"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

13 maggio 2006

1091 morti nella sola Baghdad ad aprile

Il 10 maggio scorso il presidente iracheno Jalal Talabani ha dichiarato ufficialmente che nel solo mese di aprile ben 1091 persone sono state uccise nella sola capitale. Un numero probabilmente inferiore a quello reale se si considerano i cadaveri che non vengono esaminati dall'Istituto Medico Legale, e dell'enorme numero di vittime di rapimenti che molto spesso si concludono con l'uccisione dell'ostaggio.
Questa recrudescenza della violenza sta spingendo molti abitanti di Baghdad alla fuga. Fuggono dalle bombe poste sul ciglio delle strade e nei mercati, dagli omicidi mirati che colpiscono ora le une ora le altre componenti delle diverse realtà religiose, dai rapimenti, dalle intimidazioni.
Fuggono verso zone considerate più tranquille, o più omogenee dal punto di vista della fede dei loro abitanti. Così molti sciiti provenienti dalle altre parti del paese o dalla stessa capitale tendono a trasferirsi nei sobborghi settentrionali della stessa, limitrofi a Sadr City, roccaforte del leader Moqtada Al Sadr e dove la legge è quella imposta dalla sua milizia: l'esercito del Mahdi.
Così alcune famiglie cristiane si stanno trasferendo a Baghdad Jadida, lasciando il pericolosissimo quartiere meridionale di Dora Mekanik, dove in una sola strada, costellata di check points, è possibile trovare qualche negozio aperto, ma solo fino alle due del pomeriggio, quando scatta un coprifuoco spontaneo che chiude in casa la popolazione terrorizzata.
Fuggono dalla violenza, ma non solo. In una città in cui ci si deve considerare fortunati a vivere in un quartiere dove l'elettricità viene erogata per un ora e sospesa per cinque, e dove il prezzo del gasolio per i generatori è salito alle stelle, chi può fugge verso il nord per scampare all'imminente estate che anche quest'anno porterà la temperatura fino a 55°.
Essere a Baghdad d'estate vuol dire vivere costantemente in un forno, ed anche prima della guerra era così. Anche prima molte persone non potevano condizionare le proprie case, ma allora era possibile cercare refrigerio sui tetti piatti dove intere famiglie si trasferivano di notte a dormire, o cercare la brezza lungo i viali che costeggiano il Tigri. Ora non più!