"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

19 gennaio 2007

Grande, generosa America

Fonte: Los Angeles Times

Partiamo dalla storia di John, un caldeo iracheno rifugiato in America, riportata dal Los Angeles Times, e facciamo un po’ di numeri: secondo le stime dell’UNHCR (Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite) e di altre organizzazioni che si occupano del problema della ricaduta della guerra all’Iraq sui civili:

2.000.000 sono gli iracheni che hanno abbandonato il paese dal 2003
1.700.000 sono gli iracheni che dal 2003 hanno dovuto lasciare le proprie case e trasferirsi in altre zone del paese
100.000 sono gli iracheni che ogni mese lasciano il paese
40.000/50.000 sono gli iracheni che ogni mese si trasferiscono in altre zone del paese rispetto a quelle originarie


700.000 sono gli iracheni fuggiti in Siria
600.000 sono gli iracheni fuggiti in Giordania


60.000.000 di dollari sono stati chiesti dall’UNHCR per fronteggiare la crisi dei profughi iracheni nel 2007
30.000.000 di dollari è quanto spendono gli Stati Uniti per la guerra in Iraq ogni giorno
20.000.000 di dollari è quanto gli Stati Uniti stanzieranno per la crisi umanitaria irachena nel 2007


70.000
sono i rifugiati ammessi ogni anno negli Stati Uniti
6.000 sono i posti riservati ai rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia meridionale
20.000 sono i posti riservati annualmente alle emergenze
466 sono gli iracheni ammessi negli Stati Uniti dal 2003
202 sono gli iracheni ammessi negli Stati Uniti nel 2006

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Pochi iracheni hanno trovato rifugio negli USA.
Lo scorso anno, su 50.000 rifugiati ammessi, solo 202 erano iracheni


By Nicole Gaouette, Times Staff Writer January 17, 2007


WASHINGTON - Due anni fa, un uomo iracheno caricò la moglie ed i loro sei figli su un autobus che li avrebbe portati in Turchia, lontani dai miliziani che minacciavano di ucciderlo perché consegnava acqua agli americani. Cinque paesi, quattro continenti e diciotto mesi dopo, arrivarono al confine tra gli Stati Uniti ed il Messico nella località di San Ysidro. L’uomo, un cristiano iracheno che disse di chiamarsi John consegnò alle guardie di confine un falso passaporto greco e disse loro che aveva bisogno di aiuto e che “Era uno iracheno” John e la sua famiglia hanno ottenuto l’asilo due mesi fa, ma sono tra i pochissimi iracheni che si sono stabiliti negli stati Uniti dove le leggi in vigore dopo l’11 settembre 2001 hanno reso difficile ottenere l’asilo per i rifugiati. L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) stima che circa 2 milioni di iracheni siano fuggiti dal paese e che tra 40.000 e 50.000 lo facciano ogni mese – ma a soli 466 di loro è stato permesso l’ingresso negli USA.
Martedì scorso John ed alcuni altri hanno testimoniato davanti ad un Comitato Giudiziario del Senato il cui scopo è mettere in luce la crisi dei rifugiati iracheni, peggiorata da quando, lo scorso anno, le violenze settarie sono drammaticamente aumentate. Sebbene alcuni dirigenti del Dipartimento di Stato affermino che il problema sia tra quelli prioritari, i legislatori contestano l’impegno dell’amministrazione a riguardo, specialmente per quanto riguarda gli iracheni che hanno lavorato per gli USA.
Paragonandola al problema dei rifugiati della guerra del Vietnam i legislatori considerano la questione in termini di obbligo morale, prudenza strategica ed opportunità – specialmente riavviare i contatti con la Siria dove circa 500.000 iracheni, secondo l’UNHCR, hanno trovato rifugio.“Non dovremmo ripetere il tragico ed immorale errore dell’epoca del Vietnam ed abbandonare gli amici, senza offrire loro rifugio, alla rappresaglia” ha dichiarato il Senatore democratico del Vermont Patrick J. Leahy, presidente del Comitato Giudiziario.
“Abbiamo l’obbligo di essere fedeli agli iracheni che hanno coraggiosamente lavorato per noi – e spesso hanno pagato per questo un prezzo altissimo – dando loro un rifugio sicuro negli USA” ha dichiarato il senatore democratico del Massachussets Edward M. Kennedy, presidente del sottocomitato per l’immigrazione.
Un nuovo programma americano offre speciali visti di immigrazione agli afghani ed agli iracheni che abbiano lavorato come traduttore per le truppe americane, ma solo 50 all’anno.
Il presidente degli Stati Uniti ogni anno stabilisce la quota di rifugiati da ammettere sul territorio nazionale e che comprende un certo numero di posti per le emergenze. Per l’anno fiscale 2006, terminato il 30 settembre, la quota è stata di 70.000 ammissioni , delle quali 5.500 riservate al Medio Oriente e 10.000 alle emergenze. Dei circa 50.000 rifugiati negli USA nel 2006 solo 202 provenivano dall’Iraq.
Ellen Sauerbrey, assistente segretario del Dipartimento di Stato in materia di popolazione, rifugiati ed immigrazione, ha dichiarato che uno dei motivi per i quali la quota di iracheni ammessi è stata inferiore a quella prevista, è la mancanza di fondi.
Il Senatore Kennedy ha evidenziato come l’amministrazione abbia messo in bilancio 20 milioni di dollari per i rifugiati iracheni nell’anno fiscale 2007, mentre le spesa mensile per la gestione della guerra in Iraq è di 8 miliardi dollari.
Ellen Sauerbrey ha sottolineato come le regole imposte dopo gli attacchi dell’11 settembre obblighino il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ad esaminare i casi dei rifugiati individualmente: “E’ una delle ragioni per le quali così pochi (iracheni) siano stati ammessi dal 2003, le regole hanno reso molto più difficili le cose.”
In una conferenza stampa separata, sempre martedì scorso, il portavoce del Dipartimento di Stato Tom Casey ha risposto ad una domanda sul basso numero di iracheni ammessi negli Stati Uniti affermando che: “la cosa importante è capire che i rifugiati iracheni non sono trattati in modo diverso da quelli provenienti dalle altre parti del mondo.”
A Capitol Hill, John, che ha usato solo il suo nome di battesimo, ha testimoniato in aramaico da dietro un paravento perché preoccupato per la sicurezza della sua famiglia. Appartenente alla chiesa caldea, la chiesa cattolica irachena di rito orientale, John ha dichiarato che le persecuzioni stanno portando all’estinzione della cristianità in Iraq, e che la sua famiglia è stata “benedetta” per aver avuto asilo negli USA. “Vi chiedo di continuare ad essere generosi nei confronti dei miei connazionali e verso i caldei che sono stati costretti a lasciare le proprie case” ha aggiunto.
nicole.gaouette@latimes.com

Tradotto ed adattato da Baghdadhope