Fonte: SIR
“Le chiese e le comunità cristiane d’Oriente non devono chiudersi in isolamento e non devono diventare dei musei. I cristiani devono assumersi il proprio dovere all’interno del Paese in cui vivono e non emigrare. Solo così potranno vedere i loro diritti riconosciuti e conservati”. Lo ha detto oggi mons. Paul Youssef Matar, arcivescovo di Beirut dei maroniti, nel suo intervento all’incontro della Comunità di sant’Egidio, su “Il valore delle chiese in Medio Oriente – Cristiani e musulmani ne discutono insieme”. Per il vescovo, allo sforzo dei cristiani, deve corrispondere anche “l’impegno delle comunità islamiche a lavorare insieme oltre le onde del fanatismo del quale si conosce bene la causa, la mancanza di umanità”. “E’ falsa l’immagine che si ha dei cristiani di Oriente – ha dichiarato mons. Matar – ritenuti per lungo tempo il cavallo di Troia per l’occupazione dell’Oriente da parte dell’Occidente. Fortunatamente oggi non è così perché con il dialogo sta cambiando anche questa concezione e sta aumentando la conoscenza reciproca”.
Un concetto ribadito anche dal metropolita greco ortodosso di Aleppo, Paul Yazigi : “cristiani e musulmani hanno sempre vissuto insieme. I cristiani di Oriente parlano arabo e ciò li rende capaci di dialogare, essi non sono stranieri ma cittadini a pieno titolo nei loro Paesi. Spetta anche ai cristiani spezzare l’anello della paura che ora li circonda”. “Le comunità cristiane sono forti nella debolezza – gli ha fatto eco don Vittorio Ianari, della comunità di S.Egidio – chiese piccole ma di classe, che hanno scelto di non cercare potere politico o militare, ma di essere libere interiormente per conquistare, attraverso la cultura, l’amicizia dell’altro, capaci come sono di avere una sguardo simpatico sull’altro, anche se spesso non sono capite”.