By Asia News
11 aprile 2017
I cristiani in Iraq e nel mondo si preparano a celebrare la Pasqua di resurrezione “nonostante le sofferenze e le difficoltà” causate “dall’odio razzista” e dagli “attacchi sanguinari dei terroristi”. È quanto afferma il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako nel messaggio diffuso in occasione della Settimana Santa. Il primate della Chiesa irakena rilancia il compito di dialogo e riconciliazione che è affidato ai cristiani, chiamati a “rinsaldare il legame” con la propria terra. E invita politici e leader religiosi a costruire uno Stato “civile e moderno”, integrato in un “contesto di identità nazionale” che sappia promuovere “programmi educativi, economici e sociali efficaci”.
11 aprile 2017
I cristiani in Iraq e nel mondo si preparano a celebrare la Pasqua di resurrezione “nonostante le sofferenze e le difficoltà” causate “dall’odio razzista” e dagli “attacchi sanguinari dei terroristi”. È quanto afferma il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako nel messaggio diffuso in occasione della Settimana Santa. Il primate della Chiesa irakena rilancia il compito di dialogo e riconciliazione che è affidato ai cristiani, chiamati a “rinsaldare il legame” con la propria terra. E invita politici e leader religiosi a costruire uno Stato “civile e moderno”, integrato in un “contesto di identità nazionale” che sappia promuovere “programmi educativi, economici e sociali efficaci”.
Ecco, di seguito, il messaggio per la Pasqua del patriarca caldeo (traduzione a cura di AsiaNews):
1 - I cristiani in Iraq (come in tutto il mondo) si preparano in
questi giorni a celebrare la gloriosa resurrezione della Pasqua,
nonostante le sofferenze e le difficoltà di ogni giorno a causa
dell’odio razzista che essi hanno sperimentato e continuano a subire a
causa di leggi e provvedimenti ingiusti. A questo si aggiungono gli
attacchi sanguinari dei terroristi, che provocano profonde ferite che
non possono certo essere ignorate, in special modo quelle che comportano
la cacciata dalle proprie case. Per questo ci aspettiamo che i
funzionari governativi e i leader religiosi si prendano carico di questi
problemi, e compiano qualcosa in più delle visite di cortesia e di
considerazioni ormai vuote su maggioranza e minoranza. Al contrario,
servono iniziative concrete a sostegno di una continua presenza [dei
cristiani], in quanto popoli nativi di questa terra; a questo si
aggiunge la necessità di garantire analoghi diritti in tema di
cittadinanza e trattarli come veri partner in un discorso di
“auto-determinazione”.
2 - Per tutti questi motivi, ivi compresa la migrazione, la nostra
Chiesa caldea in Iraq è diventato un “piccolo gregge”, pur continuando a
rimanere viva, una Chiesa potente, aperta all’ecumenismo, capace di
aiutare i poveri e gli sfollati, fra i quali vi sono 700 studenti
universitari. Si tratta di rifugiati di Mosul e della piana di Ninive,
ai quali vengono forniti alloggio e sostegno [agli studi] senza fare
distinzioni in base alla fede professata o all’etnia di appartenenza.
Questa è la nostra Chiesa, capace di servire con amore per il bene di
tutta la popolazione; capace di infondere speranza, di promuovere la
solidarietà, di ricostruire ponti interrotti, di sostenere il dialogo e
una riconciliazione nazionale. Ed è anche per questo che il patriarcato
caldeo ha promosso una marcia per la pace in occasione della Settimana
Santa in Iraq, un tragitto di 140 km fra Erbil e Alqosh; a questo si
aggiunge una conferenza organizzata per il 10 maggio e intitolata:
“Cittadinanza e co-esistenza nel messaggio inviato dal pulpito
religioso” in collaborazione con i funzionari della commissione per
l’Integrazione.
3 - In un contesto di crescente deterioramento della sicurezza in
Iraq, delle infrastrutture, di una economia in calo negli ultimi 14
anni, le sconfitte inferte allo Stato islamico (Daesh, che ha seminato
morte, distruzione e sfollati) e il conseguente trionfo delle nostre
coraggiose forze armate nell’area sono fonte di orgoglio e speranza per
gli irakeni. Per questo è giunto il tempo per i politici di unirsi e
correggere la rotta, impegnarsi nella costruzione di uno Stato civile e
moderno, integrato in un contesto di identità nazionale. In aggiunta,
servono anche programmi educativi, economici e sociali efficaci. Solo
così il nostro Paese potrà trovare la propria strada verso un rilancio
della qualità di vita a tutti i livelli. E solo allora gli irakeni
potranno beneficiare di un futuro sicuro e pacificato contraddistinto da
giustizia, dignità e libertà.
4 - Poiché l’essere cristiani significa adempiere a ciò per cui siamo
stati chiamati nella vita, invito personalmente i fedeli in generale e i
caldei in particolare a non farsi scoraggiare dagli “eventi” di cui ho
parlato qui sopra e di non spegnere la fiamma della Pasqua che arde nei
loro cuori.
Al contrario, voi fedeli dovete in questo periodo speciale dell’anno:
- Rafforzare la vostra fedeltà al cristianesimo e alla Chiesa;
rinsaldare il legame con la propria terra; rinnovare la fiducia e
consolidare i legami con i propri concittadini di differenti estrazioni;
e tenere bene in mente che la loro presenza in questa terra è un segno e
una testimonianza di convivenza che va avanti da 20 secoli.
- Uscire da questo atteggiamento attuale di negatività e non
confidare in una soluzione come quella della migrazione, che non offre
alcuna garanzia; anzi, è tempo di tornare nelle proprie città, di vivere
e mantenere aperto il legame con il proprio patrimonio storico,
culturale, linguistico, la memoria dei nostri avi, santi e martiri. La
Chiesa caldea, a dispetto delle limitate possibilità, ha già iniziato a
ripristinare le cittadine della piana di Ninive comprese nella “linea di
Alqosh” (a nord di Mosul).
- Unire le loro forze e i loro pensieri come fratelli di un’unica
nazione. Dato che i “cosiddetti” termini caldeo, siro, assiro, etc sono
simili alle dita di una mano, essi si trasformano in una cosa sola a
dispetto della loro individualità. Tuttavia, queste distinzioni
dovrebbero incoraggiare l’unità e apprezzarne al contempo l’unicità,
perché diversità implica ricchezza e l’unità dovrebbe essere vista come
un requisito per i cristiani, affinché essi possano mantenere la loro
presenza politica e dare il loro contributo agli affari della cosa
pubblica.
- Lavorare in modo efficiente con i concittadini irakeni di religioni
diverse, come i musulmani, gli yazidi, i sabei, i medei, per affrontare
le sfide comuni della nazione. Questo permetterà alle persone di questo
Paese di promuovere la diversità, la molteplicità e il rispetto delle
differenze all’interno di una cittadinanza comune e di regole condivise
di condotta morale.
5 - Infine, la Chiesa caldea ha dedicato questo anno 2017 alla pace.
Per questo, le celebrazioni della Settimana Santa rappresentano una
opportunità unica per infondere a tutti noi una grande speranza nella
pace, nella stabilità e in una vita nuova attraverso la preghiera, la
riflessione, la riconciliazione e il dialogo.
Vorrei infine estendere le mie più sincere felicitazioni per tutti
gli irakeni, assieme ai miei migliori auguri di pace e di prosperità per
il nostro amato Iraq.
Possa Dio garantire la resurrezione a tutti noi.