"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 settembre 2009

Allarmanti notizie giungono da Mosul

By Baghdadhope

Secondo il sito Ankawa.com ieri pomeriggio due poliziotti di guardia alla chiesa caldea di San Paolo nel quartiere di Hay Althaqafa sono stati uccisi da uomini sconosciuti.
La chiesa di San Paolo, dove Mons. Faraj Paulos Raho, il vescovo caldeo rapito ed ucciso nel 2008, per anni fu parroco, è stata già attaccata in
passato ma nel caso dell’episodio di ieri non ci sono ancora particolari che indichino se sia trattato di un attacco mirato all’edificio.
Certo però la concomitanza con l’anniversario delle violenze che lo scorso anno tra settembre ed ottobre
colpirono la comunità cristiana di Mosul è inquietante. Ed ad essa si aggiungono le notizie che vengono dalla Piana di Ninive, la zona ad alta concentrazione di cristiani vicina a Mosul che per anni ha rappresentato una delle mete dei cristiani in fuga dalle violenze.
Come ha infatti dichiarato ad
Aid to the Church in Need Padre Bashar Warda, Rettore del seminario maggiore caldeo di Saint Peter ad Ankawa, nella zona della Piana si sta assistendo ad una lenta ma costante emorragia di famiglie cristiane che la lasciano.
Emorragia che potrebbe diventare presto una fuga di massa. A seminare il terrore, secondo Padre Warda, è stato il rapimento, il 26 settembre, di una nota dottoressa, Mahasen Bashir Toma, di Bartella, un villaggio quasi interamente cristiano, che sebbene risoltosi in un solo giorno dopo il pagamento di un riscatto ha distrutto la sensazione di relativa sicurezza nell’area.
E le cose potrebbero addirittura peggiorare con le elezioni generali del gennaio 2010 quando una nuova ondata di violenze, se non sicura è pessimisicamente attesa da una comunità che, sono sempre le parole del sacerdote, quando la situazione peggiora ha come prima soluzione l’emigrazione.
Si ripropone quindi l’annoso problema. Da una parte la Chiesa che invita i fedeli a non lasciare l’Iraq, e dall’altra le persone che antepongono la propria sicurezza all’attaccamento al paese ed alle tradizioni e pur sapendo di andare incontro ad un destino molte volte difficilissimo rispondono agli appelli al rimanere volgendo le spalle ad un passato troppo amaro.