"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 dicembre 2008

Caldei celebrano il Natale

Fonte: Detnews.com

by Gregg Krupa

Tradotto ed adattato da Baghdadhope

15 dicembre, Warren. Per molti dei 5.000 rifugiati provenienti dall'Iraq che vivono a Detroit quasi ogni Natale è più felice di quelli passati dal momento in cui è iniziata la guerra nel 2003.
Circa un quarto di loro, più di 1.200 profughi caldei, si sono riuniti domenica nella Bella Hall per una festa di Natale organizzata dalla Diocesi caldea cattolica degli Stati Uniti d'America, ma la gioia del periodo è stata offuscata dal pensiero della sofferenza e dell'inquietudine dei recenti natali. Ed i solchi profondi sulla fronte di alcuni dei rifugiati hanno rivelato la loro continua preoccupazione per la famiglia, i parenti e gli amici lasciati in guerra, o a lottare nelle incerte circostanze come rifugiati in paesi come Siria e Giordania.
"L'anno scorso abbiamo partecipato alla Messa e con noi c'erano molti i cristiani", ha detto Bushra Alawerdi del suo Natale in esilio in Siria nel 2007. "Ma c'èra anche molta frustrazione. Ora stiamo meglio. Anche se non ancora come prima della guerra naturalmente. "Nella zona di Baghdad dove vivevo sono entrati in casa mia ed hanno rubato tutto" ha detto Alawerdi, che è arrivata con il marito e quattro figli all'inizio di quest'anno. "Non abbiamo avuto scelta se non quella di partire. E, no, non vorrei tornare."
"La lingua è difficile per noi qui",
ha detto attraverso un interprete. "Siamo ancora alla ricerca di un lavoro ed i soldi sono pochi. Ma certamente sono più felice rispetto all'anno scorso ".
I caldei, cattolici di rito orientale, sono la più antica comunità di cristiani del mondo. Ne vivono più a Detroit che in qualsiasi altro posto al di fuori dell'Iraq. I lunghi ritardi nel vaglio dello status di rifugiato dei caldei hanno peggiorato la loro situazione, lasciandoli a languire in attesa di ricongiungersi con le famiglie ed i parenti negli Stati Uniti.
Una massa di profughi è ormai arrivata e molti di loro vivono a Warren e Sterling Heights.
Ma il loro desiderio di una vita migliore nel paese che ha guidato una coalizione che ha scatenato la guerra alla loro terra cinque anni fa sta precipitando nel gorgo degli alti e bassi finanziari che gli americani stanno affrontando. La terra piena di opportunità in cui essi credevano sarebbero arrivati ha perso un pò della sua magia mentre aspettavano l'autorizzazione a emigrarvi.
"La decisione di preparare una cena di Natale per i rifugiati ed i nuovi arrivati negli Stati Uniti è legata al voler mostrare loro che qui ci sono fratelli e sorelle che vogliono loro bene e che tenteranno di renderli felici in ogni modo possibile", ha detto Monsignor Ibrahim Ibrahim, che presiede la diocesi cattolica caldea e che ha deciso di organizzare la grande festa di Natale.
"Vogliamo che sentano di non essere stati abbandonati" ha detto Ibrahim. "Vogliamo che sentano che ci sono persone che pensano loro e che li amano. Ma anche loro devono fare la lolo parte in tutto ciò".
Per alcuni dei cristiani rifugiati che hanno visto il peggio della guerra questo Natale segnerà forse un nuovo inizio fatto di fiducia e speranza.
"Ho visto molte cose orribili", ha detto Aamira Botris, parlando attraverso un interprete. "Cose davvero orribili, le abbiamo viste tutti. Sono felice per tutto, ora, tranne che per il fatto che non c'è lavoro".
Per questo Natale Botris è finalmente con sua madre, Rimzia Yono, arrivata a Detroit Metro sei anni fa.
"Lo scorso anno, a Natale, eravamo ad Amman, in Giordania", ha detto Botris. "Ma la nostra felicità non era completa, perché la nostra famiglia non era insieme. Sono molto felice ora perché sono con mia madre. Ma sono ancora triste, quest 'anno, perché mia sorella Sarab Botris, è ancora ad Amman. E' registrata come rifugiata ma non l'hanno ancora accettata e neanche intervistata, ed ha tre figlie con lei."
La comunità caldea locale sta facendo molto per accogliere i rifugiati. Ma tra le preoccupazioni che riguardano l'economia, e se di conseguenza il Michigan potrà fare abbastanza, la festa di Natale è vista come un gesto di speranza e di solidarietà, di fede e di buoni propositi.
"La ragione di questo invito è quella di dare il messaggio di Natale che è un messaggio di amore e di speranza", ha detto Janan Senawi, che ha aiutato ad organizzare la festa a nome della diocesi caldea, e che aiuta molti rifugiati in qualità di psicologo per l'Arab Chaldean Council a Lathrup Village.
"Ne hanno passate tante e nel periodo di passaggio vogliamo aiutarli ad entare a far parte della nostra comunità e delle nostre chiese. Condividere un pasto con loro è stato un gesto simbolico perchè ogni famiglia ricevesse un dono".
Tutte le famiglie hanno ricevuto da Meijer una carta di acquisti del valore di 50$ ed i bambini un regalo, oltre alla festa con la cena ed i canti natalizi.
Milad Latif, che vive a Shelby, ha passato cinque anni ad Amman in attesa di entrare negli Stati Uniti e si considera tra i più fortunati perché i suoi parenti a Detroit prima della guerra chiamarono per mettere in guardia la sua famiglia in Iraq dei pericoli che si prospettavano.
"Sono partito un mese prima della guerra", ha raccontato Latif, che ha appreso dai media che l'edificio commerciale e residenziale dove la sua famiglia viveva a Baghdad è stato un frequente bersaglio dei bombardamenti, da parte degli aerei americani nonché delle auto-bomba della resistenza e dei terroristi. "L'anno scorso ero ad Amman con mia sorella, ma mia madre, mio fratello e mia sorella erano qui. Per questo a Natale eravamo separati, e potete immaginare come è stato."
"La maggior parte dei profughi ringrazia Dio perché sono vivi ed al sicuro",
ha detto. "L'economia va male ma nessuno chiede dove stiamo andando, cosa stiamo facendo, se stiamo andando in chiesa. Si può vivere liberi. Questa è la cosa importante".