"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

6 maggio 2009

Sinodo della Chiesa Caldea. Mons. Warduni: "La grazia di Dio ci ha guidati in spirito di concordia per il bene della Chiesa e dei fedeli".

By Baghdadhope

Terminato il sinodo della chiesa caldea ad Ankawa. Sul sito del Patriarcato Caldeo è stata
pubblicata la relazione dei lavori sinodali firmata dal Segretario del Sinodo Mons. Jacques Isaac.
Secondo la relazione i punti trattati sono stati molti.
I vescovi hanno auspicato l'unità all'interno della stessa chiesa caldea così come quella con le chiese sorelle sia in Iraq che all'estero in campo ecumenico e pastorale, ed il superamento della ricerca degli interessi personali.
I vescovi sono stati invitati a consolidare buone relazioni con i musulmani e con tutte le altre componenti irachene al fine di rendere il paese un'oasi di coesistenza e coesione.
Speranza è stata espressa che la pace e la stabilità possano tornare a regnare in Iraq e che i rifugiati possano far ritorno alle proprie case.
Il sinodo ha espresso la richiesta che nella nuova costituzione del Kurdistan la componente caldea possa essere inclusa indipendentemente dalle altre così come l'articolo 125 della costituzione irachena garantisce i diritti amministrativi, politici e culturali delle varie nazionalità come i turcomanni, i caldei e gli assiri. La richiesta è che tale articolo possa quindi essere incluso anche nella costituzione del Kurdistan così da permettere ai caldei di continuare a contribuire politicamente, culturalmente e socialmente alla nascita di un Iraq prospero, democratico e pluralista.
Esaminando la situazione dei rifugiati e degli sfollati iracheni cristiani il sinodo ha ringraziato tutte le istituzioni che hanno contribuito ad alleviarne le pene sottolineando l'importanza di continuare a dar loro supporto spirituale e materiale ed auspicando un loro ritorno alle proprie case ed alle proprie attività. Il sinodo a questo proposito chiede al governo iracheno di facilitare questo ritorno anche attraverso una politica di compensazione che rafforzi la presenza cristiana, nel " nostro amato paese."
In campo amministrativo il sinodo ha stabilito la creazione di un consiglio patriarcale permanente formato da 4 vescovi che sia di sostegno all'opera del patriarcato. All'attenzione del sinodo anche il Babel College, l'unica facoltà di filosofia e teologia cristiana in Iraq, l'Istituto di Scienze religiose per la formazione dei catechisti e la formazione e la crescita del clero sia in Iraq che all'estero.
La dichiarazione del sinodo non contiene riferimenti ai nomi dei 4 vescovi che formeranno il consiglio patriarcale permanente nè, come da legge canonica, alle eventuali nomine vescovili che, se sono state fatte, devono superare l'iter vaticano per le approvazioni del caso. Un passo questo necessario vista la situazione delle diocesi di Mosul, vacante dalla morte del compianto Mons. Faraj P. Rahho, e di quelle di Erbil e del Canada che mancano ancora di un vescovo titolare e che sono affidate per ora rispettivamente al vescovo di Amadhiya, Mons. Rabban Al Qas ed a Mons. Hanna Zora titolare emerito della sede di Awhaz (Iran).
E' ancora presto quindi per dire quali saranno gli sviluppi di tale sinodo che ha in ogni caso segnato un passo in avanti rispetto a quello precedente del giugno 2007 che era stato caratterizzato dalla mancata partecipazione ad esso di un nutrito gruppo di vescovi che in una dichiarazione inviata ad Asianews avevano spiegato i motivi del loro “boicottaggio” giustificandolo con una durissima critica alla gerarchia ecclesiastica caldea e con la mancata accettazione da parte del suo patriarca di posporre il sinodo stesso per avere più tempo per approfondire i temi dell’agenda suggeriti proprio da quei vescovi. Ma che soprattutto verrà ricordato come quello “bruciato” dalla notizie pubblicate che portarono ad una sorta di “congelamento” delle decisioni sinodali. Un congelamento che non ha mancato di creare tensioni tra le due parti allora avverse e che sembrerebbero essersi sciolte in questa dichiarazione comune.
Certo è che uno dei punti trattati dal sinodo: la richiesta di inclusione dell'entità caldea come separata dalle altre nella costituzione del Kurdistan non mancherà di suscitare scalpore tra i sostenitori della comune identità assiro caldea siriaca. A questa decisione non deve essere estraneo Mons. Sarhard Y. Jammo, vescovo dell'Eparchia della California che già nel 2004 si era dichiarato favorevole all'inclusione dei caldei come entità separata da quella assira nella vita dell'Iraq. Proprio Mons. Jammo che poco prima dell'inizio del sinodo aveva presenziato, insieme a Mons. Ibrahim Ibrahim, vescovo caldeo dell'Eparchia di San Tommaso Apostolo negli Stati Uniti dell'Est, ad un incontro del Chaldean National Council nella cui dichiarazione finale si è sottolineata la necessità di distinguere l'entità caldea dalle altre.
A questo proposito Baghdadhope ha sentito Mons. Shleimun Warduni che ha ribadito come "ogni etnia è cara ai suoi appartenenti" e che per questa ragione, in assenza di una denominazione comune che possa far risaltare parimenti le diverse entità che la compongono, la loro diversificazione, anche nella denominazione ufficiale, è necessaria.
Mons. Warduni ha anche spiegato i compiti del consiglio patriarcale permanente che si riunirà 2 o 3 volte all'anno per studiare, insieme al patriarca che naturalmente lo guiderà, i diversi temi da affrontare nei sinodi.
Interrogato sullo svolgimento del sinodo Mons. Warduni ha sottolineato come in questa occasione, seppure con le normali divergenze di opinione, la "grazia di Dio ci ha guidati in spirito di concordia per il bene della Chiesa e dei fedeli".