Tutto è cominciato nell’agosto del 2014, nel cortile di una casa
riminese. Una chiacchierata tra amici, colpiti, feriti dalle notizie e
dalle immagini che arrivavano da Mosul e dalla Valle di Ninive. Migliaia
di persone in fuga dalle atrocità dei miliziani dello Stato islamico,
che avevano marchiato a fuoco i muri delle case abitate dai cristiani
con la lettera "N", iniziale di Nazarat nell’alfabeto arabo, a indicare i
seguaci di Gesù. Proprio quella lettera, considerata simbolo di
maledizione, di esclusione, un marchio d’infamia, era diventata il logo
con cui "Avvenire", alcune settimane prima, aveva deciso di accompagnare
le notizie pubblicate sulla macelleria che l’autoproclamato Califfato
stava perpetrando ai danni della comunità cristiana e di altre minoranze
che da secoli vivevano in pace in una regione di biblica memoria. E
quella lettera è diventata il simbolo del Comitato Nazarat che dal 20 di
agosto dell’anno scorso, il 20 di ogni mese, si raduna per pregare e
testimoniare la vicinanza ai cristiani martirizzati nel mondo, eleggendo
a palcoscenico un luogo centrale di Rimini: piazza Tre Martiri,
intitolata alla memoria di tre partigiani uccisi dai nazisti.
Un gesto semplice, la recita del Rosario accompagnata dal racconto di un testimone che abita o ha visitato le regioni dell’Iraq colpite dalla furia jihadista: volontari, religiosi, giornalisti. Ogni volta qualcuno si aggiunge, e sono ormai migliaia le persone che hanno partecipato all’iniziativa, tra cui anche il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi e il vescovo emerito Mariano De Nicolò.
Il 20 maggio, il gesto si ripeterà come ogni mese, alla presenza di Yohanna Petros Mouche, il vescovo siro-cattolico di Mosul che porterà la sua testimonianza, e dell’effigie miracolosa della Madonna del Giglio venerata nella cappella di corso d’Augusto e che nel mese di maggio viene portata in pellegrinaggio nelle chiese del centro storico della città romagnola. Sabato sera, veglia di Pentecoste, il Comitato Nazarat si unirà alla preghiera convocata dalle associazioni laicali nella stessa piazza raccogliendo l’appello lanciato dalla Chiesa italiana in favore dei cristiani perseguitati in tante parti del mondo.
Testimoni disarmati di un Amore che ha accettato la croce per rendere testimonianza alla verità.
C’è da sperare che sabato saranno in tanti, a Rimini e in tutta Italia, ad aderire alla proposta di fare memoria dei fratelli "uccisi perché cristiani", come continua a ricordare papa Francesco, e a chiedere a un Altro di ispirare quella rivoluzione dei cuori, che sola può cambiare il mondo.
Un gesto semplice, la recita del Rosario accompagnata dal racconto di un testimone che abita o ha visitato le regioni dell’Iraq colpite dalla furia jihadista: volontari, religiosi, giornalisti. Ogni volta qualcuno si aggiunge, e sono ormai migliaia le persone che hanno partecipato all’iniziativa, tra cui anche il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi e il vescovo emerito Mariano De Nicolò.
Il 20 maggio, il gesto si ripeterà come ogni mese, alla presenza di Yohanna Petros Mouche, il vescovo siro-cattolico di Mosul che porterà la sua testimonianza, e dell’effigie miracolosa della Madonna del Giglio venerata nella cappella di corso d’Augusto e che nel mese di maggio viene portata in pellegrinaggio nelle chiese del centro storico della città romagnola. Sabato sera, veglia di Pentecoste, il Comitato Nazarat si unirà alla preghiera convocata dalle associazioni laicali nella stessa piazza raccogliendo l’appello lanciato dalla Chiesa italiana in favore dei cristiani perseguitati in tante parti del mondo.
Testimoni disarmati di un Amore che ha accettato la croce per rendere testimonianza alla verità.
C’è da sperare che sabato saranno in tanti, a Rimini e in tutta Italia, ad aderire alla proposta di fare memoria dei fratelli "uccisi perché cristiani", come continua a ricordare papa Francesco, e a chiedere a un Altro di ispirare quella rivoluzione dei cuori, che sola può cambiare il mondo.