By Baghdadhope*
La questione dei sacerdoti e dei monaci caldei che in passato hanno abbandonato le proprie diocesi ed il proprio monastero senza il permesso dei propri superiori in Iraq per rifugiarsi all'estero, sta diventando una vera e propria serie a puntate sempre più difficile da riassumere.
In sintesi sarebbe stata volontà del Patriarca, Mar Louis Raphael I Sako, che questi preti e monaci "fuggiaschi" avessero fatto ritorno in patria già due anni fa, ma soprattutto dallo scorso anno quando il Patriarcato emise un decreto a proposito.
Il rifiuto di molti di essi di obbedire agli ordini patriarcali, e la lentezza con la quale la questione è stata affrontata a Roma da parte della Congregazione delle Chiese Orientali che il Patriarcato non ha mancato di sottolineare, ha fatto sì che essa non sia ancora risolta a nove mesi di distanza dal quel decreto.
Alcuni di quei sacerdoti e monaci nel frattempo hanno deciso di tornare a servire la chiesa ove destinati dal Patriarcato, alcuni hanno promesso di farlo ma ancora non hanno mantenuto la parola data, altri, infine, sono stati sospesi.
Recentemente, era stata stabilita un'ennesima "finestra temporale" per il loro rientro in patria, (dal 4 al 17 maggio) ma al ritorno della sua visita pastorale in Iran il Patriarca ha scoperto che una lettera della Santa Sede ha prolungato tale finestra al 31 di maggio, pena la sospensione, forse questa volta definitiva, dalla vita sacerdotale e monastica.
Sarà la volta buona? Il braccio di ferro tra il Patriarcato e la Diocesi con sede a San Diego (USA) guidata da Mons. Sarhad Jammo che ha accolto la grande maggioranza di questi sacerdoti e monaci si risolverà? E come?
Per adesso, non è dato sapere.
Per adesso, non è dato sapere.
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