Alcuni giorni fa i fedeli caldei di tutti il mondo sono stati invitati dal loro Patriarca, Mar Emmanuel III Delly, a contenere il più possibile le celebrazioni del Natale, un invito che, come ha aggiunto il Vicario Patriarcale, Monsignor Shleimun Warduni, è anche "atto di solidarietà con i fedeli della altre religioni, specialmente i musulmani."
Le parole di Monsignor Warduni sono molto simili a quelle pronunciate da Ali Abdul Rahim, un religioso sciita di Najaf che il mese scorso ha partecipato ad una riunione di riconciliazione tra le fedi che si è tenuta nella città santa sciita e che è stata organizzata da alcune ONG di donne irachene laiche.
Clicca su leggi tutto per leggere l'articolo sulla conferenza di Najaf tradotto ed adattato da Baghdadhope
Le attiviste irachene sfidano gli estremisti e chiedono tolleranza
15 dicembre 2006
di Haider al-Musawi
15 dicembre 2006
di Haider al-Musawi
In una tensione settaria che cresce di giorno in giorno l’organizzazione non governativa di donne Al-Khansa ha cercato di fare la propria parte per contrastare questa tendenza organizzando una conferenza sulla tolleranza religiosa ed il dialogo a Najaf.
Per tre giorni, lo scorso mese, un albergo della città santa dui Najaf ha sopitato circa 90 tra attivisti dei diritti umani e giornaliste, quasi tutte donne, così come religiosi e teologi.
L’occasione ha cercato di unire i musulmani ed i cristiani iracheni nello scopo comune dell’opposizione alla violenza settaria, ma a causa delle preoccupazioni legate alla sicurezza, è stato posposto numerose volte.
L’idea della conferenza è emersa successivamente alle violente reazioni suscitate dal controverso discorso di Papa Benedetto XVI che sembrava associare l’Islam alla violenza e che aveva causato l’ira di molti credenti musulmani nei paesi islamici del mondo.
In Iraq, il furore suscitato dalle osservazioni del Papa hanno peggiorato la già non buona situazione dei cristiani. Mentre a Najaf le proteste sono state pacifiche, a Bassora i dimostranti hanno bruciato l’effige del Papa. I cristiani si sono sentiti sempre più bersaglio degli estremisti islamici ed hanno spinto Al-Khansa – che si occupa di questioni delle donne e di diritti umani – ad organizzare la conferenza.
“Noi non reagiamo al discorso del Papa bruciando le chiese e costringendo alla fuga i nostri fratelli cristiani. Noi cerchiamo di aiutare gli iracheni a far fronte ad una situazione di sofferenza” ha dichiarato Layla Al-Rubai, a capo di Al-Khansa.
Alla conferenza hanno partecipato musulmani, cristiani e organizzazioni di donne laiche delle province di Najaf, Baghdad e Babil, ed a tutti è stato chiesto di pronunciarsi contro la violenza e di appellarsi all’unità tra cristiani e musulmani, così come tra sunniti e sciiti.
In nove incontri I partecipanti hanno discusso diversi aspetti della vita religiosa, della tolleranza e della coesistenza islamo-cristiana.
La situazione per I cristiani in Iraq è notevolmente peggiorata dalla caduta del vecchio regime. Mentre in passato essi vivevano pacificamente con la maggioranza musulmana, negli scorsi mesi essi sono stati oggetto di minacce ed attacchi da parte degli estremisti islamici.
Molti hanno lasciato la capitale per trasferirsi nel nord, in aree come il Kurdistan iracheno, dove, ad esempio ad Ankawa, cittadina cristiana vicina ad Erbil, la capitale della regione curda, sono state costruite molte nuove chiese e dove le croci dai loro tetti illuminano le strade, una visione impensabile in questi giorni a Baghdad.
Altri cristiani sono fuggiti verso i paesi vicini dove sono presenti loro comunità come la Siria, il Libano e l’Armenia; alcuni sono emigrati in Europa ed in America.
Nidhal Hanna, a capo della ONG Taqadum (Progresso) che si occupa dei diritti delle donne ha dichiarato di sentirsi al sicuro tra le sue colleghe musulmane ma di avere problemi al di fuori della sua organizzazione tanto da aver programmato di raggiungere la sua comunità ad Erbil.
C’era un tempo, ricorda, quando non c’erano problemi tra le diverse fedi del paese. “I miei genitori hanno sempre vissuto in Iraq e non ricordo siano mai stati offesi dai musulmani. Studiavamo insieme e non c’era discriminazione, Io stessa ho frequentato i corsi di educazione islamica e di Corano.”
I religiosi islamici che hanno partecipato alla conferenza di Najaf che la sempre peggiore reputazione che l’Islam sta guadagnando nel mondo sia colpa dei radicali islamici. “L’Islam è la religione della tolleranza e non del terrore” ha dichiarato Ali Abdul-Rahim, un religioso sciita di Najaf. “Noi non rappresentiamo coloro che uccidono i civili e si dichiarano musulmani.”
Abdul-Rahim crede che i religiosi di tutte le comunità irachene dovrebbero unirsi e lavorare insieme per l’unità per “costruire un nuovo Iraq libero dalla violenza.”
Un’altra partecipante alla conferenza, Nadin Boutros, una cristiana della provincia di Babil, è convinta che tali eventi possano avvicinare le religioni: “Il ruolo delle ONG non è solo quello di educare la gente al voto o ai diritti delle donne. Esse possono fare di più perché interagiscono con le persone.”
Un’altra conferenza si terrà a gennaio. Per ora Ali Abdul-Rahim ha invitato i cristiani a "chiedere a Dio, durante le festività, di portare pace ed aiuto ai musulmani.”
Per tre giorni, lo scorso mese, un albergo della città santa dui Najaf ha sopitato circa 90 tra attivisti dei diritti umani e giornaliste, quasi tutte donne, così come religiosi e teologi.
L’occasione ha cercato di unire i musulmani ed i cristiani iracheni nello scopo comune dell’opposizione alla violenza settaria, ma a causa delle preoccupazioni legate alla sicurezza, è stato posposto numerose volte.
L’idea della conferenza è emersa successivamente alle violente reazioni suscitate dal controverso discorso di Papa Benedetto XVI che sembrava associare l’Islam alla violenza e che aveva causato l’ira di molti credenti musulmani nei paesi islamici del mondo.
In Iraq, il furore suscitato dalle osservazioni del Papa hanno peggiorato la già non buona situazione dei cristiani. Mentre a Najaf le proteste sono state pacifiche, a Bassora i dimostranti hanno bruciato l’effige del Papa. I cristiani si sono sentiti sempre più bersaglio degli estremisti islamici ed hanno spinto Al-Khansa – che si occupa di questioni delle donne e di diritti umani – ad organizzare la conferenza.
“Noi non reagiamo al discorso del Papa bruciando le chiese e costringendo alla fuga i nostri fratelli cristiani. Noi cerchiamo di aiutare gli iracheni a far fronte ad una situazione di sofferenza” ha dichiarato Layla Al-Rubai, a capo di Al-Khansa.
Alla conferenza hanno partecipato musulmani, cristiani e organizzazioni di donne laiche delle province di Najaf, Baghdad e Babil, ed a tutti è stato chiesto di pronunciarsi contro la violenza e di appellarsi all’unità tra cristiani e musulmani, così come tra sunniti e sciiti.
In nove incontri I partecipanti hanno discusso diversi aspetti della vita religiosa, della tolleranza e della coesistenza islamo-cristiana.
La situazione per I cristiani in Iraq è notevolmente peggiorata dalla caduta del vecchio regime. Mentre in passato essi vivevano pacificamente con la maggioranza musulmana, negli scorsi mesi essi sono stati oggetto di minacce ed attacchi da parte degli estremisti islamici.
Molti hanno lasciato la capitale per trasferirsi nel nord, in aree come il Kurdistan iracheno, dove, ad esempio ad Ankawa, cittadina cristiana vicina ad Erbil, la capitale della regione curda, sono state costruite molte nuove chiese e dove le croci dai loro tetti illuminano le strade, una visione impensabile in questi giorni a Baghdad.
Altri cristiani sono fuggiti verso i paesi vicini dove sono presenti loro comunità come la Siria, il Libano e l’Armenia; alcuni sono emigrati in Europa ed in America.
Nidhal Hanna, a capo della ONG Taqadum (Progresso) che si occupa dei diritti delle donne ha dichiarato di sentirsi al sicuro tra le sue colleghe musulmane ma di avere problemi al di fuori della sua organizzazione tanto da aver programmato di raggiungere la sua comunità ad Erbil.
C’era un tempo, ricorda, quando non c’erano problemi tra le diverse fedi del paese. “I miei genitori hanno sempre vissuto in Iraq e non ricordo siano mai stati offesi dai musulmani. Studiavamo insieme e non c’era discriminazione, Io stessa ho frequentato i corsi di educazione islamica e di Corano.”
I religiosi islamici che hanno partecipato alla conferenza di Najaf che la sempre peggiore reputazione che l’Islam sta guadagnando nel mondo sia colpa dei radicali islamici. “L’Islam è la religione della tolleranza e non del terrore” ha dichiarato Ali Abdul-Rahim, un religioso sciita di Najaf. “Noi non rappresentiamo coloro che uccidono i civili e si dichiarano musulmani.”
Abdul-Rahim crede che i religiosi di tutte le comunità irachene dovrebbero unirsi e lavorare insieme per l’unità per “costruire un nuovo Iraq libero dalla violenza.”
Un’altra partecipante alla conferenza, Nadin Boutros, una cristiana della provincia di Babil, è convinta che tali eventi possano avvicinare le religioni: “Il ruolo delle ONG non è solo quello di educare la gente al voto o ai diritti delle donne. Esse possono fare di più perché interagiscono con le persone.”
Un’altra conferenza si terrà a gennaio. Per ora Ali Abdul-Rahim ha invitato i cristiani a "chiedere a Dio, durante le festività, di portare pace ed aiuto ai musulmani.”