli interessi particolari e collaborino per la pace.
Pace che è stata evocata da Monsignor Paul Tscherrig che ha ricordato quanto essa sia nei pensieri e nelle preghiere di Papa Benedetto XVI che sempre l’ha invocata per la martoriata terra irachena. E proprio sulla situazione in Iraq, e su uno dei suoi effetti più nefasti – la fuga dal paese – si è incentrato il discorso di Monsignor Anders Arborelius che ha sottolineato come la Svezia sia da esso toccato, sia dal punto di vista umano, sia per i risvolti pratici che un’emigrazione così cospicua in un così breve lasso di tempo ha creato. Monsignor Philip Najim ha invece dedicato le sue parole alle sofferenze degli iracheni cristiani che per quanto enormi non saranno la causa del dissolvimento della comunità in patria perché, come le altre volte in passato, essa si dimostrerà più forte delle avversità. “Gli iracheni cristiani” ha detto Monsignor Najim “non hanno paura anche se la storia si ripete, ma chiedono fortemente che venga combattuto il terrorismo e che ogni sforzo si compia perché in Iraq ritorni la pace.”
Una pace che, a guardare indietro nel tempo, nessun abitante di quel paese ricorda se non legata a brevi periodi.
Per quanto riguarda la conferenza di domani stupisce come, pur essendo il tema dei rifugiati se non in agenda perlomeno importante, nessun rappresentante, - laico o religioso – della comunità irachena in Svezia sia stato invitato.
Per ora, secondo notizie ufficiose, si sa solo che una volta terminati i lavori il Primo Ministro iracheno Nuri Al Maliki potrebbe incontrare alcuni iracheni che vivono nel paese, si dice anche un gruppo di rappresentanti della comunità cristiana.