By Asia News
“Abbiamo detto loro che vogliamo restare uniti, che vogliamo
aiutarli, che non siamo infedeli… ‘Kuffar’ [miscredenti]. Ecco, dobbiamo
insistere su questa parola, devono capire che non siamo infedeli”. È
quanto afferma ad AsiaNews il patriarca caldeo mar Louis
Raphael Sako, dopo aver visitato due campi profughi alla periferia di
Mosul, uno dei quali accoglie solo famiglie musulmane, e aver
distribuito aiuti e denaro raccolto dalla Chiesa irakena nelle scorse
settimane. “Queste persone - prosegue sua beatitudine - hanno risposto
che sono quelli dello Stato islamico (SI) i veri ‘kuffar’, i miscredenti
che hanno macchiato il nome dell’islam”.
Questa mattina il primate caldeo ha varcato le porte del campo
profughi di Hammam al Halil, situato a circa 15 minuti dalla periferia
di Mosul, metropoli del nord e roccaforte dello SI in Iraq, dove sono
ospitati 25mila profughi musulmani. A nome dei cattolici irakeni, il
patriarca ha consegnato aiuti per circa 3mila persone.
A seguire, la delegazione della Chiesa irakena ha visitato un secondo
campo profughi, a 20 minuti di distanza da Mosul, nel quale sono
ospitate almeno 11mila persone, fra cui cristiani. Anche in questo caso
sono stati distribuiti aiuti per un migliaio di famiglie, oltre che
denaro contante per l’acquisto di medicinali e altri generi di prima
necessità.
“I due campi profughi - racconta ad AsiaNews mar Sako - si
trovano poco distanti da Mosul. Avremmo voluto spingerci sino alla
periferia della città e vedere di persona la situazione. Tuttavia, non
abbiamo potuto farlo perché sono in corso bombardamenti e pesanti
scontri” fra esercito irakeno e milizie jihadiste arroccate nel settore
occidentale.
A febbraio i governativi sono riusciti a cacciare i miliziani di
Daesh [acronimo arabo per lo SI] dalla zona est di Mosul, alla destra
del Tigri, dopo mesi di combattimenti intensi. L’offensiva
è iniziata il 17 ottobre e sono serviti quasi cinque mesi per vincere
la resistenza jihadista nell’area. Ora l’obiettivo è di assumere il
completo controllo della seconda città per importanza del Paese, anche
se resta prioritario il problema della sicurezza dei civili coinvolti
nell’offensiva.
Nella Città Vecchia di Mosul, nel settore occidentale, sorgono le più
antiche chiese di tutto l’Iraq e alcuni dei più importanti monasteri.
Edifici che risalgono al quinto, sesto, settimo secolo dopo Cristo e che
costituiscono un vero e proprio patrimonio non solo religioso, ma anche
storico e culturale per il Paese.
L’offensiva militare in atto ha causato nella sola zona ovest almeno
4mila vittime e la distruzione di 10mila abitazioni, in quella che molti
attivisti e religiosi locali definiscono “una vera e propria tragedia”.
Sono i nuovi profughi, le ultime vittime dell’offensiva, che si vanno
ad aggiungere agli sfollati della prima ora. In tutto il Paese vi sono
circa 3,5 milioni di sfollati, e il numero è destinato a salire
considerando che vi sono ancora 400mila persone a Mosul ovest.
Descrivendo la situazione del campo profughi di Hammam al Halil, mar
Sako parla di una “situazione terribile, di persone a terra, uomini e
donne che soffrono e disperano”. “Noi siamo venuti qui - prosegue il
patriarca caldeo - per dire loro che siano vicini, per mostrare loro la
nostra solidarietà, che crediamo nello stesso Dio. Questi profughi ci
hanno detto di tornare a Mosul, che senza i cristiani non è la stessa
città”. Lasciando il campo profughi alle spalle, il patriarca caldeo
racconta di aver visto arrivare “altri quattro pullman con a bordo”
decine di famiglie tuttora in fuga dalle violenze che si stanno
consumando a Mosul. “Bisogna ricostruire la fiducia - conclude mar Sako -
salvare il mosaico religioso, etnico e culturale irakeno. E sono gesti
come questi che aiutano a ricostruire la fiducia, che servono a
risollevare persone che si sentono umiliate, a terra”.