"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

2 maggio 2009

A Sheikhan cristiani e yazidi si incontrano. Poche speranze di assicurare alla giustizia i colpevoli delle violenze contro i cristiani a Kirkuk

By Baghdadhope

Radio Sawa. Una delegazione dei vescovi caldei riuniti ad Ankawa per il sinodo, accompagnata dal nunzio apostolico in Iraq, Mons. Francis Assisi Chullikat, e guidata dal patriarca, il Cardinale Mar Emmanuel Delly III, ha incontrato a Sheikhan, a 37 km da Mosul, il leader spirituale della comunità yazida, il principe Tahseen Sayid Beg.
I due capi religiosi si sono detti felici dell’incontro auspicando la pacifica coesistenza tra tutte le diverse componenti dell’Iraq.
Intanto il sito Ankawa.com ha riportato la notizia di un tentativo di rapina ai danni di un’anziana donna cristiana, Khatoon Boutros Khatoon, 80 anni, ad Ankawa.
La donna, assalita e brutalmente picchiata da due uomini che hanno svaligiato la casa si è finta morta per dare l’allarme suibito dopo l’allontanamento dei due criminali. Tempestività che ha permesso alla polizia di arrestarli.
Un’aggressione che, se gli intenti puramente criminali saranno accertati, si discosterebbe da quelle avvenute la scorsa settimana a Kirkuk dove tre cristiani sono stati uccisi in casa da sconosciuti senza apparenti motivazioni. Ma che certamente non servirà a tranquillizzare la comunità irachena cristiana che periodicamente è vittima di ciò che il vescovo caldeo di Kirkuk ha definito “vigliacchi crimini terroristici.”
Proprio Mons. Sako a commento degli avvenimenti di Kirkuk aveva
chiesto che i colpevoli fossero al più presto assicurati alla giustizia. Una speranza legittima ma che si dubita possa trovare realizzazione.
Il 30 aprile, in un’intervista rilasciata ad
ADNkronos, Osama Al Najifi, a capo della lista nazionalista araba che lo scorso gennaio ha vinto le elezioni proviciali a Mosul, ha dichiarato a proposito della campagna di violenza che nello scorso autunno ha colpito la comunità cristiana di Mosul facendo 14 vittime e costringendo migliaia di persone a fuggire dalla città che sebbene siano state fatte delle indagini la situazione politica del paese non permette di rivelarne i risultati.
Una situazione politica che deve essere ben delicata se persino Al Najifi ha rifiutato di dare ulteriori dettagli nell’intervista ad ADNkronos quando, invece, già lo scorso ottobre aveva dichiarato, come riportato da
Al-Ahram, che la colpa degli eventi di Mosul era da far ricadere sui peshmerga curdi e sull’Asayesh, il servizio di intelligence curdo, che miravano a “curdificare la provincia di Ninive e la sua capitale, Mosul, per modificarne la bilancia demografica a servizio degli interessi curdi.”
Accusa che si era aggiunta a quella di voler terrorizzare la popolazione cristiana della città costringendola a fuggire verso la Piana di Ninive, controllata dai peshmerga, per sviluppare in essa un sentimento di gratitudine verso il governo curdo, pronto ad offrire ai profughi accoglienza ed aiuti. Sentimento che avrebbe potuto rivelarsi utile nello “spostare” il peso della comunità cristiana a favore dell’annessione della Piana al territorio curdo che di fatto già la controlla. Accusa che, al di là delle considerazioni politiche, si era basata sin da subito sull’osservazione del fatto che gli attacchi ai cristiani di Mosul si fossero svolti tutti nella parte della città controllata proprio dai peshmerga.
E’ chiaro che con queste premesse sarà difficile che la speranza espressa da Mons. Sako possa tradursi con la cattura dei colpevoli delle recenti violenze a Kirkuk.
Nel caso della signora Khatoon pare si sia trattato di ladri, brutali, ma pur sempre solo ladri.