di Filippo Re
"Noi cristiani corriamo il pericolo di sparire dal Medio Oriente, dalle terre che hanno visto nascere il Cristianesimo, siamo isolati e abbiamo bisogno di essere aiutati con urgenza". Risuona intenso e accorato l'appello di monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare Caldeo di Baghdad, che incontrando i torinesi alla Fondazione Feyles, per iniziativa dell'ufficio cultura della Diocesi, ha fatto il punto sulla situazione della minoranza cristiana in Iraq, tollerata ma sottoposta a continue intimidazioni e minacce che sovente degenerano in rapimenti e omicidi di religiosi e laici. Il forte timore di Warduni è avallato dai numeri che disegnano il consistente calo della popolazione cristiana nei diversi Stati del Vicino e Medio Oriente. Nella terra dei due Fiumi i cristiani erano appena il 3% sotto il regime di Saddam e oggi sono scesi al 2%. A Mosul, nel nord dell'Iraq, dove un anno fa fu trovato morto il vescovo caldeo Rahho, i cristiani erano 25 mila e adesso sono poche centinaia. In città 2500 famiglie hanno lasciato le loro case anche se molte di queste sono tornate, alcune dagli Stati Uniti. Monsignor Warduni ha ripercorso la storia di un popolo condannato a vivere con le guerre: prima il lungo e sanguinoso conflitto con l'Iran, poi la guerra del Golfo, l'occupazione del Kuwait, il terribile e doloroso embargo, l'invasione americana e infine il "dopoguerra" segnato da attentati kamikaze, autobomba, stragi infinite. E oggi, dichiara il vescovo iracheno, "viviamo le conseguenze e i danni della guerra, con carenza di elettricità, mancanza di gasolio in un Paese che galleggia sul petrolio, assenza di ventilatori con 50 gradi d'estate, rapimenti e atti terroristici che continuano. Venite in Iraq per sperimentare cos'è l'inferno! Io stesso mi sono salvato miracolosamente più volte come quel giorno che un'auto è saltata in aria a un check-point a pochi metri dalla mia macchina oppure quando la vettura che guidavo è stata mitragliata in pieno centro". Negli ultimi mesi a Baghdad si vive meglio, ha spiegato il vicario del Patriarca, il governo è un po' più forte e comincia a far rispettare la legge, c'è meno violenza rispetto al passato e la gente esce di più, anche di sera, mentre a Mosul gli episodi di violenza anticristiani non accennano a diminuire e la situazione generale non è ancora sotto controllo. Una piccola minoranza, quella cristiana, che rischia di scomparire in tutta la regione mediorientale. In Palestina i cristiani sono meno del 2%, in Giordania il 4%, in Egitto il 10% , in gran parte copti, in Iran lo 0,1%, in Arabia Saudita non c'è nessun cristiano, mentre in Iraq, osserva monsignor Warduni, l'avvenire dei cristiani è molto incerto e dipende dal futuro del Paese che appare irto di ostacoli anche se non mancano le possibilità di un miglioramento generale. Il dramma non riguarda solo i cristiani che erano 800 mila prima di dimezzarsi ma tutto il popolo iracheno perché i profughi sono oltre due milioni e mezzo e pochi sono quelli che rientrano in patria. "Ogni giorno c'è l'esodo, ogni giorno c'è pericolo, chi garantisce la nostra vita? Chi esce di casa non è sicuro di rientrarci. Gli attacchi contro i cristiani sono improvvisi e negli ultimi tempi 15 sacerdoti sono stati rapiti e toccava a me trattare con i rapitori, gente fanatica pronta a sparare. La priorità per noi iracheni è la pace e la sicurezza e le autorità dovrebbero darci i diritti che ci spettano perché siamo cittadini iracheni a tutti gli effetti". I vescovi iracheni ritengono che i tempi siano maturi per promuovere un Sinodo generale per i cristiani in tutto il Medio Oriente. Una grande assemblea di sacerdoti e prelati per studiare insieme i problemi e le prospettive dei cristiani nella regione, tra cui i quali in mancanza di una visione chiara sul futuro della loro terra prima o poi lasceranno del tutto questi Paesi. Un fenomeno, preoccupante per la Chiesa, è anche quello delle sette protestanti americane ed europee che proliferano in Iraq sfruttando i più deboli. "Un vero pericolo per noi, commenta il vescovo, perché le sette con il denaro cercano di evangelizzare i fedeli". Per i vescovi iracheni la situazione è tale da fare immaginare un disegno complessivo che svuoti il Medio Oriente dalla presenza dei cristiani. Sul previsto ritiro delle truppe americane dall'Iraq entro l'anno monsignor Warduni ha affermato che le forze Usa dovranno lasciare il Paese con la massima responsabilità portando prima pace, sicurezza e stabilità: "l'Iraq deve essere restituito agli iracheni e dal Paese devono andarsene tutte le forze straniere e non solo quelle alleate, senza intromissioni esterne ma il ritiro delle truppe non deve avvenire adesso perché l'Iraq rischierebbe di scivolare nel caos con conseguenze nefaste per la popolazione". Il vescovo caldeo di Baghdad ha poi accennato alla visita ad limina da Papa Benedetto XVI svoltasi nei giorni scorsi insieme agli altri vescovi iracheni. Il Papa è molto preoccupato per i cristiani che soffrono e per la mancanza di prospettive future in Medio Oriente. "Il Pontefice prega per noi e noi gli abbiamo chiesto di fare il possibile per far uscire l'Iraq dal disastro in cui si trova".