By Fides
“Papa Francesco, con i discorsi e con i gesti del suo viaggio in
Egitto, ha aperto tante porte: con l'islam, con le autorità politiche,
tra i cristiani. Speriamo che adesso anche i musulmani colgano
l'occasione, e approfittino di questo sostegno offerto loro dalla
Chiesa”.
Così il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako suggerisce quale sia la strada per far fiorire possibili sviluppi positivi dalla visita apostolica compiuta da Papa Francesco in Egitto, il 28 e 29 aprile scorsi. In quei giorni, anche il Primate della Chiesa caldea era presente al Cairo, essendo stato invitato alla Conferenza per la Pace organizzata dall'Università sunnita di Al Azhar, che ha avuto il suo apice proprio con l'intervento di Papa Francesco.
“Sono rimasto in Egitto anche nei giorni successivi” confida il Patriarca Louis Raphael all'Agenzia Fides “e ho potuto registrare la grande impressione lasciata dalla visita del Papa in tutto il Paese. Tutti erano stupiti, si accorgevano che era successa una cosa nuova. Erano contenti i cristiani, e certo la visita del Papa è stato un grande conforto per tutti i battezzati del Medio Oriente. Erano contenti anche i musulmani, perchè il Papa ha fatto passi e gesti che non si sognavano, come quando ha abbracciato a lungo il Grande Imam Ahmed al Tayyib, e lo ha chiamato 'fratello' ”. La visita del Papa – fa notare il Primate della Chiesa caldea – va sottratta alle letture retoriche che si soffermano a celebrarla per qualche giorno, magari attribuendole effetti magici, senza farsi davvero chiamare in causa dai suggerimenti per il cammino futuro disseminati dal Successore di Pietro nei discorsi e negli incontri delle sue giornate egiziane: “Adesso” insiste il Patriarca “tutte le porte sono aperte. Siamo tutti chiamati a far sì che non si richiudano. Il Papa ha fatto discorsi profetici, senza recriminare e condannare nessuno, mostrando a tutti la strada che abbiamo davanti, da percorrere insieme. Anche le Chiese del Medio Oriente, e soprattutto i loro pastori, in questo momento storico, sono chiamati a non rinchiudersi negli automatismi della solita routine, e a proporsi come una presenza profetica, al servizio della riconciliazione, delle riforme, dei diritti condivisi di cittadinanza e della carità, nei nostri Paesi dilaniati dalla violenza e dal fanatismo settario. Il Papa, quello che doveva fare lo ha fatto. Ora tocca anche a noi tutti, cristiani e musulmani del Medio Oriente, fare la nostra parte”.
Così il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako suggerisce quale sia la strada per far fiorire possibili sviluppi positivi dalla visita apostolica compiuta da Papa Francesco in Egitto, il 28 e 29 aprile scorsi. In quei giorni, anche il Primate della Chiesa caldea era presente al Cairo, essendo stato invitato alla Conferenza per la Pace organizzata dall'Università sunnita di Al Azhar, che ha avuto il suo apice proprio con l'intervento di Papa Francesco.
“Sono rimasto in Egitto anche nei giorni successivi” confida il Patriarca Louis Raphael all'Agenzia Fides “e ho potuto registrare la grande impressione lasciata dalla visita del Papa in tutto il Paese. Tutti erano stupiti, si accorgevano che era successa una cosa nuova. Erano contenti i cristiani, e certo la visita del Papa è stato un grande conforto per tutti i battezzati del Medio Oriente. Erano contenti anche i musulmani, perchè il Papa ha fatto passi e gesti che non si sognavano, come quando ha abbracciato a lungo il Grande Imam Ahmed al Tayyib, e lo ha chiamato 'fratello' ”. La visita del Papa – fa notare il Primate della Chiesa caldea – va sottratta alle letture retoriche che si soffermano a celebrarla per qualche giorno, magari attribuendole effetti magici, senza farsi davvero chiamare in causa dai suggerimenti per il cammino futuro disseminati dal Successore di Pietro nei discorsi e negli incontri delle sue giornate egiziane: “Adesso” insiste il Patriarca “tutte le porte sono aperte. Siamo tutti chiamati a far sì che non si richiudano. Il Papa ha fatto discorsi profetici, senza recriminare e condannare nessuno, mostrando a tutti la strada che abbiamo davanti, da percorrere insieme. Anche le Chiese del Medio Oriente, e soprattutto i loro pastori, in questo momento storico, sono chiamati a non rinchiudersi negli automatismi della solita routine, e a proporsi come una presenza profetica, al servizio della riconciliazione, delle riforme, dei diritti condivisi di cittadinanza e della carità, nei nostri Paesi dilaniati dalla violenza e dal fanatismo settario. Il Papa, quello che doveva fare lo ha fatto. Ora tocca anche a noi tutti, cristiani e musulmani del Medio Oriente, fare la nostra parte”.