Le truppe governative irachene hanno 
riconquistato diversi quartieri orientali di Mosul, dove dal 17 ottobre è
 in corso l’offensiva per strappare la città al sedicente Stato 
Islamico. Tra le zone tornate sotto il controllo di Baghdad anche al 
Sukkar, un tempo abitata da famiglie cristiane. Intanto nelle aree 
tornate sotto il controllo di Baghdad nella piana di Ninive si contano i
 danni della furia jihadista, secondo un funzionario del Kurdistan sono 
stati distrutti almeno 100 luoghi di culto, in gran parte cristiani. Ma 
sulla situazione nel nord dell’Iraq e nei villaggi  cristiani liberati, Marco Guerra ha intervistato don Karam  Najeeb, collaboratore di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ e sacerdote della diocesi di  Alqosh:
L’esercito sta liberando alcuni paesi che si trovano proprio nella Piana di Ninive, in cui vivevano più di 120 mila cristiani, che sono stati forzati a lasciare tutta la Piana di Ninive. Quello che sta accadendo adesso rappresenta certamente una speranza, perché stanno liberando… Ma, purtroppo, quando vediamo quello che hanno lasciato sia l’esercito iracheno che quelli dell’Is: c’è solo tanta distruzione! Migliaia di case sono state bruciate; anche alcune chiese sono state bruciate, altre chiese sono completamente distrutte e saccheggiate… Sicuramente abbiamo bisogno di tanto tempo per ricostruire tutto questo. Le famiglie non possono assolutamente tornare adesso! Ad esempio nel mio paese, così come in altri paesi della Piana di Ninive, perché si trovano al confine tra l’esercito del governo iracheno e l’Is: c’è una distanza di soli tre chilometri… In questo caso è impossibile tornare, perché ogni volta ci sono nuove battaglie. Non dimentichiamo che in questi due anni l’Is ha anche realizzato tanti tunnel…
L’esercito sta liberando alcuni paesi che si trovano proprio nella Piana di Ninive, in cui vivevano più di 120 mila cristiani, che sono stati forzati a lasciare tutta la Piana di Ninive. Quello che sta accadendo adesso rappresenta certamente una speranza, perché stanno liberando… Ma, purtroppo, quando vediamo quello che hanno lasciato sia l’esercito iracheno che quelli dell’Is: c’è solo tanta distruzione! Migliaia di case sono state bruciate; anche alcune chiese sono state bruciate, altre chiese sono completamente distrutte e saccheggiate… Sicuramente abbiamo bisogno di tanto tempo per ricostruire tutto questo. Le famiglie non possono assolutamente tornare adesso! Ad esempio nel mio paese, così come in altri paesi della Piana di Ninive, perché si trovano al confine tra l’esercito del governo iracheno e l’Is: c’è una distanza di soli tre chilometri… In questo caso è impossibile tornare, perché ogni volta ci sono nuove battaglie. Non dimentichiamo che in questi due anni l’Is ha anche realizzato tanti tunnel…
Anche Mosul è interessata dai combattimenti e alcuni quartieri 
sono stati riconquistati. C’è la volontà di tornare in città da parte 
dei cristiani?
Sì, sicuramente! Lì i cristiani avevano delle case e tanti di 
loro erano docenti all’università ed erano indipendenti dal governo. E 
quindi tanti hanno il desiderio e l’interesse a tornare. Il problema è 
invece come potranno vivere con queste persone, che sono musulmane: non 
dimentichiamo che tanti nostri vicini ci hanno derubato, ci hanno 
minacciato e ci hanno obbligato a lasciare il nostro paese, la nostra 
casa. Hanno rubato tutte le nostre case! E questo è certamente 
difficile. Ma è anche importante ritornare in quelle terre, in cui siamo
 presenti da oltre duemila anni e anche se i nostri padri e i nostri 
nonni hanno vissuto una tragedia, che non è certo di questi giorni: i 
cristiani hanno vissuto una tragedia in questo secolo e che va ancora 
avanti oggi, perché sempre sono esistite queste persecuzioni.  Ma noi 
abbiamo sempre questo grande amore per la nostra terra e sempre 
cerchiamo di ritornare e di ricreare una realtà di pace con gli altri, 
così come ci ha insegnato il nostro Signore Gesù: noi diamo amore anche 
ai nostri persecutori…
Certo, il nord dell’Iraq è una delle aree storiche di presenza 
del cristianesimo fin dagli albori: i cristiani possono essere un 
collante della società irachena in queste regioni?
I cristiani hanno sempre rappresentato quelle persone che hanno 
dato – e che continuano a dare - questa speranza a tutti gli altri 
cittadini dell’Iraq. Ma la difficoltà è di vivere con persone che non ci
 vogliono bene e che tante volte cercano di cancellare la nostra stessa 
esistenza in quella terra: la nostra esistenza in quella terra è molto 
importante, perché anche oggi i cristiani dell’Iraq  parlano, pregano 
nella lingua aramaica; dal primo secolo, noi come caldei, la nostra 
discendenza è collegata ad Abramo e quindi un’esistenza molto ricca.  Ma
 rimangono purtroppo le situazioni in questa maniera e abbiamo paura di 
perdere questa nostra presenza e questa nostra esistenza in quella terra
 così speciale.
Il governo iracheno, la comunità internazionale e anche la 
Chiesa cosa possano fare e cosa stanno facendo per fare in modo che i 
cristiani tornino in queste terre?
Ad oggi non è chiaro cosa farà il governo per i cristiani che 
vogliono tornare: non hanno liberato tutta Mosul o tutta la Piana di 
Ninive… Speriamo, però, che il governo faccia il suo dovere e 
ricostruisca tutto quello che è ormai distrutto. La Chiesa, invece, sin 
dal primo giorno - e anche oggi - ha fatto tanto e questo grazie anche a
 tanti benefattori e tante fondazioni che hanno aiutato e incoraggiato 
le persone a rimanere: per questo hanno anche costruito scuole al nord 
dell’Iraq… Il governo non ha fatto questo, così come i Paesi 
Occidentali! E’ certo che abbiamo bisogno di vicinanza e di un aiuto per
 continuare a vivere e continuare ad esistere in quella terra. 

 
