By Fides
Sta creando imbarazzo la dichiarazione diffusa venerdì 12 maggio da tre
vescovi siri (uno siro- cattolico e due siro-ortodossi) del nord
dell'Iraq, in cui si richiedeva la creazione di un'area protetta
riservata ai cristiani nella Piana di Ninive, da porre sotto uno scudo
di protezione internazionale, per sottrarre i battezzati iracheni da
persecuzioni e violenze settarie.
La Provincia di Ninive, disseminata di cittadine e villaggi a maggioranza cristiana, era stata conquistata dei jihadisti dell'autoproclamato Stato Islamico (Daesh) tra la primavera e l'estate del 2014. In quei mesi, decine di migliaia di cristiani iracheni erano fuggiti dai loro villaggi davanti all'avanzare delle milizie jihadiste, in gran parte trovando rifugio nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
La dichiarazione diffusa venerdì scorso, rivolta alle autorità regionali e nazionali e agli organismi internazionali, è stata sottoscritta da due arcivescovi di Mosul - il siro cattolico Boutros Moshe e il siro ortodosso Mar Nicodemus Daud Matti Sharaf – e da Mar Timotheos Musa al Shamany, Arcivescovo siro ortodosso di Bartellah. I tre arcivescovi chiedono di trasformare la Piana di Ninive in area autonoma, posta sotto la protezione internazionale delle Nazioni Unite, per sottrarla a conflitti e contese e salvaguardare i diritti delle comunità cristiane che in quelle terre hanno il loro radicamento tradizionale. Nella dichiarazione si rivendicava anche il diritto di autonomia amministrativa per le comunità cristiane nella Piana di Ninive, nei villaggi da poco sottratti al controllo delle milizie jihadiste.
A sorpresa, nella giornata di sabato 13 maggio, il Patriarcato caldeo ha diffuso un comunicato ufficiale per far sapere che la dichiarazione diffusa il giorno prima non riflette la posizione della Chiesa caldea, e non la rappresenta. Il comunicato del Patriarcato, diffuso dal Vescovo Shleimun Warduni, rinvia a una recente dichiarazione del Patriarca Louis Raphael Sako. In quel testo, come riportato dall'Agenzia Fides (vedi Fides 6/5/2017), il Primate della Chiesa caldea sottolineava che in questa fase critica la priorità per tanti cristiani iracheni sfollati è quella di provare a tornare alle loro città di origine e alle loro case. Ciò implica l'urgenza di ricostruire le infrastrutture andate distrutte, anche approfittando di aiuti internazionali. Ma solo dopo il ritorno della stabilità nel Paese potranno essere avviati processi per richiedere la creazione di nuove unità amministrative autonome, come strumenti per tutelare i diritti e la continuità di presenza dei gruppi etnico-religiosi minoritari. Ai cristiani – aveva ripetuto il Patriarca Sako – adesso conviene anche “evitare di mettersi in trincea contro altri, magari esprimendo richieste impossibili da realizzare”.
La Provincia di Ninive, disseminata di cittadine e villaggi a maggioranza cristiana, era stata conquistata dei jihadisti dell'autoproclamato Stato Islamico (Daesh) tra la primavera e l'estate del 2014. In quei mesi, decine di migliaia di cristiani iracheni erano fuggiti dai loro villaggi davanti all'avanzare delle milizie jihadiste, in gran parte trovando rifugio nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
La dichiarazione diffusa venerdì scorso, rivolta alle autorità regionali e nazionali e agli organismi internazionali, è stata sottoscritta da due arcivescovi di Mosul - il siro cattolico Boutros Moshe e il siro ortodosso Mar Nicodemus Daud Matti Sharaf – e da Mar Timotheos Musa al Shamany, Arcivescovo siro ortodosso di Bartellah. I tre arcivescovi chiedono di trasformare la Piana di Ninive in area autonoma, posta sotto la protezione internazionale delle Nazioni Unite, per sottrarla a conflitti e contese e salvaguardare i diritti delle comunità cristiane che in quelle terre hanno il loro radicamento tradizionale. Nella dichiarazione si rivendicava anche il diritto di autonomia amministrativa per le comunità cristiane nella Piana di Ninive, nei villaggi da poco sottratti al controllo delle milizie jihadiste.
A sorpresa, nella giornata di sabato 13 maggio, il Patriarcato caldeo ha diffuso un comunicato ufficiale per far sapere che la dichiarazione diffusa il giorno prima non riflette la posizione della Chiesa caldea, e non la rappresenta. Il comunicato del Patriarcato, diffuso dal Vescovo Shleimun Warduni, rinvia a una recente dichiarazione del Patriarca Louis Raphael Sako. In quel testo, come riportato dall'Agenzia Fides (vedi Fides 6/5/2017), il Primate della Chiesa caldea sottolineava che in questa fase critica la priorità per tanti cristiani iracheni sfollati è quella di provare a tornare alle loro città di origine e alle loro case. Ciò implica l'urgenza di ricostruire le infrastrutture andate distrutte, anche approfittando di aiuti internazionali. Ma solo dopo il ritorno della stabilità nel Paese potranno essere avviati processi per richiedere la creazione di nuove unità amministrative autonome, come strumenti per tutelare i diritti e la continuità di presenza dei gruppi etnico-religiosi minoritari. Ai cristiani – aveva ripetuto il Patriarca Sako – adesso conviene anche “evitare di mettersi in trincea contro altri, magari esprimendo richieste impossibili da realizzare”.