Fonte: The Washington Times
L’Assistente dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, Judy Cheng-Hopkins, ha confermato che i governi di Siria e Giordania stanno pensando di chiudere le frontiere ai rifugiati iracheni che al ritmo – sempre secondo le stime dell’UNHCR – di 2000 al giorno verso la Siria e 1000 verso la Giordania, abbandonano il loro paese impossibilitati a restarvi a causa dell’escalation di violenze quotidiane.
Già adesso la situazione di questi profughi nei due paesi è tragica, ad essi infatti non viene garantito nè il lavoro, nè il diritto alla sanità o allo studio, ma solo quello di soggiorno in attesa di tornare in Iraq o emigrare altrove. Se, poi, negli anni precedenti a lasciare l’Iraq erano soprattutto le classi più abbienti, ora a fuggire sono i più poveri, che partono senza nulla e che nulla ricevono, a parte qualche aiuto dallo stesso UNHCR o da organizzazioni umanitarie che non riecono però a far fronte ai loro bisogni.
Secondo l’UNHCR ci sarebbero dai 600.000 ai 700.000 rifugiati iracheni in Siria, circa 500.000 in Giordania e circa 650.000 negli Emirati Arabi Uniti. Senza contare i rifugiati interni, coloro cioè che a causa delle violenze legate all’appartenenza religiosa, sono costretti a lasciare le proprie case ed a cercare la salvezza in zone o città diverse. “Sono circa un milione ottocentomila persone” dice Judy Cheng-Hopkins. Persone per le quali, però, anche questa migrazione interna sta diventando sempre più difficile se è vero che, sempre secondo quanto afferma l’UNHCR, città sciite come Kerbala, stanno rifiutando ulteriori ingressi perchè oermai sovraffollate.