"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

10 gennaio 2017

Iraq: l’esercito avanza a Mosul. Don Karam: non sarà facile ritornare


Le truppe governative irachene hanno riconquistato diversi quartieri orientali di Mosul, dove dal 17 ottobre è in corso l’offensiva per strappare la città al sedicente Stato Islamico. Tra le zone tornate sotto il controllo di Baghdad anche al Sukkar, un tempo abitata da famiglie cristiane. Intanto nelle aree tornate sotto il controllo di Baghdad nella piana di Ninive si contano i danni della furia jihadista, secondo un funzionario del Kurdistan sono stati distrutti almeno 100 luoghi di culto, in gran parte cristiani. Ma sulla situazione nel nord dell’Iraq e nei villaggi  cristiani liberati, Marco Guerra ha intervistato don Karam  Najeeb, collaboratore di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ e sacerdote della diocesi di  Alqosh:

L’esercito sta liberando alcuni paesi che si trovano proprio nella Piana di Ninive, in cui vivevano più di 120 mila cristiani, che sono stati forzati a lasciare tutta la Piana di Ninive. Quello che sta accadendo adesso rappresenta certamente una speranza, perché stanno liberando… Ma, purtroppo, quando vediamo quello che hanno lasciato sia l’esercito iracheno che quelli dell’Is: c’è solo tanta distruzione! Migliaia di case sono state bruciate; anche alcune chiese sono state bruciate, altre chiese sono completamente distrutte e saccheggiate… Sicuramente abbiamo bisogno di tanto tempo per ricostruire tutto questo. Le famiglie non possono assolutamente tornare adesso! Ad esempio nel mio paese, così come in altri paesi della Piana di Ninive,  perché si trovano al confine tra l’esercito del governo iracheno e l’Is: c’è una distanza di soli tre chilometri… In questo caso è impossibile tornare, perché ogni volta ci sono nuove battaglie. Non dimentichiamo che in questi due anni l’Is ha  anche realizzato tanti tunnel…
Anche Mosul è interessata dai combattimenti e alcuni quartieri sono stati riconquistati. C’è la volontà di tornare in città da parte dei cristiani?
Sì, sicuramente! Lì i cristiani avevano delle case e tanti di loro erano docenti all’università ed erano indipendenti dal governo. E quindi tanti hanno il desiderio e l’interesse a tornare. Il problema è invece come potranno vivere con queste persone, che sono musulmane: non dimentichiamo che tanti nostri vicini ci hanno derubato, ci hanno minacciato e ci hanno obbligato a lasciare il nostro paese, la nostra casa. Hanno rubato tutte le nostre case! E questo è certamente difficile. Ma è anche importante ritornare in quelle terre, in cui siamo presenti da oltre duemila anni e anche se i nostri padri e i nostri nonni hanno vissuto una tragedia, che non è certo di questi giorni: i cristiani hanno vissuto una tragedia in questo secolo e che va ancora avanti oggi, perché sempre sono esistite queste persecuzioni.  Ma noi abbiamo sempre questo grande amore per la nostra terra e sempre cerchiamo di ritornare e di ricreare una realtà di pace con gli altri, così come ci ha insegnato il nostro Signore Gesù: noi diamo amore anche ai nostri persecutori…
Certo, il nord dell’Iraq è una delle aree storiche di presenza del cristianesimo fin dagli albori: i cristiani possono essere un collante della società irachena in queste regioni?
I cristiani hanno sempre rappresentato quelle persone che hanno dato – e che continuano a dare - questa speranza a tutti gli altri cittadini dell’Iraq. Ma la difficoltà è di vivere con persone che non ci vogliono bene e che tante volte cercano di cancellare la nostra stessa esistenza in quella terra: la nostra esistenza in quella terra è molto importante, perché anche oggi i cristiani dell’Iraq  parlano, pregano nella lingua aramaica; dal primo secolo, noi come caldei, la nostra discendenza è collegata ad Abramo e quindi un’esistenza molto ricca.  Ma rimangono purtroppo le situazioni in questa maniera e abbiamo paura di perdere questa nostra presenza e questa nostra esistenza in quella terra così speciale.
Il governo iracheno, la comunità internazionale e anche la Chiesa cosa possano fare e cosa stanno facendo per fare in modo che i cristiani tornino in queste terre?
Ad oggi non è chiaro cosa farà il governo per i cristiani che vogliono tornare: non hanno liberato tutta Mosul o tutta la Piana di Ninive… Speriamo, però, che il governo faccia il suo dovere e ricostruisca tutto quello che è ormai distrutto. La Chiesa, invece, sin dal primo giorno - e anche oggi - ha fatto tanto e questo grazie anche a tanti benefattori e tante fondazioni che hanno aiutato e incoraggiato le persone a rimanere: per questo hanno anche costruito scuole al nord dell’Iraq… Il governo non ha fatto questo, così come i Paesi Occidentali! E’ certo che abbiamo bisogno di vicinanza e di un aiuto per continuare a vivere e continuare ad esistere in quella terra.