By Baghdadhope*
In visita in Croatia per creare legami tra quella nazione ed i cristiani iracheni il vicario patriarcale caldeo, Mons. Basel Yaldo, ha tenuto un discorso presso il Museo Nazionale croato il cui testo è pervenuto a Baghdahope.
Nel discorso Mons. Yaldo ha sottolineato la difficile situazione che l’Iraq, ed in particolar modo i suoi cittadini cristiani, stanno vivendo.
“Quello che sta accadendo in Iraq da 12 anni fa è una lunga divisione preparata con cura e strategia.” “Credo che tutto si concluderà con la divisione dell'Iraq; il terreno è già pronto, psicologicamente e geograficamente. La divisione è solo una questione di tempo!”
Mancanza di sicurezza, lavoro e servizi, rapimenti, criminalità sono i problemi che i cittadini devono affrontare da ormai 12 anni tanto che, secondo il vescovo, “la vita per loro si è quasi fermata,” in uno stato il cui governo non è in grado di proteggere neanche il suo personale e quindi: “Come può proteggere il popolo?”
In una tale situazione, continua il vescovo, tutti soffrono “ma i cristiani in particolare perché sono una minoranza nel paese, non hanno alcun potere o autorità” e ciò li sta portando a fuggire smembrando le famiglie in tutto il mondo.
Prima del 2003 la comunità cristiana contava, secondo Mons. Yaldo, più di un milione di persone ora ridotte a circa 400.00: “oggi, purtroppo, siamo dei “resti" dice infatti. Una comunità più che dimezzata per la quale: “Né il governo né la comunità internazionale ha fatto e sta facendo abbastanza.”
La comunità irachena cristiana, erede diretta del “cristianesimo [che] è entrato in Mesopotamia, la 'Terra tra i due fiumi', l'attuale Iraq, entro la fine del primo secolo dell'era cristiana” fa parte di una Chiesa “fin dall'inizio perseguitata dai persiani, arabi, mongoli e ottomani” il cui carisma è il “martirio” onorato nella liturgia e che, per quanto doloroso: “ci dà la forza di perseverare e rimanere dove siamo.”
La fede profonda e la convinzione che “Dio ha il suo piano per la nostra esistenza in quella terra e ci invita a diffondere il messaggio di amore, fratellanza e tolleranza, come ha fatto Cristo” fanno sì che, nonostante tutto, i cristiani in Iraq abbiano “ancora speranza nell’intervento di Dio che tutto può cambiare” e per questa ragione Mons. Yaldo invita tutti a “pregare per la pace nel mondo, soprattutto per i popoli del Medio Oriente che stanno soffrendo, e anche per il mio paese, l'Iraq.”
Mons. Yaldo fu il terzo della lunga serie di sacerdoti rapiti in Iraq tra il 2006 ed il 2007 (compreso il vescovo di Mosul, Mons. Faraj P. Raho, ucciso durante la prigionia). Il suo breve ma duro sequestro fu anomalo. All’epoca segretario del Patriarca caldeo, Mar Emmanuel I Delly, a Mons. Yaldo, come lui stesso racconta, furono rivolte molte domande “sul rapporto tra il Papa e il Vaticano ed i cristiani, e come trattare con gli americani” e fu liberato a condizione che riferisse “le loro richieste (5 condizioni) al Patriarca” e di conseguenza al Vaticano. Subito dopo la sua liberazione, infatti, l’allora Padre Basel ed il Patriarca si recarono a Roma “per incontrare in udienza privata Sua Santità (Papa Benedetto) [e] spiegare tutti i dettagli del sequestro.”
Trasferito per ragioni di sicurezza negli Stati Uniti Mons. Yaldo ha lì servito la comunità caldea fino al 2011 per poi tornare a Roma per il dottorato di ricerca fino al suo trasferimento a Baghdad nello scorso febbraio come nuovo vicario patriarcale caldeo.
Nella sua visita in Croazia Mons. Yaldo è stato accompagnato da padre Thomas Benham, segretario del Patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, da padre Amir Jaje, OP e da Suor Aman Mariam, delle Suore di Santa Caterina da Siena.
Nel discorso Mons. Yaldo ha sottolineato la difficile situazione che l’Iraq, ed in particolar modo i suoi cittadini cristiani, stanno vivendo.
“Quello che sta accadendo in Iraq da 12 anni fa è una lunga divisione preparata con cura e strategia.” “Credo che tutto si concluderà con la divisione dell'Iraq; il terreno è già pronto, psicologicamente e geograficamente. La divisione è solo una questione di tempo!”
Mancanza di sicurezza, lavoro e servizi, rapimenti, criminalità sono i problemi che i cittadini devono affrontare da ormai 12 anni tanto che, secondo il vescovo, “la vita per loro si è quasi fermata,” in uno stato il cui governo non è in grado di proteggere neanche il suo personale e quindi: “Come può proteggere il popolo?”
In una tale situazione, continua il vescovo, tutti soffrono “ma i cristiani in particolare perché sono una minoranza nel paese, non hanno alcun potere o autorità” e ciò li sta portando a fuggire smembrando le famiglie in tutto il mondo.
Prima del 2003 la comunità cristiana contava, secondo Mons. Yaldo, più di un milione di persone ora ridotte a circa 400.00: “oggi, purtroppo, siamo dei “resti" dice infatti. Una comunità più che dimezzata per la quale: “Né il governo né la comunità internazionale ha fatto e sta facendo abbastanza.”
La comunità irachena cristiana, erede diretta del “cristianesimo [che] è entrato in Mesopotamia, la 'Terra tra i due fiumi', l'attuale Iraq, entro la fine del primo secolo dell'era cristiana” fa parte di una Chiesa “fin dall'inizio perseguitata dai persiani, arabi, mongoli e ottomani” il cui carisma è il “martirio” onorato nella liturgia e che, per quanto doloroso: “ci dà la forza di perseverare e rimanere dove siamo.”
La fede profonda e la convinzione che “Dio ha il suo piano per la nostra esistenza in quella terra e ci invita a diffondere il messaggio di amore, fratellanza e tolleranza, come ha fatto Cristo” fanno sì che, nonostante tutto, i cristiani in Iraq abbiano “ancora speranza nell’intervento di Dio che tutto può cambiare” e per questa ragione Mons. Yaldo invita tutti a “pregare per la pace nel mondo, soprattutto per i popoli del Medio Oriente che stanno soffrendo, e anche per il mio paese, l'Iraq.”
Mons. Yaldo fu il terzo della lunga serie di sacerdoti rapiti in Iraq tra il 2006 ed il 2007 (compreso il vescovo di Mosul, Mons. Faraj P. Raho, ucciso durante la prigionia). Il suo breve ma duro sequestro fu anomalo. All’epoca segretario del Patriarca caldeo, Mar Emmanuel I Delly, a Mons. Yaldo, come lui stesso racconta, furono rivolte molte domande “sul rapporto tra il Papa e il Vaticano ed i cristiani, e come trattare con gli americani” e fu liberato a condizione che riferisse “le loro richieste (5 condizioni) al Patriarca” e di conseguenza al Vaticano. Subito dopo la sua liberazione, infatti, l’allora Padre Basel ed il Patriarca si recarono a Roma “per incontrare in udienza privata Sua Santità (Papa Benedetto) [e] spiegare tutti i dettagli del sequestro.”
Trasferito per ragioni di sicurezza negli Stati Uniti Mons. Yaldo ha lì servito la comunità caldea fino al 2011 per poi tornare a Roma per il dottorato di ricerca fino al suo trasferimento a Baghdad nello scorso febbraio come nuovo vicario patriarcale caldeo.
Nella sua visita in Croazia Mons. Yaldo è stato accompagnato da padre Thomas Benham, segretario del Patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, da padre Amir Jaje, OP e da Suor Aman Mariam, delle Suore di Santa Caterina da Siena.