"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

23 ottobre 2006

Stranezze irachene

29 rappresentanti musulmani iracheni hanno firmato ieri alla Mecca un documento con il quale si impegnano a fermare le violenze settarie che insanguinano l'Iraq. Il documento, pubblicato per intero dal sito ufficiale dell'Organization of the Islamic Conference (http://www.oic-oci.org) che ha organizzato l'incontro, presenta degli interessanti spunti di riflessione.
Il primo è che esso si focalizza sulla necessità di fermare le violenze che causano lo spargimento di sangue tra musulmani, e che in nessuno dei suoi dieci punti si fa riferimento al risparmio di quello dei "non musulmani," peraltro solo così genericamente indicati, senza concedere loro neanche l'onore di essere citati per nome. (cristiani, yezidi, mandei)
Vero è che protagonisti attivi di quelle violenze non sono le minoranze non musulmane che, anzi, ne sono vittime passive, ma vero è anche che un qualsiasi percorso verso la riconciliazione dovrebbe tener conto anche di loro, mentre gli unici riferimenti sono l'invito al rispetto di "tutti" i luoghi di culto (art. 3) e quello a rilasciare "tutti" i prigionieri. (art. 7)
Il secondo spunto è che tra le 29 firme in calce al documento (peraltro pubblicate nella versione araba ma non in quella inglese) mancano quelle sciite del Grand Hayatollah Ali Al Sistani e di Muqtada Al sadr, che si sono limitati ad esprimere la loro approvazione. Due firme "pesanti" nel panorama politico religioso iracheno, la cui mancanza rende il "Documento della Mecca" meno incisivo se è è vero che: "scripta manent..."

Ma cosa c'entra il documento della Mecca con le stranezze irachene?
Domani termina il sacro mese di Ramadan per i fedeli musulmani sunniti, dopodomani, a causa di una diversa tradizione, terminerà quello per i musulmani sciiti. Nell'Iraq del tutti contro tutti però il calendario è diverso: domani i sunniti, dopodomani gli sciiti seguaci di Muqtada Al Sadr, tra tre giorni quelli di Ali Al Sistani.
Se la differenza tra sunniti e sciiti è legata alla tradizione e di conseguenza giustificata, quella tra gli sciiti trova ragione invece nella contrapposizione tra i due leaders che in tal modo ribadiscono ciò che, a dispetto delle roboanti dichiarazioni a favore della riconciliazione, è chiaro a tutti: anche all'interno della stessa confessione la lotta è senza esclusione di colpi, che siano essi veri o, come in questo caso, simbolici.

Conclusione
Se i due principali attori della scena sciita irachena "non" firmano il documento della Mecca, e "non" sono d'accordo neanche sulla data di termine del Ramadan, sarà davvero possibile fermare le stragi in Iraq?
Le premesse, ammettiamole, non sono buone!