"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

10 luglio 2006

Si tifa "Italia" anche in Iraq

Cortei di macchine, cori da stadio, maglie azzurre e tricolori. Niente di particolare nella notte in cui l'Italia ha vinto i campionati mondiali di calcio, se non fosse che le stesse immagini che hanno riempito i nostri schermi si sono viste anche in alcune parti del mondo che forse non immaginavamo così interessate e soprattutto così.. di parte.
Ad Ankawa, nel nord dell'Iraq, la notte è passata così, come in Italia. Centinaia di persone si sono riunite nelle case e nelle strade a vedere la partita ma l'epicentro del tifo italiano è stato lo Youth Club, frequentato dai cristiani di Ankawa che non si sono risparmiati nel tifare per Cannavaro e compagnia e, come noi, sono stati felici del risultato.

2 luglio 2006

Ogni uomo, a qualsiasi popolo appartenga, è fratello.

Domenica 2 luglio. Piazza San Pietro, Roma.
Papa Benedetto XVI ha dichiarato di “seguire con crescente preoccupazione gli avvenimenti in Iraq e Terra Santa” spiegando che “di fronte, da una parte, alla cieca violenza che fa stragi atroci e, dall'altra, alla minaccia dell'aggravamento della crisi fattasi da qualche giorno ancor più drammatica c'è bisogno di giustizia, di serio e credibile impegno di pace: che, purtroppo, non si vedono”.
Per questa ragione il Pontefice ha invitato i fedeli ad unirsi in una preghiera fiduciosa e perseverante: "Il Signore illumini i cuori e nessuno si sottragga al dovere di costruire una convivenza pacifica, nel riconoscimento che ogni uomo, a qualsiasi popolo appartenga, è fratello. "
Per quanto riguarda l'Iraq, il riferimento alla "cieca violenza" ha ricordato a tutti ciò che è avvenuto ieri nell'affollato mercato di Al Ula, nell'immenso quartiere nord orientale di Sadr City, dove un furgone sotto il quale era nascosta un enorme quantità di tritolo è esploso alle 10.00 del mattino causando almeno 66 vittime e centinaia di feriti tra qui molti tuttora in condizioni gravissime.

27 giugno 2006

Chiusura dell'anno accademico del Babel College di Baghdad

Ieri, 26 giugno 2006, alla presenza di varie personalità religiose irachene si è svolta al cerimonia di chiusura dell’anno accademico 2005/2006 dell’unica facoltà teologica cristiana in Iraq, il Babel College di Baghdad.
Nella chiesa Siro cattolica di Mar Benham a Baghdad, 15 studenti, tra cui una donna, hanno ricevuto il diploma di laurea in Teologia, e 16 altri studenti hanno terminato il corso triennale di preparazione alla catechesi dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. La cerimonia, una parte della quale è stata anche trasmessa in diretta da una TV locale cristiana, Ashour TV, è stata presenziata dal Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea, Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, dai suoi Vescovi Ausiliari, Mgr. Jacques Isaac, Mgr. Andraous Abouna e Mgr Shleimun Warduni, e dal Vescovo Siro Cattolico di Baghdad, Mgr. Matti Athanase Matoka.

Il commento alla cerimonia è di Monsignor Jacques Isaac, Rettore del Babel College:
“Nonostante la situazione raccogliamo i frutti del lavoro svolto alla facoltà, un lavoro di comunione tra studenti di diverse chiese che compiono un percorso di fede e di studi comuni necessario per loro per servire la chiesa di Gesù nel suo insieme.”

10 giugno 2006

Vita a Baghdad. Ma... è vita? E morì con un felafel in mano.

Si aggiorna di ora in ora la lista delle proibizioni cui i cittadini di Baghdad devono adeguarsi:
Vietato indossare capi di vestiario con scritte in inglese
Vietato vendere/acquistare maionese (l'accusa è che sia fabbricata in Israele)
Vietato alle donne viaggiare con mezzi pubblici dove ci siano uomini (visto che è già vietato loro di guidare, e che difficilmente nel caos iracheno sarà possibile organizzare trasporti pubblici separati, le donne potranno andare a piedi o rimanere in casa)
Vietato vendere felafel -polpettine di ceci o fave- (ai venditori di felafel sono stati dati 14 giorni di tempo per smettere di vendere il popolare ed economico cibo ed eventualmente "convertire" la priopria azienda - di solito un misero carrettino. La ragione data ad uno di questi venditori è che le felafel non esistevano ai tempi del Profeta Maometto, ma altre ipotesi riguardano la presenza della stessa ricetta nella cucina ebraica)

9 giugno 2006

Vita a Baghdad. Ma... è vita?

Parlo al telefono con un amico che vive a Baghdad. Mi sta raccontando le ultime novità. Se non fosse che so che non sta inventando e che a provarlo ci sono altre testimonianze simili, non crederei alle mie orecchie. Da tempo, ai problemi di una realtà assurda che insanguina Baghdad giornalmente molto più di quanto i nostri media ci dicono, se ne sono aggiunti altri che riguardano i comportamenti che la popolazione deve tenere, e che ben sono riportati da uno dei blogger iracheni. Secondo Zeyad, questo il nome del blogger, quelli che lui definisce "islamisti radicali" hanno ormai preso il controllo, totale o quasi, di molti quartieri di Baghdad in cui sono stati distribuiti dei volantini riportanti i codici di comportamento da tenere. I volantini però non sono uguali da quartiere a quartiere, e mentre in quelli di Ghazaliya ed Adhamiya contengono molte direttive, in altri alcune sono mancanti, una situazione che rende la cosa ancor più surreale, se possibile. Come regolarsi?
Proviamo ad immaginare di vivere con queste regole: se siamo donne dovremo adeguarci ad usare il velo che copre il capo ogni volta che usciamo di casa, e questo anche se, come cristiane, questa pratica non è nelle nostre tradizioni. Non potremo guidare e meno che mai usare il cellulare in pubblico, una pratica considerata disdicevole. Se siamo uomini saremo obbligati ad indossare pantaloni lunghi a patto che non siano blue jeans, a non tagliarci la barba, a non portare il "pizzetto," a non mettere il gel sui capelli, a non portare collanine nè camicie troppo colorate. A questi divieti/imposizioni che riguardano separatamente i due sessi, si aggiungono quelli che riguardano tutti, alcuni dei quali di difficile interpretazione: è vietato vendere ghiaccio, sigarette per strada, prodotti di origine iraniana, giornali, Cd e DVD. Gli spazzini non possono raccogliere la spazzatura in alcune aree, ed in alcune altre è proibito possedere un generatore elettrico. I macellai non possono macellare in particolari date legate ad anniversari religiosi e, come poteva mancare? gli Internet Cafè sono minacciati. Zeyad fa notare di non essere stato in grado di trovare uno di questi volantini di "istruzioni" ma che, anche se si trattasse della classica "leggenda metropolitana," gli assassinii legati al non rispetto delle regole sono reali, e comunque nel dubbio è più prudente adeguarsi alle nuove regole. Molte volte, infatti, la paura è peggiore della realtà. Mi viene da pensare alla faccenda dei telefoni sotto controllo nell'Iraq di Saddam Hussein. Fino alla caduta del regime non c'era iracheno che non si dicesse o non fosse sicuro di avere il telefono sotto controllo, e questo portava a delle conversazioni bizarre fatte di frasi in codice e di prontezza nel raccogliere o nel dare l'informazione voluta ma camuffata. Ebbene, per quanto il controllo del regime fosse effettivamente diffuso, non penso che si potesse arrivare ad un controllo "effettivo" di "tutti" i telefoni del paese, e d'altro canto non sarebbe stato necessario: la paura creava una sorta di "autocensura" che garantiva il massimo del risultato con il minimo investimento. Ma torniamo alle regole ed alla mia conversazione con l'amico di Baghdad.
"Vuoi sapere l'ultima regola?"
"Dai, dimmi"
"Non si può portare la ruota di scorta in macchina"
Perché? Chiedo, dandomi mentalmente la risposta che riguarda la possibilità di nascondervi dell'esplosivo.
"Perché se porti la ruota di scorta dimostri di non aver abbastanza fiducia in Dio. Se ne avessi sapresti che se sarà volere di Dio tu non ne avrai bisogno"
"??????????????"
"E poi qualcuno da anche un'altra spiegazione?"
"??????????????"
"Non puoi portare la ruota di scorta perchè l'aria in essa contenuta non è tua, ma di Dio"
"E l'aria che è dentro le altre quattro ruote di chi è?"
Risata. "E chi lo sa?"
Questa è la vita a Baghdad, ma... è vita?
A questo proposito voglio citare altri due scampoli di conversazione esplicativi di una situazione che difficilmente si riesce persino solo ad immaginare, e che ha diffuso tra gli iracheni fatalismo, saggezza, rassegnazione ed anche una sorta di umorismo nero utile alla sopravvivenza mentale.
Si parlava della dose di violenza quotidiana:
Io: non so proprio come facciate a vivere..
Risposta: e chi ti dice che siamo vivi?
Si parlava della cronica mancanza di elettricità in una città in cui ormai di giorno ci sono 50 gradi centigradi:
Io: se solo fosse possibile installare dei pannelli solari non dovreste più dipendere da nessuno con il sole che avete...
Risposta: se avessimo i pannelli solari qualcuno farebbe saltare in aria il sole con una bomba!

1 giugno 2006

Nessun danno alla chiesa dell'Ascensione di Baghdad

Ulteriori notizie hanno confermato che l'esplosione avvenuta in vicinanza della chiesa dell'Ascensione a Baghdad sarebbe stata causata da un razzo esploso contro il muro esterno che però ha retto all'impatto evitando danni a cose e persone.

Ennesima esplosione a Baghdad vicino ad una chiesa caldea

Sono ancora frammentarie le notizie che arrivano da Baghdad a proposito di una esplosione che stasera ha colpito la casa canonica attigua alla chiesa dell'Ascensione, nel quartiere orientale di Mashtal. La chiesa non parrebbe aver riportato danni e non ci sono per ora notizie di morti o feriti.

20 maggio 2006

Patriarca di Babilonia dei Caldei in visita in Europa

Domenica 21 maggio il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Mar Emmanuel Delly III, celebrerà la Santa Messa nella chiesa dedicata a Saint Thomas a Sarcelles, sobborgo nordoccidentale di Parigi.
La chiesa di Saint Thomas, consacrata al santo il 7 febbraio del 2004, è la seconda chiesa caldea di Francia. Al 1992, infatti, risale la chiesa di Notre Dame de Chaldée, la prima appositamente dedicata ai fedeli caldei di Francia. La comunità, di circa 16.000 persone, è all'80% caldea, con una forte presenza (circa 4.000 fedeli) proprio a Sarcelles, dove già nel 1993 venne acquistato il terreno dove edificare la chiesa, la cui prima pietra fu posata nel 2001 dal Cardinale Jean Marie Lustiger, Arcivescovo di Parigi.
In Italia, a causa della sparutissima presenza di cristiani caldei non c'è una chiesa dedicata a questo rito orientale, ed i fedeli, molti dei quali residenti a Roma, si riuniscono nell'Oratorio dell'Epifania, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.
Piazza della Repubblica Roma
Via Cernaia 9 - 00185 Roma
Tel (0039) 06488 0812
Fax (0039) 06482 0964

13 maggio 2006

1091 morti nella sola Baghdad ad aprile

Il 10 maggio scorso il presidente iracheno Jalal Talabani ha dichiarato ufficialmente che nel solo mese di aprile ben 1091 persone sono state uccise nella sola capitale. Un numero probabilmente inferiore a quello reale se si considerano i cadaveri che non vengono esaminati dall'Istituto Medico Legale, e dell'enorme numero di vittime di rapimenti che molto spesso si concludono con l'uccisione dell'ostaggio.
Questa recrudescenza della violenza sta spingendo molti abitanti di Baghdad alla fuga. Fuggono dalle bombe poste sul ciglio delle strade e nei mercati, dagli omicidi mirati che colpiscono ora le une ora le altre componenti delle diverse realtà religiose, dai rapimenti, dalle intimidazioni.
Fuggono verso zone considerate più tranquille, o più omogenee dal punto di vista della fede dei loro abitanti. Così molti sciiti provenienti dalle altre parti del paese o dalla stessa capitale tendono a trasferirsi nei sobborghi settentrionali della stessa, limitrofi a Sadr City, roccaforte del leader Moqtada Al Sadr e dove la legge è quella imposta dalla sua milizia: l'esercito del Mahdi.
Così alcune famiglie cristiane si stanno trasferendo a Baghdad Jadida, lasciando il pericolosissimo quartiere meridionale di Dora Mekanik, dove in una sola strada, costellata di check points, è possibile trovare qualche negozio aperto, ma solo fino alle due del pomeriggio, quando scatta un coprifuoco spontaneo che chiude in casa la popolazione terrorizzata.
Fuggono dalla violenza, ma non solo. In una città in cui ci si deve considerare fortunati a vivere in un quartiere dove l'elettricità viene erogata per un ora e sospesa per cinque, e dove il prezzo del gasolio per i generatori è salito alle stelle, chi può fugge verso il nord per scampare all'imminente estate che anche quest'anno porterà la temperatura fino a 55°.
Essere a Baghdad d'estate vuol dire vivere costantemente in un forno, ed anche prima della guerra era così. Anche prima molte persone non potevano condizionare le proprie case, ma allora era possibile cercare refrigerio sui tetti piatti dove intere famiglie si trasferivano di notte a dormire, o cercare la brezza lungo i viali che costeggiano il Tigri. Ora non più!

8 maggio 2006

La gerarchia caldea incontra il Primo Ministro Curdo

Il giorno dopo la proclamazione ufficiale del governo regionale curdo unificato, inglobante cioè le due amministrazioni fino ad ora gestite in modo autonomo dal PUK (Patriotic Union of Kurdistan) di Jalal Talabani, per la parte orientale del territorio governato dai curdi, e che ha come capitale Sulaimaniyah, ed il KDP (Kurdish Democratic Party) di Massoud Barzani, nella parte occidentale e con capitale Erbil, Nechirvan Barzani, nipote di Massoud e Primo Ministro della nuova entità politica, ha accolto in visita il Patriarca Cattolico Caldeo Mar Emmmanuel III Delly. Il prelato, in visita pastorale nel nord del’Iraq in attesa dell’inizio, domani 9 maggio, del Sinodo dei Vescovi che si terrà nella cittadina di Shaqlawa, ha incontrato il Primo Ministro Nechirvan Barzani e Sarkis Aghajan Mamendu, cristiano appartenente alla Chiesa Assira dell’Est, riconfermato ieri Ministro delle Finanze del governo curdo.
Il Patriarca era accompagnato da diversi vescovi. Presenti all’incontro erano i tre Patriarchi vicari: Monsignor Shleimun Warduni incaricato delle relazioni con le autorità pubbliche e civili, Monsignor Andraous Abouna, incaricato delle relazioni tra i sacerdoti e le chiese, e Monsignor Jacques Isaac, responsabile degli affari culturali, educativi e mediatici. Oltre ai vicari erano presenti: Monsignor Gabriel Kassab, Vescovo di Bassora, Monsignor Michel Kassarji, Vescovo del Libano, Monsignor Sarhad Jammo, Vescovo dell’Eparchia di st. Peter per gli Stati Uniti occidentali ed alcuni sacerdoti.
Gli altri vescovi caldei sono attesi per il Sinodo, il primo del 2006 e successivo a quello straordinario tnutosi a Roma nel novembre del 2005

2 maggio 2006

Nuovo nunzio apostolico in Giordania ed Iraq


Benedetto XVI ha nominato il nuovo nunzio apostolico in Giordania e in Iraq: si tratta di mons. Francis Assisi Chullikatt, 53 anni, di nazionalità indiana. Finora era Consigliere di Nunziatura. Il Papa lo ha elevato in pari tempo alla sede titolare di Ostra, con dignità di arcivescovo. Ordinato sacerdote nel 1978, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede 18 anni fa, prestando la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Honduras, Africa Meridionale, Filippine, presso l'ONU a New York, e infine presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Parla correntemente l’inglese, il francese, l’italiano, e lo spagnolo. Mons. Chullikatt succede all’arcivescovo Fernando Filoni, che il Papa ha nominato nunzio apostolico nelle Filippine e che per circa 5 anni è stato nunzio in Iraq e in Giordania.

16 aprile 2006

Maran Qimle Mshobha Lshemeh

Maran Qimle Mshobha Lshemeh . Con queste parole, che in aramaico significano Felice giorno della Resurrezione, Papa Benedetto XVI ha salutato i fedeli cristiani che appartengono a quelle chiese di rito orientale che usano quella lingua per la liturgia, ed anche come lingua ancestrale dellla comunicazione familiare ed interpersonale con i membri della comunità.
Sono le chiese che hanno come cuore pulsante il martoriato Iraq. L'Iraq dove, secondo il Pontefice, la pace deve prevalere sulla guerra senza pietà.
Stamani le celebrazioni pasquali si sono tenute in tutto il paese senza incidenti di rilievo malgrado le minacce che nei giorni scorsi erano state rivelate ai sacerdoti da parte della polizia irachena e delle forze della coalizione.
Ai cristiani iracheni è difficile augurare una Felice Pasqua, per ora al massimo si può loro augurare che la Pasqua sia serena.

8 aprile 2006

Preoccupazione del Parlamento Europeo per la sorte dei cristiani iracheni

Il Parlamento Europeo ha approvato il 6 aprile 2006 un testo di risoluzione concernente la comunità assira irachena e la situazione delle prigioni in quel paese.
Qui di seguito il testo approvato con evidenziate le parti riguardanti la comunità assira (cristiana) irachena.
Fonte:
http://www.europarl.eu.int/omk/sipade3?PUBREF=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2006-0143+0+DOC+XML+V0//IT&L=IT&LEVEL=1&NAV=S&LSTDOC=Y&LSTDOC=N

Testi approvati dal Parlamento

Giovedì 6 aprile 2006 - Strasburgo

Iraq: comunità assira e la situazione nelle prigioni


Risoluzione del Parlamento europeo sull'Iraq: la comunità assira e la situazione nelle prigioni irachene
Il Parlamento europeo ,
– vista la sua risoluzione del 24 febbraio 2005 sulle priorità dell'Unione europea e le raccomandazioni per la 61a sessione della Commissione ONU per i diritti dell'uomo di Ginevra (dal 14 marzo al 22 aprile 2005)
(1) ,
– vista la sua risoluzione del 28 aprile 2005 sulla relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo nel 2004 e sulla politica UE su tale problematica
(2) ,
– vista la sua risoluzione del 6 luglio 2005 sull'Unione europea e l'Iraq – Un contesto per l'impegno
(3) ,
– vista la decisione del Consiglio Affari generali e relazioni esterne del 21 febbraio 2005 di avviare una missione integrata sullo stato del diritto per l'Iraq (EUJUST LEX),
– viste le conclusioni sull'Iraq del Consiglio relazioni esterne del 7 novembre 2005,
– viste le conclusioni sull'Iraq del Consiglio relazioni esterne del 27 febbraio 2006,
– vista la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti,
– visti l'articolo 35 della Costituzione irachena del 2005, l'articolo 333 del suo Codice penale e l'articolo 127 del suo Codice di procedura penale che proibiscono tutte le forme di tortura,
– visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

Gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane)
A. considerando che il 29 gennaio 2006 quattro chiese e gli uffici del rappresentante del Vaticano a Baghdad, oltre a due chiese di Kirkuk, sono stati assaltati provocando la morte di tre persone (tra cui un ragazzo di 14 anni) ed il ferimento di altri,
B. considerando che gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) sono sempre più spesso vittime di atti di violenza specificamente mirata come la distruzione delle case, rapimenti, assalti alle chiese, molestie, estorsioni e tortura nei confronti di coloro che all'apparenza non rispettano l'Islam,
C. riconoscendo che si è verificato un aumento delle aggressioni agli studenti cristiani delle università irachene, in particolare a Mosul, e che i cittadini cristiani di Mosul vengono invitati ad andarsene,
D. rilevando la triste situazione dei cristiani che sono fuggiti dall'Iraq e che si sono rifugiati nei paesi vicini, principalmente in Siria e in Giordania dove, secondo una relazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, non ricevono alcun aiuto internazionale,
E. considerando che gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) rappresentano un antico popolo autoctono estremamente vulnerabile alle persecuzioni e all'emigrazione forzata e che esiste quindi il pericolo che la loro cultura si estingua,

La situazione nelle prigioni in Iraq
F. considerando che, secondo l'Ufficio dei diritti dell'uomo della missione di assistenza in Iraq dell'ONU (UNAMI), le condizioni delle detenzioni in Iraq e la relativa legalità sono sempre questioni che suscitano particolare preoccupazione,
G. considerando che, secondo il Ministero iracheno dei diritti dell'uomo, al 28 febbraio 2006, in Iraq vi erano 29.565 prigionieri, di cui 14.229 imprigionati dalla Forza multinazionale-Iraq (MNF-I), 8.391 presso il Ministero della giustizia, 488 minorenni presso il Ministero degli affari sociali e del lavoro, 5.997 presso il Ministero dell'interno e 490 presso il Ministero della difesa,
H. considerando che vengono effettuate ispezioni in tutto il paese da parte di rappresentanti dei ministeri iracheni nei luoghi di detenzione sotto il controllo dei Ministeri dell'interno e della difesa, così come in quelli gestiti dalle forze speciali,
I. considerando che EUROJUST LEX fornisce la necessaria formazione a più di 700 funzionari giudiziari, agenti di polizia e agenti carcerari iracheni,
J. ricordando che la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici prevede che nessuno possa essere oggetto di detenzione arbitraria e che la privazione della libertà deve essere basata su motivi e procedure stabiliti dalla legge e invitando tutte le parti ad applicare le sue disposizioni,

Gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane)
1. condanna vigorosamente tutti gli atti di violenza contro gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) in Iraq; invita le autorità irachene e la MNF-I
[1] a individuare i perpetratori di questi gravi reati e a processarli quanto prima;
2. invita le autorità irachene a proteggere gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) dalla discriminazione, conformemente agli obblighi internazionali;
3. invita le autorità irachene a migliorare la situazione della sicurezza degli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) e a facilitare il rientro e la risistemazione dei rifugiati assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane) in un luogo sicuro dove vengano rispettate le loro usanze e il loro modo di vita;
4. chiede il coinvolgimento dei cristiani iracheni nella ricostruzione, oltre che nell'amministrazione del loro paese e dei loro villaggi nell'Iraq settentrionale e in altre parti della regione, allo scopo di preservare la loro identità culturale, religiosa ed etnica nell'ambito di un paese indiviso;
5. sostiene con fermezza gli appelli di buona parte dei leader politici e religiosi iracheni, i quali chiedono moderazione e invita le comunità irachene a unirsi in uno spirito di dialogo e di rispetto reciproco; esprime il proprio pieno sostegno per gli sforzi dell'ONU nella promozione del dialogo intercomunitario nell'ambito del dialogo nazionale; approva l'iniziativa degli Stati della Lega araba di effettuare una seconda conferenza sulla riconciliazione nazionale con la partecipazione di tutte le comunità irachene;
6. invita la Commissione costituzionale della Camera dei rappresentanti irachena a salvaguardare i diritti culturali e religiosi di tutte le comunità irachene nelle sue proposte concernenti la modifica della Costituzione;
7. invita la Commissione e il Consiglio ad adottare tutte le misure necessarie per assistere e proteggere gli assiri (caldei, siriaci e altre minoranze cristiane);

La situazione delle prigioni in Iraq
8. esprime la propria preoccupazione per le condizioni di detenzione nelle prigioni e in altri penitenziari in Iraq; riafferma la sua condanna del ricorso alla tortura e ad altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti nei confronti dei prigionieri; invita le autorità irachene e l'MNF-I ad assicurare che le condizioni di detenzione siano conformi agli standard internazionali sul trattamento dei prigionieri;
9. invita l'MNF-I e le autorità irachene a comunicare immediatamente le identità di tutti coloro che sono ancora in prigione e ad assicurare che abbiano accesso al patrocinio legale, che possano ricevere quanto prima le visite delle loro famiglie e vengano informati dei motivi della loro detenzione;
10. invita le autorità irachene e l'MNF-I ad attuare salvaguardie adeguate per proteggere i prigionieri dalla tortura e dai maltrattamenti, assicurando che:
a) tutte le accuse di maltrattamento siano oggetto di indagini tempestive, complete e indipendenti e che il personale militare, di sicurezza o di altro tipo che abbia praticato, ordinato o autorizzato la tortura venga processato;
b) i detenuti possano effettivamente contestare la loro detenzione dinanzi a un tribunale con tutte le garanzie legali;
c) tutti coloro attualmente detenuti senza capi d'imputazione per reati penali internazionalmente riconosciuti vengano processati o liberati;
11. approva le indagini in corso effettuate dall'MNF-I per quanto riguarda le accuse di maltrattare i prigionieri;
12. approva le ispezioni dei luoghi di detenzione in tutto il paese effettuate dalle autorità irachene; approva il fatto che sono in corso altre ispezioni; approva inoltre che l'UNAMI incoraggi questo processo;
13. invita l'MNF-I e le autorità irachene a concedere al Comitato internazionale della Croce Rossa il completo accesso a tutte le infrastrutture di detenzione britanniche e USA;
14. sostiene i continui sforzi del Ministero iracheno per i diritti dell'uomo per attuare standard elevati, anche nei confronti dei detenuti;
15. sostiene l'EUROJUST LEX; rileva che le autorità irachene hanno chiesto che la missione continui a operare dopo la fine del suo attuale mandato e di ampliare la formazione fornita; invita la Commissione e il Consiglio a prorogare la missione oltre la fine del suo attuale mandato e ad ampliare la formazione fornita, comprendendo la sorveglianza forense;
16. invita il Consiglio dei rappresentanti iracheno a ratificare la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti;
17. invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a dare un ulteriore contributo al rafforzamento dei diritti dell'uomo e dello stato del diritto in Iraq;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al governo transitorio iracheno, al Consiglio dei rappresentanti iracheno, al governo degli Stati Uniti d'America e altri governi che fanno parte dell'MNF-I , nonché al Segretario generale dell'ONU.

[1] Multi National Forces Iraq = Forze Multinazionali Iraq

2 aprile 2006

Due giorni di preghiera e digiuno per l’Iraq, appello di Benedetto XVI
2 aprile 2006
In una Piazza San Pietro gremita di pellegrini convenuti per ricordare la morte, un anno fa, di Giovanni Paolo II, è riecheggiato l'appello del Pontefice Benedetto XVI a favore di due giornate di preghiera e digiuno, domani e dopodomani, per i cristiani iracheni.
L'appello che il Papa ha rilanciato è del Patriarca di Babilonia di Caldei, Emmanuel III Delly, ed era stato anticipato la scorsa domenica a Gallipoli da Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca Vicario, all'epoca in Italia.
"L'allontanamento da Dio ha causato spargimento di sangue, ed è necessario tornare a Lui e fare la Sua volontà perchè Egli restituisca all'Iraq, il paese di Abramo, la pace, la tranquillità e la sicurezza, e perchè l'amore, la fratellanza e la concordia regnino tra tutti gli iracheni ed in tutto il mondo. Che il buon Dio ascolti ed esaudisca le nostre suppliche"
Questo il sunto dell'appello di Mar Emmanuel che rende bene la situazione disperata in cui vivono gli iracheni tutti, ed i cristiani in particolare. Una situazione ribadita solo qualche giorno fa da Monsignor Andreas Abouna, anch'egli Patriarca Vicario dei Caldei, durante una visita in Germania, che, riferendosi all'esodo dei cristiani iracheni ha detto: "Con il cuore i cristiani non vorrebbero lasciare il paese ma a causa della situazione preferiscono farlo … le chiese sono piene ma al di fuori di esse si ha la sensazione che i cristiani siano finiti in Iraq.”
Benedetto XVI durante l'Angelus in Piazza San Pietro ha ben raccolto questa urgenza, e per questo ha detto:
“Invito tutti ad aderire all'iniziativa dei nostri fratelli di quel martoriato Paese, affidando tale intenzione all’intercessione di Maria Santissima, Regina della Pace"
La stessa Vergine Maria cui tutto l'Iraq fu consacrato dale chiese cristiane irachene, anche non cattoliche, il 21 marzo del 2003, a guerra già iniziata da un giorno, ma la cui benedizione è ancora necessario invocare, visto che è proprio di oggi la notizia di un'ennesima minaccia di morte ad un sacerdote caldeo di Baghdad, arrivatagli sotto forma di lettera lasciata nella casetta delle elemosine, a dimostrazione del fatto che neanche il chiuso di una chiesa può garantire la sicurezza in un paese dove, come ha affermato un altro sacerdote: “Qui non c’è – un - nemico, qui -ognuno - è un nemico.”

1 aprile 2006

Ai miei amici sconosciuti di Baghdad

Nella Baghdad di prima della guerra del 2003 c’era una strada che era diventata famosa: A’arasat al Indiya. In centro, e raggiungibile anche a piedi dai maggiori alberghi della capitale, in essa si era concentrato il lusso che in un paese sotto embargo era riservato solo a quella piccola parte della popolazione che con esso si era arricchito a dismisura, a differenza della maggioranza che di embargo, invece, moriva.
In A’rasat c’erano saloni di bellezza, e manifesti di algide bellezze nordiche impeccabilmente pettinate, boutiques, ed abiti da gran sera luccicanti di paillettes, profumerie, e fragranze francesi ed italiane, negozi di mobili, ed enormi lampadari le cui mille e mille gocce di cristallo riflettevano le luci della strada. In A’rasat sfilavano lente nello struscio notturno scintillanti macchine di lusso difficili da vedere anche sulle nostre strade, e dai cui finestrini aperti rimbombava la musica rock occidentale e si intravedevano gli occupanti, sempre uomini, sempre giovani, che con fare spavaldo scrutavano silenziosi i passanti, specialmente le donne.
In A’rasat c’erano alcuni dei ristoranti meglio frequentati della città dove era d’uso per le donne indossare l’abito lungo a cena. C’era il Castello, sì, proprio il Castello, in italiano. Un’improbabile ricostruzione in piccolo di un castello medioevale, le cui mura e le cui torrette erano ornate da una fila ininterrotta di lucine. Il Latakyia, di proprietà di un libanese, nel cui giardino una grande vasca ospitava le lente carpe del Tigri che, dopo essere state scelte dal cliente, sarebbero state cucinate secondo il metodo con il quale erano conosciute, il masgouf, e che consisteva nel poggiare il pesce, praticamente impalato da uno spiedo, sulle pareti di un forno circolare scavato nel pavimento ed al cui centro brillava un fuoco alimentato a legna. C’era il ristorante all’aperto su più livelli, al cui centro spiccava una vasta quanto inutile piscina, la cui sola illuminazione veniva da piccoli lumini posti sui tavoli ed i cui dondoli a due posti, strategicamente piazzati negli angoli più bui, ninnavano gli amori di adolescenti in jeans e t-shirt che parlottavano fitto, le mani intrecciate.
C’era il bar a tre piani con l’orchestrina dal vivo, un incredibile menu di gelati che malgrado le diverse forme e colori avevano tutti lo stesso sapore dolciastro e la stessa consistenza appiccicosa, e dove era possibile avere come vicini di tavolo gruppetti di ragazze truccatissime ed eleganti che, da sole, si godevano il fresco sorseggiando bibite gelate, fumando, e rispondendo con sguardi falsamente sprezzanti alle mute avances dei giovani conquistatori in macchina.
In A’rasat c’era anche Allan Melody, un negozio di musica molto conosciuto e dove, nonostante l’embargo si poteva trovare di tutto, dalla musica araba classica a quella moderna, da quella sinfonica tedesca al rock inglese, ma soprattutto gli ultimi successi made in USA. Non erano CD originali, questo sia chiaro, ma rispettabili copie che riuscivano però a soddisfare le richieste di quei clienti che criticavano la politica degli Stati Uniti d’America ma che ne ammiravano le stelle della musica.
Quel negozio ora non c’è più. Il proprietario lo chiuse dopo essere stato minacciato di morte, e dopo che una granata, che fortunatamente rimase inesplosa, fu gettata all’interno del locale. Anche il proprietario ora non c’è più. E’ morto a gennaio del 2006, ucciso dagli uomini che non miravano a lui ma che a tutti i costi volevano rapire colei che lui accompagnava, una giornalista americana, un ghiotto boccone da chi nel marasma iracheno cerca di trarre vantaggi politici od economici da queste azioni. Il nome di lei lo conosciamo, Jill Carroll, giornalista del Christian Science Monitor di Boston, rapita il 7 gennaio e liberata il 30 di marzo; quello del vecchio proprietario del negozio di dischi che di Jill era diventato l’interprete, è invece sconosciuto ai più. Il troppo orrore quotidiano dell’Iraq, e di Baghdad in particolare, nasconde i nomi dei morti, dei feriti, dei disperati iracheni non “eccellenti” ed il loro ricordo si perde nel dolore dei familiari e degli amici.
Così è per Allan Enwiya, ex venditore di musica, ex interprete, e poi ex figlio, marito, padre. Figlio unico, Allan aveva una moglie, un bambino di pochi mesi, Martin, ed una bimba di cinque anni, Mary Ann.
Allan, Martin, Mary Ann nomi inusuali per degli iracheni, ma non tanto a sapere che Allan era un cristiano e che come molti suoi correligionari portava, e dava ai figli, nomi non legati alla tradizione araba, quanto piuttosto a quella anglosassone, non per ricordare il periodo della dominazione britannica del paese, quanto piuttosto per ribadire coraggiosamente un’identità “altra,” diversa da quella della maggioranza islamica.
Allan Enwiya non è morto perché cristiano, storie simili alla sua ce ne sono migliaia in Iraq, e purtroppo riguardano tutte le diverse componenti del paese, i musulmani ed i cristiani, gli sciiti ed i sunniti, gli arabi ed i curdi, i turcomanni e gli assiri.
Allan Enwiya è morto però “anche” perché cristiano, anche se non direttamente.
Nell’Iraq di prima del 2003 i cristiani, tranne poche e famose eccezioni, non partecipavano alla vita politica e militare del paese. A livello politico la loro partecipazione era irrilevante anche se ufficialmente bilanciata dalla figura di Tareq Aziz, il cui stesso cambio di nome, originariamente Michael Yohanna, ben dimostra lo scarso attaccamento da egli dimostrato nei confronti dei suoi fratelli cristiani, e soprattutto la necessità di adeguamento totale, anche identitario, con la maggioranza per poter fare politica. Ed allora i cristiani si davano ad altre professioni. Come tutte le minoranze essi riconoscevano l’importanza dell’istruzione e molti quindi, erano in possesso di una laurea. Anche Allan era laureato, in ingegneria, ma la stagnazione dell’economia irachena sotto embargo lo aveva costretto a cambiare il corso della sua vita ed a diventare “DJAllan” come era conosciuto tra gli appassionati di musica di Baghdad.
La maggiore padronanza dell’inglese, e la disponibilità dei suoi parenti emigrati negli USA a mandargli le copie originali degli ultimi successi musicali che lui poi avrebbe doppiato, gli avevano consentito di gestire con successo il suo negozio. Poi però la scure dell’estremismo islamico che vorrebbe riportare il paese indietro nel tempo negandogli tutto ciò che è troppo “occidentale” e quindi “corruttivo” lo aveva costretto a cambiare mestiere ed era diventato interprete per i giornalisti americani, un lavoro rischioso, svolto prevalentemente dai cristiani le cui tipiche attività commerciali (saloni di bellezza, negozi di barbiere e parrucchiere per donna, produzione e vendita di alcolici, tra le altre) non hanno posto nel nuovo Iraq “democratizzato” dai mullah. Anche i bambini di Baghdad sanno che lavorare per gli americani è pericoloso, se non si è uccisi proprio perché “collaborazionisti,” lo si può essere negli attacchi che essi subiscono, ma a volte non ci sono alternative, e se non altro i cristiani non sono soggetti a ritorsioni da parte della loro stessa comunità, come accadrebbe invece per i musulmani che volessero fare il loro stesso mestiere.
Così Allan è morto per un colpo di pistola in testa il 7 gennaio. Così ora suo padre, sua madre, sua moglie ed i suoi due bambini sono fuggiti all’estero in attesa di un visto per gli USA, e di una nuova vita lontana dalla violenza di Baghdad.
Per la famiglia di Allan c’è stata una mobilitazione internazionale, il Christian Science Monitor, il quotidiano americano per cui lavora Jill Carroll, gli ha dedicato un tributo ripreso da molti altri organi di stampa, ed ha organizzato una raccolta fondi a favore della vedova e degli orfani, ma in Italia il suo nome è sconosciuto.
Perché dovrebbe essere altrimenti? Allan non era famoso, e soprattutto era iracheno, due caratteristiche che lo inseriscono di diritto nella lista dei morti dimenticati e mai conosciuti di questa assurda guerra senza fine.
Se io ne scrivo è solo perché con Allan io ci ho parlato, una volta. Non l’ho conosciuto, perché non si “conosce” una persona con la quale si scambiano solo poche parole, ma ricordo il suo negozio in A’arasat al Indiya, dove gli amici iracheni ci avevano portato in una calda serata di settembre assicurandoci che solo lì avremmo trovato tutto ciò che di musica stavamo cercando. Ricordo che a differenza di altri negozi analoghi in quartieri più popolari il volume della musica nel suo non ti spaccava i timpani, che tutto era ordinato e pulito, che lì comprai un DVD di Kadem el-Saher, il più popolare cantante iracheno, che uno schermo TV non visibile dalla strada mandava in onda filmati di poco vestite ballerine di danza del ventre - libanesi come ci dissero –
Devo aver parlato con Allan, sicuramente gli ho chiesto il conto, sicuramente l’ho ringraziato e salutato con il “Mah’-salama” di rito, ma i miei ricordi non vanno oltre.
Allan Enwiya è una delle centinaia di persone con cui ho scambiato almeno un saluto o un sorriso in Iraq, solo che di lui ora conosco il nome, la storia e la fine.
Chissà cosa ne è stato degli altri…

31 marzo 2006

Il cuore e la vita dei cristiani iracheni

Il cuore e la vita dei cristiani iracheni

“La nostra priorità è quella di frenare l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente perché la Chiesa ha bisogno di loro” ha dichiarato il 29 marzo l’Arcivescovo Melchita di Aleppo (Siria) Jean-Clément Jeanbart ad Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Il prelato si riferiva alla situazione in Siria dove i cristiani rappresentano il 10% della popolazione totale, (17 milioni) ma le sue parole confermano la gravità della situazione in tutte quelle terre di antichissima tradizione cristiana, una gravità ribadita lo stesso giorno e nello stesso contesto dal Patriarca Vicario dei Caldei, l’iracheno Monsignor Andraos Abouna.
Il vescovo iracheno ha infatti parlato della disperazione dei cristiani iracheni che in numero sempre maggiore stanno lasciando l’Iraq. Secondo Monsignor Abouna la situazione è peggiorata dopo le elezioni dello scorso dicembre, la sicurezza non esiste e la massiccia presenza delle forze di polizia non ne è garanzia. “… è molto difficile con un governo che non ha potere decisionale. Riuscite ad immaginare com’è la vita senza nessuna forma di governo?”
“Con il cuore i cristiani non vorrebbero lasciare il paese ma a causa della situazione preferiscono farlo” continua il vescovo, “… le chiese sono piene ma al di fuori di esse si ha la sensazione che i cristiani siano finiti in Iraq.”


Fonte: http://www.kirche-in-not.org/index_s.html

30 marzo 2006

Jill è libera!

Jill è libera!

La notizia della liberazione a Baghdad di Jill Carroll è stata accolta con gioia al Christian Science Monitor, il quotidiano americano per il quale la giovane giornalista (28 anni) lavora. Alle 12.20 di stamane la giornalista rapita a Baghdad il 7 gennaio è stata rilasciata nei pressi di un ufficio dell’Iraqi Islamic Party, (IIP) nel quartiere a maggioranza sunnita di Amariyah.
Il rilascio della giornalista appare anomalo viste le sue modalità, secondo quanto ha dichiarato dal segretario generale dell’IIP, Tariq al-Ashimi, la giovane si è infatti presentata alla porta dell’ufficio vestita secondo i dettami islamici e consegnando alle guardie una lettera datale dai rapitori al momento del rilascio.
Una volta nella sede dell’IIP la Carroll è stata intervistata dalla Baghdad TV, di proprietà dello stesso partito, e le sono stati consegnati dei regali dallo stesso Tariq al-Ashimi.
Subito dopo la giornalista è stata affidata ai soldati americani che erano stati avvertiti della sua presenza negli uffici dell’IIP, ed è stata condotta nella Green Zone di Baghdad dove ha incontrato l’ambasciatore USA in Iraq, Zalmay Khalilzad che l’ha descritta come “in buona salute e di ottimo umore” e che ha negato il pagamento di un riscatto da parte del governo americano.
La Carroll, secondo quanto ha dichiarato la famiglia, era incerta se seguire o no i soldati americani visto che proprio prima del rilascio i suoi rapitori l’avevano avvertita che la Green Zone era infiltrata dai Mujahideen, e che se avesse cooperato con i soldati USA sarebbe stata uccisa. Solo dopo una telefonata al giornalista del CSM a Baghdad, Scott Peterson, l’incertezza è svanita e Jill ha accettato di lasciare gli uffici dell’IIP.
“Sono stata trattata bene” ha dichiarato la Carroll a proposito del suo sequestro “ma non so perché mi hanno rapita.” La giovane ha inoltre dichiarato di essere stata tenuta prigioniera, per gli 82 giorni del suo sequestro, in una casa ben ammobiliata ma con le finestre sigillate ed i vetri oscurati, e che i suoi rapitori le hanno concesso una sola volta di guardare la televisione e di leggere un giornale.
Così isolata la Carroll ha appreso solo oggi che il suo autista era scampato all’agguato, mentre era a conoscenza che il suo interprete e guida, Allan Enwiya, era rimasto ucciso.
Il Christian Science Monitor, commentando la liberazione, fa notare come, non si sa se per caso o per scelta, la Carroll sia stata “consegnata” all’IIP, il cui segretario generale, Tariq al-Ashimi, rivaleggia per influenza nella comunità arabo sunnita irachena proprio con Adnan al-Dulaimi, del Fronte di Concordia Nazionale, il politico che la Carroll aveva cercato di intervistare il giorno del sequestro.

Il quotidiano americano riporta anche un diario della storia di Jill, dal momento del suo sequestro a quello della sua liberazione:

7 gennaio: Jill Carroll viene rapita nel quartiere sunnita di Adil, a Baghdad, ed il suo interprete, Allan Enwiya viene ucciso. Il CSM chiede il silenzio stampa sul nome della giornalista rapita
10 gennaio: il nome di Jill Carroll viene svelato dai media
15 gennaio: Il Jordan Times, quotidiano giordano per la quale la Carroll ha lavorato pubblica un editoriale intitolato “La nostra Jill” in cui si richiede la sua liberazione.
17 gennaio: La Tv satellitare Al Jazeera manda in onda il primo video di Jill ed informa che la richiesta dei suoi rapitori è la liberazione, entro 72 ore, di tutte le donne detenute nelle carceri irachene.
18 gennaio: Vari gruppi islamici, come la Iraq's Muslim Scholars Association, l’Egypt's Muslim Brotherhood, la Iraq Journalists' League e la Iraqi Accordance Front, chiedono il rilascio di Jill. Un altro editoriale a sostegno della sua liberazione viene pubblicato da quotidiano giordano Al Ghad.
19 gennaio: Otto organizzazioni per i diritti umani egiziani chiedono il rilascio. Alla richiesta si associa la guida suprema dei Fratelli Musulmani in Egitto, Mohamed Mahdi Akef.
20 gennaio: Scade il primo ultimatum deciso dai rapitori. Jim Carroll, il padre di Jill appare sulle TV arabe Al Jazeera ed Al Arabiya. Manifestazione per il rilascio alla Moschea di Parigi organizzata da Reporters Without Borders. Richiesta di rilascio anche da parte di Adnan al-Dulaimi che la Carroll avrebbe dovuto intervistare il giorno del suo rapimento.
21 gennaio: A favore del rilascio si dichiara la delegazione del Council on American-Islamic Relations (CAIR) appositamente arrivata a Baghdad.
23 gennaio: Montasser al-Zayat, a capo del Liberties Committee of the Egyptian Lawyers' Syndicate, e Saeed Syam, alto rappresentante of Hamas (Islamic Resistance Movement) nella Striscia di Gaza Strip, chiedono il rilascio.
26 gennaio: 400 detenuti, tra cui 5 donne , vengono rilasciati dalle prigioni irachene. Alle richieste di liberazione si associano 37 politici ed intellettuali arabi.
29 gennaio: Seconda richiesta di liberazione da parte di Adnan al-Dulaimi
30 gennaio: Al Jazeera manda in onda il secondo video di Jill che indossa il velo islamico e che singhiozza davanti le telecamere. Secondo lo speaker della TV araba, la cui voce copre quella di Jill, ella si appella alle truppe americane in Iraq ed al Ministero dell’Interno iracheno perché rilascino le donne ancora prigioniere. Il video è datato 28 gennaio.
1 febbraio: Il Jordan Times chiede di nuovo la liberazione di Jill. Stessa richiesta da parte del quotidiano di Baghdad New Sabah e di Waddah Khanfar, direttore di Al Jazeera, a nome dei giornalisti della TV araba.
5 febbraio: Una gigantografia di Jill viene esposta al Comune di Roma, verrà rimossa solo oggi 30 marzo.
7 febbraio: Reporters Without Borders organizza una manifestazione a Parigi per i trenta giorni di detenzione di Jill. Sono presenti anche l’attrice Juliette Binoche, la giornalista francese Florence Aubenas, anch’essa rapita a Baghdad, ed il giornalista del CSM Peter Ford.
9 febbraio: La TV kuwaitiana Al Rai manda in onda il terzo video di Jill che afferma di star bene ma che il tempo sta scadendo. Nel video la giornalista afferma essere il 2 e non il 9 di febbraio.
10 febbraio: Il proprietario della TV Al Rai dichiara che, secondo fonti vicine ai rapitori, la Carroll è detenuta nella zona centrale di Baghdad, è affidata ad un gruppo di donne che lei aiuta nelle faccende domestiche, ed è in buone condizioni psicologiche.
14 febbraio: Sattam Hameed Farhan al-Gaood, ex dirigente del deposto regime iracheno, chiede la liberazione di Jill. Al Iraqiya, una TV irachena inizia a trasmettere dei servizi che sottolineano l’amore di Jill per l’Iraq e che ne chiedono il rilascio.
15 febbraio: Muhammad Krishan, giornalista tunisino di Al Jazeera, chiede il rilascio di Jill attraverso le pagine del giornale palestinese Al Quds Al Arabi.
16 febbraio: Alla University of Massachusetts-Amherst, dove Jill ha studiato, manifestazione studentesca a favore del suo rilascio.
21 febbraio: Reporters Without Borders lancia una settimana internazionale di supporto alla liberazione di Jill. Alla University of Michigan-Ann Arbor gli studenti vegliano alla luce delle candele per Jill.
27 febbraio
: Il Ministro degli Interni iracheno, Bayan Jabr dichiara alla TV USA di conoscere i responsabili del sequestro e che la giornalista è ancora viva.
Marzo: Su vari giornali e su vari blogspots inizia una campagna a favore della liberazione di Jill.
20 marzo: Reporters Without Borders scopre una gigantografia di Jill a Place de la Nation a Parigi. La foto è affiancata da quelle di due giornalisti iracheni ancora in ostaggio, Reem Zeid and Marwan Khazaal.
30 marzo: Jill è libera!

Fonte: http://www.csmonitor.com/2006/0331/p01s01-woiq.html



16 marzo 2006

Sinodo dei Vescovi caldei

Il prossimo Sinodo dei vescovi caldei si terrà dall'8 al 16 maggio nella località di Shaqlawa, nel nord dell'Iraq.
Il sinodo segue quello straordinario tenutosi a Roma nel novembre del 2005 quando i vescovi furono ricevuti in udienza dal Santo Padre Benedetto XVI e ricevetero la visita dell'allora presidente della Repubblica Irachena, Jalal Talabani, in visita ufficiale in Italia.

23 febbraio 2006

Violenze in Iraq: colpito sacerdote caldeo referente dei progetti per la comunità cattolica caldea di Baghdad dell’Arcidiocesi di Torino

Mercoledi 22 aprile 2006.

Un altro, ennesimo, giorno nero per l’Iraq. Ieri il paese si è svegliato apprendendo della scomparsa di un altro suo capolavoro artistico: la cupola ricoperta da lastre d’oro che ornava la moschea sciita di Al Askariya a Samarra, a nord di Baghdad.
Era bellissima quella cupola. Guardandola dall’alto della Torre di Samarra, il minareto a spirale più famoso del mondo, l’oro che la ricopriva risplendeva al sole riverberandone la luce, ed illuminando così il paesaggio che dal color sabbia del deserto lontano si inverdiva avvicinandosi al Tigri.
Ora le immagini ci rimandano muri sgretolati ed ossature ferree che niente più hanno da sorreggere.
Samarra. La splendida capitale dell’impero Abbaside è di nuovo ferita. Lo è stata mille e mille volte alla morte di ogni bambino, di ogni uomo, di ogni donna che hanno pagato la storia maledetta di un paese bellissimo. Lo è stata cento e cento volte ad ogni distruzione che l’ha colpita, e che ha spinto l’UNESCO ad estendere la sua protezione da una singola opera d’arte a “tutto” l’Iraq, considerato patrimonio mondiale dell’umanità nella sua interezza, e sempre più in pericolo a causa della follia dell’uomo che nulla rispetta e tutto distrugge, anche ciò che è suo, in nome del potere.
Così la torre di Samarra, il minareto a spirale che per tutti è ormai la rappresentazione di quella che avrebbe dovuto essere la mitica Torre di Babele, ha perso la cima nell’aprile del 2005 quando alcuni ribelli l’hanno distrutta a colpi di mortaio per evitare che essa continuasse a servire ai cecchini americani come punto di osservazione e tiro. I cecchini americani su quella torre non ci sono tornati più, è vero, ma con essi è scomparso anche un pezzo di inestimabile valore artistico e storico.
Così oggi la cupola d’oro della moschea è rasa al suolo, e con essa la cupola maiolicata azzurra che le stava a fianco. Hanno retto i due minareti ed alcune delle mura esterne ma il danno è ancora più grave di quello inferto al minareto, perché diverso è il significato che le due opere d’arte rivestono.
La moschea di Al Askariya di Samarra è il terzo luogo santo dell’Islam sciita iracheno dopo le città sante di Najaf e Kerbala, ed è carica di significati religiosi che oggi sono stati sfregiati. Essa ospita infatti le tombe di due imam che nella linea di successione sciita hanno continuato l’opera di diffusione dell’Islam iniziata da Maometto, e se ciò non bastasse la tradizione vuole che proprio da essa sia sparito il Mahdi nell’874. Nella tradizione sciita il Mahdi rappresenta una figura particolarmente importante e venerata, il dodicesimo imam successore di Maometto, che scomparve e che tuttora è atteso da milioni di fedeli sciiti nel mondo per invitare l’umanità all'Islam, instaurando così la giustizia, la pace ed il benessere nel mondo intero.
Nella follia che ormai ha pervaso gli animi degli iracheni, da troppi anni sottoposti ad una violenza quotidiana che noi non riusciamo neanche a pensare, la lotta per il potere non risparmia nulla e nessuno, e così distruggere una moschea sciita è la risposta agli “Squadroni della morte” composti da sciiti appartenenti alle forze dell’ordine del governo attualmente in carica, ed accusati di una serie di esecuzioni (colpi in testa e mani legate dietro la schiena) di esponenti più o meno potenti della minoranza sunnita.
Questa mattina all’alba infatti, alcuni individui che indossavano delle divise sono penetrati nella moschea e vi hanno depositato delle cariche esplosive per poi innescarle e fuggire. Che il gesto rivestisse un’importanza superiore a quello di molti altri gesti che purtroppo insanguinano il paese ogni giorno è stato subito dimostrato dall’intervento del Grand Ayatollah Ali Al Sistani che dalla sua casa di Najaf e’ eccezionalmente comparso sugli schermi televisivi, dapprima invitando gli sciiti a sollevarsi ed a vendicare l’offesa subita, salvo poi correggere il tiro invitandoli alla calma ed a non attaccare le moschee sunnite per ritorsione.
Questo invito alla calma forse è stato dovuto al fatto che il Grand Ayatollah si è reso conto del rischio che le sue parole avrebbero potuto rappresentare, ma se consideriamo che un uomo saggio come lui non può non averle soppesate prima è più probabile che egli abbia avuto sentore, o certezza, di come il suo rivale interno, non per carisma ma per potere di mobilitazione delle masse, Moqtada Al Sadr, avrebbe potuto sfruttarle a proprio vantaggio.
Nella capitale, infatti, gli sciiti mobilitati dal giovane capopopolo Moqtada Al Sadr si sono riversati a migliaia fuori dal loro quartiere-ghetto ribattezzato Sadr City, un quartiere mostro di due milioni di abitanti in cui la rabbia per anni covata contro il regime e da esso brutalmente repressa, è esplosa, sotto la guida proprio di Moqtada Al Sadr, nell’opposizione violenta all’occupazione americana. Armati di bastoni e Kalashnikov, bandiere e pistole, i membri della sua milizia, l’Esercito del Mahdi, si sono riversati nei quartieri limitrofi incuranti degli appelli provenienti da Najaf, ed esaltati dalla possibilità di farla pagare ai sunniti, per troppo tempo veri ed unici padroni del paese.
Le loro urla di vendetta hanno risuonato per le strade di Baghdad sempre più vuote in attesa dello scoppio di tanta rabbia. E lo scoppio c’è stato, e moschee sunnite sono state attaccate e devastate.
Morti, feriti e tanta paura anche tra chi in questa lotta intestina interreligiosa parrebbe non entrarci nulla. E’ il caso di un sacerdote caldeo, Padre Douglas Al Bazi, colpito di fronte alla sua chiesa da una pallottola vagante sparata da una delle decine di auto in corsa e piene di uomini armati decisi a farsi giustizia dell’offesa di stamani a Samarra.
“Ho sentito dire che 25 moschee sunnite sono state attaccate oggi nel paese” mi dice con voce affaticata il sacerdote. E’ appena tornato dall’ospedale dove solo oggi pomeriggio, dopo molte ore dall’incidente, è riuscito ad arrivare. “Mi hanno fatto delle lastre e risulta che ho scheggia nella gamba sinistra, sotto il ginocchio, ma non possono toglierla, mi hanno solo fatto delle iniezioni di antibiotico e dovrò farne ancora.”
“Cosa pensi succederà ora?” chiedo. “Non lo so, so solo che quando è scoppiato il caso delle vignette su Maometto pubblicate in Danimarca hanno attaccato la mia chiesa (il 29 gennaio scorso) ed oggi che la moschea sciita di Samarra è stata distrutta io sono finito in ospedale ed ho una scheggia nella gamba.”
“Ed il futuro?” “Penso che l’unica scelta che avremo sarà quella di lasciare il paese. Non c’è governo, non c’è sicurezza, cosa possiamo fare?”
Queste parole così scoraggiate, perdenti, riflettono benissimo i sentimenti di chi è al limite della sopportazione umana, specialmente perché pronunciate da colui che, subito dopo i primi attacchi coordinati alle chiese irachene, il primo agosto del 2004, fece ferro e fuoco per tornare in patria dall’estero ed essere così vicino ai suoi fedeli.
Ad oggi non si sa come e se la situazione cambierà, se e come un accordo politico convincerà Moqtada Al Sadr a ritirare le sue milizie. Certo non serviranno i giorni di lutto proclamati sia dal governo sia dal Grand Ayatollah Al Sistani, come non servirà il coprifuoco imposto dalle otto di sera alle sei del mattino. La luce del sole che in questo periodo già splende caldo in Iraq non ha fermato in questi anni le violenze, e certo non lo farà la calma imposta della notte.




Padre Douglas Al Bazi è il referente iracheno per il progetto “Io ho un nuovo amico, un sacerdote caldeo iracheno” curato dall’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino. Ad egli vanno i migliori auguri di pronta guarigione da tutti coloro che in Italia lo hanno conosciuto, che hanno collaborato con lui e che hanno sostenuto i progetti di aiuto alla comunità cattolica caldea di Baghdad.

30 gennaio 2006

Aggiornamenti sugli attacchi alle chiese in Iraq

Oggi, 29 gennaio 2005, è stato l’ennesimo giorno di paura per i cristiani iracheni. Come già avvenuto nel 2004 una serie di attacchi concertati e distanziati tra loro di pochi minuti l’uno dall’altro hanno colpito diversi edifici di culto a Baghdad ed a Kirkuk.
Il primo attacco è avvenuto alle 15.45. Una bomba celata da un foglio di nylon è scoppiata lungo il muro esterno della chiesa cattolica caldea di Mar Mari, nel quartiere nord-orientale di Hay Al Benook, a pochi minuti dall’arrivo del Patriarca caldeo, Mar Emmanuel III Delly, atteso per concelebrare la Santa Messa. “Non ci sono stati feriti né morti” ha detto il parroco della chiesa, Padre Douglas Al Bazi, nel corso di una concitata telefonata, “ma la bomba ha distrutto una parte del muro esterno della chiesa.” Solo danni materiali, quindi, ma in un’atmosfera che, sempre secondo Padre Douglas, era già tesa da giorni nel quartiere, tanto che egli stesso si era sentito in dovere di avvertire del pericolo il Patriarca che aveva comunque deciso di partecipare alla celebrazione. Un attacco che comunque, malgrado la tensione, è giunto inaspettato dato che: “ultimamente non c’erano state minacce dirette alla chiesa.”
L’attacco a Mar Mari poteva dunque inserirsi nel quadro della vita “normale” di Baghdad, fatta di bombe e morti, non fosse stato che nel giro di un’ora altre notizie hanno cominciato ad arrivare.
Un’autobomba è scoppiata infatti davanti alla sede della Nunziatura Apostolica, nella centralissima Saadoun Street, un’altra davanti alla chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno in Andalus Square, vicinissima alla zona super protetta dove si trovano gli Hotel Palestine e Sheraton, un’altra davanti alla chiesa siro ortodossa di San Pietro e Paolo in Al Sinaa Street, non lontano dall’Università di Tecnologia, ed un’altra è stata disinnescata presso la chiesa di San Giuseppe dei lavoratori.
Fortunatamente queste esplosioni hanno causato solo danni materiali ma altrove non è stato così. Contemporaneamente a quanto stava accadendo a Baghdad, infatti, altre esplosioni si sono verificate a Kirkuk, nel nord del paese. Un’autobomba ha colpito la chiesa cattolica caldea della Vergine Maria causando tre morti e nove feriti tra i fedeli ed i passanti, ed un’altra ha colpito la chiesa siro ortodossa di Sant’Ephrem non ferendo però nessuno.
Questi attacchi, malgrado non abbiano avuto esiti gravissimi – per gli standards iracheni fatti di quotidiana, altissima mortalità – hanno un significato particolarmente grave e fanno presagire un futuro ancora più buio per la già in pericolo comunità cristiana irachena.
Già dopo gli attacchi del primo agosto 2004 si era assistito ad una fuga dei cristiani iracheni verso l’estero o verso le zone del nord del paese – l’allora Ministro dell’Emigrazione e degli Sfollati, la cristiana Pascale Isho Warda, aveva parlato di 40.000 persone – ora, dopo quest’ennesima ondata di violenza, probabilmente questa fuga ricomincerà. Le premesse ci sono tutte. L’attesa vittoria degli sciiti alle elezioni del 15 dicembre scorso, la conseguente scarsa probabilità che gli articoli della costituzione (varata il 15 ottobre 2005) non propriamente favorevoli alle minoranze possano essere emendati, e la tensione tra cristiani e musulmani che in Iraq sta salendo di giorno in giorno, e che proprio oggi si è concretizzata con scontri tra gruppi di studenti alle università di Mosul e Baghdad, potrebbero assottigliare ancora di più le speranze dei cristiani iracheni di rimanere a vivere nel loro paese e contribuire alla sua rinascita.

29 gennaio 2006

Esplosione in una chiesa di Baghdad

Oggi 29 settembre 2005, il Patriarca della chiesa cattolica caldea irachena, Mar Emmanuel III Delly, era atteso nella chiesa di Mar Mari, nella zona nord orientale di Baghdad, per celebrare la Santa Messa. Purtroppo però, alle 15.45 ora locale, una bomba, celata da un foglio di nylon, è esplosa a circa un metro dal muro perimetrale della chiesa abbattendone una parte.
Fortunatamente non ci sono stati feriti ma i danni sono ingenti e la paura tanta in un quartiere, come quello di Hay Al Benook, dove la situazione della sicurezza è andata peggiorando negli ultimi tempi tanto che il parroco della chiesa, Padre Douglas Al Bazi, aveva già tre giorni fa avvertito il patriarca del pericolo.
L'esplosione, malgrado la situazione di pericolo, è arrivata inaspettata perchè, come affermato da Padre Douglas, ultimamente non c'erano state minacce dirette alla chiesa.
A tuttora, 14.25 ora locale, 16.25 ora di Baghdad non si sa se la Santa Messa con il patriarca verrà celebrata.

22 dicembre 2005

Nuovo Ausiliare Patriarcale caldeo a Baghdad

Dalle Chiese Orientali Cattoliche Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, con il consenso del Sinodo della Chiesa Caldea e dopo aver consultato la Sede Apostolica, ha trasferito, a norma del can. 85 2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Jacques Isaaq, Arcivescovo emerito di Arbil, alla sede titolare arcivescovile di Nisibi dei Caldei, con ufficio di Ausiliare Patriarcale. (©L'Osservatore Romano - 22 Dicembre 2005)

6 dicembre 2005

Cattolici a Bassora

Il 2 dicembre, in occasione dei festeggiamenti dell'Annunciazione secondo la liturgia caldea, 10 nuovi diaconi sono stati ordinati a Bassora dal Vescovo della città, Monsignor DJIBRAIL KASSAB. L'occasione ha segnato, secondo il presule, un momento di felicità per i circa 350 fedeli presenti e per i nuovi diaconi. Per quanto riguarda la situazione del paese le elezioni previste per il 15 dicembre rappresentano l'occasione per "cominciare a guardare con fiducia al futuro," secondo Monsignor Kassab. "Lo stato d'animo della comunità cattolica e di tutta Bassora è comunque positivo, si ha la sensazione che le cose stiano migliorando." Per il prossimo Natale, intanto, le parrocchie della diocesi stanno preparando le cerimonie ed i canti, e le celebrazioni si svolgeranno in modo regolare.
Letto su ASIA NEWS 06 dicembre 2005

Letter from Jesus

Dear loved ones
As you well know, we are getting closer to my birthday. Every year there is a celebration in my honor and I think that this year the celebration will be repeated. During this time there are many people shopping for gifts, there are many radio announcements, TV commercials, and in every part of the world everyone is talking that my birthday is getting closer and closer.It is really very nice to know, that at least once a year, some people think of me.
As you know, the celebration of my birthday began many years ago. At first people seemed to understand and be thankful of all that I did for them, but in these times, no one seems to know the reason for the celebration. Family and friends get together and have a lot of fun, but they don't know the meaning of the celebration.I remember that last year there was a great feast in my honor. The dinner table was full of delicious foods, pastries, fruits, assorted nuts and chocolates. The decorations were exquisite and there were many, many beautifully wrapped gifts.
But, do you want to know something? I wasn't invited. I was the guest of honor and they didn't remember to send me an invitation. The party was for me, but when that great day came, I was left outside, they closed the door in my face .... and I wanted to be with them and share their table. In truth, that didn't surprise me because in the last few years all close their doors to me. Since I wasn't invited, I decided to enter the party without making any noise. I went in and stood in a corner. They were all drinking; there were some who were drunk and telling jokes and laughing at everything. They were having a grand time. To top it all, this big fat man all dressed in red wearing a long white beard entered the room yelling Ho-Ho-Ho! He seemed drunk. He sat on the sofa and all the children ran to him, saying: "Santa Claus, Santa Claus" .. as if the party were in his honor! At 12 Midnight all the people began to hug each other; I extended my arms waiting for someone to hug me and ... do you know ... no one hugged me. Suddenly they all began to share gifts. They opened them one by one with great expectation. When all had been opened, I looked to see if, maybe, there was one for me.
What would you feel if on your birthday everybody shared gifts and you did not get one? I then understood that I was unwanted at that party and quietly left. Every year it gets worse. People only remember to eat and drink, the gifts, the parties and nobody remembers me. I would like this Christmas that you allow me to enter into your life. I would like that you recognize the fact that almost two thousand years ago I came to this world to give my life for you, on the cross, to save you. Today, I only want that you believe this with all your heart. I want to share something with you. As many didn't invite me to their party, I will have my own celebration, a grandiose party that no one has ever imagined, a spectacular party.
I'm still making the final arrangements. Today I am sending out many invitations and there is an invitation for you. I want to know if you wish to attend and I will make a reservation for you and write your name with golden letters in my great guest book. Only those on the guest list will be invited to the party. Those who don't answer the invite, will be left outside.
Be prepared because when all is ready you will be part of my great party.

See you soon.
I Love you!Jesus

1 dicembre 2005

Un regalo di pace per i bambini di Baghdad

Un regalo di pace per i bambini di Baghdad

L’UFFICIO PASTORALE MIGRANTI dell’Arcidiocesi di Torino, in collaborazione con l’ASAI, lancia per il Natale 2005 una raccolta fondi da destinare all’acquisto in loco di regali per i bambini, cattolici e non, che frequentano le 10 parrocchie di Baghdad partecipanti al progetto “Io ho un nuovo amico, un sacerdote caldeo iracheno.”

L’acquisto e l’invio di regali natalizi in Italia non è possibile per i problemi legati al trasporto di merci in Iraq, e per questa ragione l’UFFICIO PASTORALE MIGRANTI ha deciso di destinare questi fondi alle dieci parrocchie con le quali intrattiene rapporti già dal 2004, tre delle quali hanno anche partecipato lo scorso anno al progetto “Natale e Pasqua di Pace” di scambio di disegni tra bambini italiani ed iracheni in occasione delle due sante festività.

Regalare un pensiero ed una preghiera ai bambini iracheni è bellissimo, ma non dobbiamo dimenticare che, nonostante la violenza di cui sono testimoni ormai da più di due anni, sono bambini, e come tutti i bambini del mondo a Natale meritano un regalo, un attimo di felicità che li faccia sentire uguali agli altri.

Il nostro scopo è raccogliere almeno 5000.00 € che permetteranno l’acquisto dei regali di Natale per 500 bambini, e per questa ragione l’offerta minima per il progetto è fissata in 10.00 €.
Per ragioni legate al trasferimento bancario della somma raccolta il termine ultimo è fissato al 15 di dicembre 2005.
Se per il prossimo Natale vuoi regalare una o più quote come regalo a nome di un tuo parente o di un tuo amico potrai segnalarci i suoi dati e noi provvederemo a fargli/le avere una lettera/mail di ringraziamento.

Per contribuire al progetto i versamenti possono essere effettuati sul
C/C bancario 6652/06 c/o Banca Intesa
Agenzia 85 ABI 03069 CAB 01125
intestato a: UFFFICIO PASTORALE MIGRANTI.
Causale: Un regalo di pace per i bambini di Baghdad

Per informazioni mail a:
f.olivero@diocesi.torino.it
Ufficio Pastorale Migranti
Via Ceresole 42 Torino
011 2462092
Info progetto:
www.migranti.diocesi.it
voce Iraq: Io ho un nuovo amico, un sacerdote caldeo iracheno.