16 gennaio 2007
SODERTALJE, Svezia — Chi viveva a Baghdad ed ora risiede in questa calma cittadina svedese sa perchè si fugge: “L’Iraq è finito” dice Taghredd Ewas, 34 anni, ingegnere chimico che lo ha fatto lo scorso anno dopo avere ricevuto molte minacce di morte ed essere scampato ad un rapimento.
In centinaia di migliaia gli iracheni sono fuggiti dalle violenze nei vicini paesi del Medio Oriente, ma in numero sempre maggiore essi stanno arrivando in Europa, specialmente in Svezia, una indicazione, questa, di come la guerra in Iraq stia iniziando ad avere gravi conseguenze ben al di là dei confini del paese.
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Lo scorso anno 8951 iracheni hanno chiesto asilo in Svezia, nel 2005 erano stati 2.330. Quasi 3000 sono arrivati nei soli mesi di novembre e dicembre. Coloro che scelgono questo paese relativamente piccoli e con 9 milioni di abitanti rappresentano circa la metà dei rifugiati iracheni che arrivano in Europa superano di molto in numero quelli che ogni anno vengono ammessi negli Stati Uniti.
“Noi non usiamo termini come esodo, ma un grosso aumento è evidente” dice Krister Isaksson, analista dello Swedish Migration Board. “Non crediamo che possa diminuire, piuttosto che possa continuare ad aumentare.”
La signora Ewas, fuggita con l’aiuto di trafficanti di uomini attraverso l’Iraq settentrionale e la Turchia, ha lasciato gran parte della sua famiglia ed ha poche speranze di tornare in Iraq. “Ogni giorno è peggiore di quello precedente” ha dichiarato ad un centro accoglienza per immigrati.
L’esodo di massa degli iracheni, moltiplicato dal deteriorarsi della situazione sta avendo risultato estremi sui paesi vicini. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) stima che da 500.000 ad 1.000.000. di iracheni vivano in Siria, fino a 700.000 in Giordania, da 20.000 ad 80.000 in Egitto e fino a 40.000 in Libano.
La stessa agenzia ha avvertito che la crisi sta sorpassando i confini mediorientali. Alla fine di dicembre essa ha pubblicato delle raccomandazioni ai governi ricordando come “i richiedenti asilo provenienti dall’Iraq centrale e meridionale devono essere considerati rifugiati in virtù della Convenzione per i Rifugiati del 1951.”
“Si pensava che la situazione sarebbe migliorata” ha detto Paal Aarsaether, il portavoce dell’UNHCR per i paesi nordici, “ma ora la comunità internazionale ha capito che è giunto il momento di fronteggiare la questione.”
Le leggi liberali svedesi riguardanti l’asilo e l’immigrazione hanno reso il paese la meta preferita in Europa per i rifugiati iracheni, dice la Signora Isakkson. Dei 16.261 iracheni che hanno chiesto asilo in Europa dal gennaio al novembre del 2006, circa il 45% è arrivata in Svezia. Dei 1.413 arrivati in novembre, ad esempio, solo 13 hanno fatto richiesta di asilo alla Francia, 65 alla Danimarca e 230 alla Germania.
“Diamo agli iracheni i permessi di residenza come non viene fatto nel resto dell’Europa” dice la Signora Isaksson. A differenza dei paesi che richiedono la conoscenza della lingua e garanzie economiche dice, citando la Danimarca e l’Olanda, noi non facciamo molte richieste agli immigranti.”
Un altro motivo è che già più di 80.000 iracheni vivono in Svezia, formando il secondo gruppo di immigrati nel paese dopo i finlandesi, e molti dei rifugiati vi arrivano perché hanno già dei parenti.
Sodertalje, cittadina industriale a circa 20 a sud est da Stoccolma, non è solo la città dove la fabbrica di camion Scania ha molti stabilimenti, ma anche luogo di residenza di una fiorente ed in crescita comunità di iracheni, la maggior parte dei quali cristiani. La Signora Ewas, ad esempio, ha scelto Sodertalje perché ci vive suo fratello.
Il rapido aumento di immigrati iracheni sta avendo un certo impatto sulle comunità originarie. Al centro di accoglienza per immigrati di Sodertalje, una vecchia fabbrica dove i rifugiati e gli immigrati si registrano presso le autorità locali, la situazione è vicina al caos dice Catharina Helling, direttrice del centro.
“Sentiamo la tensione” dice la Signora Helling, facendo notare che il personale è aumentato da 8 a 25 persone negli ultimi otto anni, ed aggiungendo che la municipalità comincia ad avere difficoltà nel trovare insegnanti di svedese. A dicembre, 131 nuovi immigrati si sono registrati presso il centro: tutti iracheni, ed è “un’esperienza dolorosa.”
Coloro che arrivano portano con sé ricordi strazianti del caos iracheno. Il centro ha assunto due esperti per aiutare queste persone, ma la Signora Helling ammette che ciò non è sufficiente considerando l’aiuto e la comprensione di cui gli iracheni hanno bisogno.
Una donna passata dal centro questa settimana si chiama Nooralhuda, ha 63 anni ed è arrivata a Sodertalje alla fine del 2005. Dopo aver rifiutato di dire il suo cognome ha detto di vivere ancora “nella paura.” La donna ha lasciato Baghdad dopo il rapimento della figlia e di tre dei suoi nipoti. Qualche giorno dopo la loro sparizione la donna fu attaccata nella sua casa ed i vicini la convinsero a fuggire. Ora vive con la famiglia di suo figlio a Sodertalje.
Nooralhuda non ha perso la speranza che sua figlia ed i suoi tre nipoti possano essere ancora vivi e spesso chiama i suo vicini per sapere se hanno sentito qualcosa a proposito.
“Non c’è speranza per l’Iraq” dice “il mio desiderio è sapere che mia figlia ed i miei nipoti sono vivi, e di poterli aiutare a venire qui, in Svezia.”
Tradotto ed adattato da Baghdadhope