Custodire la memoria e coltivare la speranza: sono le due esortazioni
che il Papa lascia alla comunità del Pontificio Collegio Pio Romeno di
Roma, ricevuta in udienza oggi nella Sala del Concistoro in Vaticano.
Nell'occasione, Francesco ha salutato con affetto i cristiani
d'Oriente. Il servizio di Sergio Centofanti:
Un incontro gioioso per festeggiare l’80° anniversario della
fondazione della sede del Pontificio Collegio, chiamato a formare i
futuri sacerdoti della Chiesa greco-cattolica romena. Ma
davanti al Papa ci sono anche copti dall'Egitto, siro-cattolici e caldei
da Iraq e Siria, melkiti e maroniti dal Libano e dalla Palestina.
Possono studiare a Roma grazie al sostegno della Santa Sede. Alcuni di
essi sono studenti del Pontificio
Collegio Sant’Efrem di Roma, accolti da questa comunità e che ospita
sacerdoti studenti di lingua araba provenienti dalle Chiese Orientali
Cattoliche. Francesco così si rivolge a loro:
“Incontrandovi, penso alla situazione nella quale si trovano
tanti fedeli delle vostre terre, tante famiglie che sono obbligate ad
abbandonare la propria casa di fronte all’abbattersi di ondate di
violenza e di sofferenza. Questi nostri fratelli e sorelle desidero abbracciare in modo speciale, insieme ai loro Patriarchi e Vescovi”.
Il Papa augura due cose: innanzitutto, custodire la memoria:
“Il vostro Collegio è sorto in un periodo di sviluppo per le Comunità cattoliche orientali;
in seguito ha risentito delle tragiche vicende legate alla persecuzione
ateista; per poi assistere a una bella rinascita e aprirsi negli ultimi
anni a nuove sfide. Questa storia, fatta di grandi testimoni
della fede e di momenti di prova, di inverni rigidi e di primavere
fiorenti, vi appartiene”.
È bene custodire questa storia – afferma il Papa – “non per
rimanere ancorati al passato, ma per vivere le vicende che ogni epoca
presenta con il sostegno di una memoria evangelica viva, che abbraccia una storia più grande di noi e rimane sempre aperta all’azione dello Spirito”. Francesco
invita “a vincere una tentazione pericolosa”, quella di “adagiarsi
nella mediocrità, di accontentarsi di una vita normale, dove tutto va
avanti senza slancio e senza ardore, e dove prima o poi si finisce per
diventare custodi gelosi del proprio tempo, delle proprie sicurezze, del
proprio benessere”. Ma per questo è necessario attingere all’esempio
dei grandi testimoni nella fede di questa Chiesa. "Se non si custodisce
la memoria - sottolinea - finiremo nella mediocrità del clericalismo".
Il secondo augurio è quello di coltivare la speranza:
“C’è tanto bisogno di alimentare la speranza cristiana, quella speranza che dona uno sguardo nuovo,
capace di scoprire e vedere il bene, anche quando è oscurato dal male:
«Se la speranza ravviva i nostri occhi, vedremo ciò che è nascosto», ha
scritto sant’Efrem (Carmen Nisib., 70)”.
Infine, Francesco esorta a “ricercare e promuovere, con cuore
purificato, il cammino della concordia e dell’unità tra tutti i
Cristiani”.