Molti anni fa comprai un libro contenente i testi delle canzoni dei Beatles. Leggendo ieri un articolo pubblicato dal Toronto Star quel libro mi è tornato in mente. O meglio, la storia che stavo leggendo mi ha fatto ricordare i primi versi di una canzone ed il disegno che la rappresentava. “E’ proprio un uomo che non viene da nessun luogo, seduto sulla sua terra inesistente, a far progetti inesistenti che non sono destinati a nessuno…”
“Nowhere man” si intitola la canzone, e quei versi mi appaiono perfetti per descrivere la storia di Anjeal Sarkissian, di suo marito Karabet Aram e dei figli Shant, Agob ed Apel, una famiglia armena che fino a qualche anno fa viveva in Iraq dove i suoi avi si erano stabiliti più di un secolo fa. Armeni quindi, ma iracheni per la legge, per la lingua, per le tradizioni acquisite nel tempo. Armeni che, come molti altri iracheni sono stati costretti a fuggire alle violenze ed alle minacce ed a rifugiarsi in un campo profughi in Giordania con un’unica, lontana, speranza rimasta, dall’altra parte dell’oceano e dei continenti, nel freddo Canada dove vive il fratello di Anjeal, Azad. Un fratello che negli ultimi sei anni ha tentato, con l’aiuto della Chiesa Assira Metodista del Canada, di salvare i suoi parenti e farli arrivare a Toronto, forte della sua cittadinanza canadese acquisita dopo esservi emigrato legalmente nel 1997. Immaginate lo shock, la disillusione, la disperazione quando ad un ennesimo tentativo la risposta del responsabile canadese del rilascio dei visti a Damasco è stata che la famiglia di Anjeal non avrebbe potuto raggiungere il fratello a Toronto ma avrebbe piuttosto potuto andare in Armenia. Andare in Armenia? Certo il legame ancestrale con quel paese esiste ma la vita, il futuro di Anjeal, Karabet e dei loro figli, negato nel paese che li ha visti nascere, non è in una terra dove sarebbero stranieri e soli come a Taipei o l’Ungheria, ma lì dove vivono coloro che vogliono loro bene, che li aspettano, che li aiuterebbero a ricostruire la loro vita andata in pezzi.
E poi, pur volendo neanche potrebbero andarci in Armenia. Chi, come un cliente dell’avvocato specializzato in problematiche dell’immigrazione Chantal Desloges, ha provato a farlo dopo l’ennesimo rifiuto del Canada, non solo si è visto negare il visto dall’ambasciata armena, quanto anche un documento che attestasse la sua richiesta, ed il relativo rifiuto, e che potesse servire per ripresentare la domanda al Canada.
Secondo la legge per i rifugiati il Canada, infatti, può reindirizzare una richiesta di rifugio ad uno stato terzo solo dietro garanzia che essa verrà accettata ma l’Armenia, secondo le parole di Arman Akopian, incaricato d’affari della Repubblica Armena in Canada, accetta come richiedenti solo armeni ben integrati nella diaspora facendo notare come, in considerazione del periodo di transizione economica che il paese asiatico vive, esso non è in grado di assorbire un afflusso di rifugiati e perciò tale pratica “non è incoraggiata”.
E’ contro queste leggi che Azad Sarkissian, l’armeno-canadese, dovrà lottare per liberare Anjeal, Karabet ed i loro figli e togliere loro la patente di “nowhere family”.