By SIR
“Non basta liberare i muri delle case, ma bisogna restituire ai cuori
feriti la certezza di poter tornare a vivere in sicurezza, potendo amare
e costruire insieme a tutto il popolo dell’Iraq un nuovo futuro per
l’amato e antico Paese”. Lo ha detto il cardinale Leonardo Sandri,
prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la messa
celebrata ieri pomeriggio a Sidney, nella cattedrale dell’Eparchia
Caldea, stracolma di fedeli.
“La vostra Chiesa, nata dalla predicazione di san Tommaso e dei suoi discepoli Addai e Mari, chiesa dei martiri, di ieri e di oggi, continua a ripetere come l’Apostolo nel cenacolo: ‘Mio Signore e mio Dio’! Ciascuno dei fedeli e la comunità intera – ha ricordato il prefetto – ha infatti sperimentato, soprattutto negli ultimi anni, il dramma delle ferite dei mani, dei piedi e del costato di Gesù, attraverso le privazioni della guerra, l’imperversare della violenza, il buio dell’esilio, come può testimoniare anche il vostro vescovo, che fino all’estate del 2014 guidava la storica sede di Mosul, dalla quale in una notte ci si è dovuti allontanare a causa del dilagare dei miliziani del Daesh e delle loro folli imposizioni”. “In questi anni – ha aggiunto il card. Sandri – i figli e le figlie della Chiesa caldea, come i loro fratelli delle Chiese siro-cattolica, siro-ortodossa, e assira dell’Est, dopo aver camminato nel deserto hanno quasi dovuto vegliare, con i fianchi cinti e il bastone in mano, in attesa di una Pasqua di liberazione che avrebbe restituito loro le terre e le case nella Piana di Ninive. Sappiamo – ha continuato Sandri – delle operazioni in corso, della loro difficoltà ma anche dei passi in avanti che sono stati compiuti, e siamo pure consapevoli che non basta liberare i muri delle case, ma bisogna restituire ai cuore feriti la certezza di poter tornare a vivere in sicurezza, potendo amare e costruire insieme a tutto il popolo dell’Iraq un nuovo futuro per l’amato e antico Paese”. Citando il passo del Vangelo “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”, il prefetto ha esortato i fedeli caldei a “essere sempre consapevoli delle scintille della luce pasquale e del fuoco di Pentecoste che sono stati affidati sin dall’epoca apostolica, come dice il Concilio Vaticano II, alle Chiese Orientali, e non dovete aver paura di farle brillare come testimonianza viva della gioia del Vangelo. All’Australia siamo grati per l’accoglienza ospitale e fraterna che ha garantito a tanti di voi e ad altri fratelli e sorelle in questi anni, ma in questa terra vogliamo insieme a tutte le altre Chiese e comunità ecclesiali essere sempre di più testimoni del Vangelo, artefici di ponti di comunione, costruttori del bene comune, capaci di riportare la luce anche dove si sono insinuate le tenebre del male e del peccato, anche tra i figli ed i ministri della Chiesa”. All’inizio del rito il cardinale è stato salutato da mons. Amel Shamon Nona, arcivescovo-vescovo dell’Eparchia caldea. Il card. Sandri è in Australia fino al 15 maggio (dal 6) per un viaggio che avviene “su invito dei cinque vescovi orientali che guidano le Eparchie là stabilite dai Sommi Pontefici nel corso dell’ultimo secolo, alcune delle quali stanno assistendo a un aumento di fedeli causato dall’emigrazione provocata dai drammi in Siria e in Iraq”.
“La vostra Chiesa, nata dalla predicazione di san Tommaso e dei suoi discepoli Addai e Mari, chiesa dei martiri, di ieri e di oggi, continua a ripetere come l’Apostolo nel cenacolo: ‘Mio Signore e mio Dio’! Ciascuno dei fedeli e la comunità intera – ha ricordato il prefetto – ha infatti sperimentato, soprattutto negli ultimi anni, il dramma delle ferite dei mani, dei piedi e del costato di Gesù, attraverso le privazioni della guerra, l’imperversare della violenza, il buio dell’esilio, come può testimoniare anche il vostro vescovo, che fino all’estate del 2014 guidava la storica sede di Mosul, dalla quale in una notte ci si è dovuti allontanare a causa del dilagare dei miliziani del Daesh e delle loro folli imposizioni”. “In questi anni – ha aggiunto il card. Sandri – i figli e le figlie della Chiesa caldea, come i loro fratelli delle Chiese siro-cattolica, siro-ortodossa, e assira dell’Est, dopo aver camminato nel deserto hanno quasi dovuto vegliare, con i fianchi cinti e il bastone in mano, in attesa di una Pasqua di liberazione che avrebbe restituito loro le terre e le case nella Piana di Ninive. Sappiamo – ha continuato Sandri – delle operazioni in corso, della loro difficoltà ma anche dei passi in avanti che sono stati compiuti, e siamo pure consapevoli che non basta liberare i muri delle case, ma bisogna restituire ai cuore feriti la certezza di poter tornare a vivere in sicurezza, potendo amare e costruire insieme a tutto il popolo dell’Iraq un nuovo futuro per l’amato e antico Paese”. Citando il passo del Vangelo “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”, il prefetto ha esortato i fedeli caldei a “essere sempre consapevoli delle scintille della luce pasquale e del fuoco di Pentecoste che sono stati affidati sin dall’epoca apostolica, come dice il Concilio Vaticano II, alle Chiese Orientali, e non dovete aver paura di farle brillare come testimonianza viva della gioia del Vangelo. All’Australia siamo grati per l’accoglienza ospitale e fraterna che ha garantito a tanti di voi e ad altri fratelli e sorelle in questi anni, ma in questa terra vogliamo insieme a tutte le altre Chiese e comunità ecclesiali essere sempre di più testimoni del Vangelo, artefici di ponti di comunione, costruttori del bene comune, capaci di riportare la luce anche dove si sono insinuate le tenebre del male e del peccato, anche tra i figli ed i ministri della Chiesa”. All’inizio del rito il cardinale è stato salutato da mons. Amel Shamon Nona, arcivescovo-vescovo dell’Eparchia caldea. Il card. Sandri è in Australia fino al 15 maggio (dal 6) per un viaggio che avviene “su invito dei cinque vescovi orientali che guidano le Eparchie là stabilite dai Sommi Pontefici nel corso dell’ultimo secolo, alcune delle quali stanno assistendo a un aumento di fedeli causato dall’emigrazione provocata dai drammi in Siria e in Iraq”.