By SIR
Un messaggio di pace e di speranza per l’Iraq, un Paese che sta faticosamente cercando di rinascere dopo i lutti e le devastazioni provocate dalla guerra. È stato questo il significato principale del viaggio compiuto nel Paese mediorientale da una delegazione di Pax Christi Italia, guidata dal presidente, mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia. La missione, iniziata il 4 giugno, si conclude oggi. Tra gli obiettivi: portare aiuto e solidarietà alle comunità cristiane presenti in questa area segnata da un lungo conflitto e da tensioni non ancora sopite.
Alessandro Repossi, direttore del settimanale della diocesi di Pavia (“Il Ticino”), ha raggiunto telefonicamente il presidente di Pax Christi.
Mons. Giudici, quali sono state le tappe del viaggio in Iraq?
“Abbiamo visitato Kirkuk, una grande città in una delle regioni con i maggiori giacimenti petroliferi del Paese. Siamo anche saliti più a Nord, a Erbil; poi ci siamo diretti in una zona vicino a Mosul. In tutte e tre le tappe abbiamo visitato le comunità caldeo-cristiane e siro-cristiane, che vivono giorni di difficoltà: in queste aree, infatti, sono arrivate molte persone provenienti dalla zona di Baghdad, dove manca ancora la sicurezza e si vive sempre con il timore dei colpi di coda di una società non ancora in pace”.
Chi avete incontrato?
“Prima di tutto le comunità e le autorità religiose. Ma non sono mancati confronti anche con le famiglie, sia di cristiani sia di musulmani. Abbiamo avuto la possibilità di parlare anche con i responsabili di associazioni sciite e sunnite del Paese: questo ci ha permesso di riflettere insieme sulla pace, che è un grande dono di Dio, e sulla necessità che le comunità dei credenti, sia cristiane sia musulmane, abbiano chiaro l’impegno, che deriva dalla religione, di rispettare il prossimo”.
Come vive oggi la gente in Iraq?
“L’immagine è quella di una terra che sta provvedendo a sviluppare le proprie possibilità economiche e anche industriali. Un dato è emblematico: nei primi mesi del 2011 il Pil (Prodotto interno lordo, ndr) nazionale dell’Iraq è cresciuto del 10% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo dimostra che la ricchezza del petrolio rappresenta una grande risorsa. Tuttavia esistono ancora zone del Paese in cui le persone non si muovono con sicurezza: questo rende più difficile lo sviluppo economico. Inoltre, come in ogni società avanzata, in Iraq molte persone continuano a vivere in una condizione di estrema povertà: è il frutto di una società complessa e in pieno sviluppo, nella quale molte tensioni non sono ancora sopite. Tutto questo fa pensare al fatto che la guerra non risolva mai i problemi, ma piuttosto tenda ad ingigantirli”.
Ha incontrato persone che esprimono un forte desiderio di pace, tranquillità, rinascita civile ed anche di una serena convivenza religiosa.
“Lo abbiamo spiegato anche ai responsabili delle comunità cristiane e musulmane: la loro risposta è stata positiva. Evidentemente questo è solo uno dei passi percorribili: occorre che anche all’interno delle comunità diminuiscano le paure, il desiderio di vendetta, l’incapacità a riconoscere dignità a chi non ha le stesse tradizioni e l’identico credo religioso. È un compito di ogni comunità religiosa e, più in generale, di ogni persona. Ed è proprio in questo cammino che Pax Christi Italia iscrive la sua missione, sia all’interno della Chiesa cattolica, sia nel dialogo con le altre religioni”.
Un messaggio di pace e di speranza per l’Iraq, un Paese che sta faticosamente cercando di rinascere dopo i lutti e le devastazioni provocate dalla guerra. È stato questo il significato principale del viaggio compiuto nel Paese mediorientale da una delegazione di Pax Christi Italia, guidata dal presidente, mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia. La missione, iniziata il 4 giugno, si conclude oggi. Tra gli obiettivi: portare aiuto e solidarietà alle comunità cristiane presenti in questa area segnata da un lungo conflitto e da tensioni non ancora sopite.
Alessandro Repossi, direttore del settimanale della diocesi di Pavia (“Il Ticino”), ha raggiunto telefonicamente il presidente di Pax Christi.
Mons. Giudici, quali sono state le tappe del viaggio in Iraq?
“Abbiamo visitato Kirkuk, una grande città in una delle regioni con i maggiori giacimenti petroliferi del Paese. Siamo anche saliti più a Nord, a Erbil; poi ci siamo diretti in una zona vicino a Mosul. In tutte e tre le tappe abbiamo visitato le comunità caldeo-cristiane e siro-cristiane, che vivono giorni di difficoltà: in queste aree, infatti, sono arrivate molte persone provenienti dalla zona di Baghdad, dove manca ancora la sicurezza e si vive sempre con il timore dei colpi di coda di una società non ancora in pace”.
Chi avete incontrato?
“Prima di tutto le comunità e le autorità religiose. Ma non sono mancati confronti anche con le famiglie, sia di cristiani sia di musulmani. Abbiamo avuto la possibilità di parlare anche con i responsabili di associazioni sciite e sunnite del Paese: questo ci ha permesso di riflettere insieme sulla pace, che è un grande dono di Dio, e sulla necessità che le comunità dei credenti, sia cristiane sia musulmane, abbiano chiaro l’impegno, che deriva dalla religione, di rispettare il prossimo”.
Come vive oggi la gente in Iraq?
“L’immagine è quella di una terra che sta provvedendo a sviluppare le proprie possibilità economiche e anche industriali. Un dato è emblematico: nei primi mesi del 2011 il Pil (Prodotto interno lordo, ndr) nazionale dell’Iraq è cresciuto del 10% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo dimostra che la ricchezza del petrolio rappresenta una grande risorsa. Tuttavia esistono ancora zone del Paese in cui le persone non si muovono con sicurezza: questo rende più difficile lo sviluppo economico. Inoltre, come in ogni società avanzata, in Iraq molte persone continuano a vivere in una condizione di estrema povertà: è il frutto di una società complessa e in pieno sviluppo, nella quale molte tensioni non sono ancora sopite. Tutto questo fa pensare al fatto che la guerra non risolva mai i problemi, ma piuttosto tenda ad ingigantirli”.
Ha incontrato persone che esprimono un forte desiderio di pace, tranquillità, rinascita civile ed anche di una serena convivenza religiosa.
“Lo abbiamo spiegato anche ai responsabili delle comunità cristiane e musulmane: la loro risposta è stata positiva. Evidentemente questo è solo uno dei passi percorribili: occorre che anche all’interno delle comunità diminuiscano le paure, il desiderio di vendetta, l’incapacità a riconoscere dignità a chi non ha le stesse tradizioni e l’identico credo religioso. È un compito di ogni comunità religiosa e, più in generale, di ogni persona. Ed è proprio in questo cammino che Pax Christi Italia iscrive la sua missione, sia all’interno della Chiesa cattolica, sia nel dialogo con le altre religioni”.