By Fides
Foto Baghdad Post |
Nella Piana di Ninive, regione di
radicamento storico delle comunità cristiane autoctone nei territori
dell’attuale Iraq, sono in atto strategie urbanistiche e immobiliari che
cavalcano gli slogan sulla necessaria ricostruzione e ripartenza del
Paese dopo gli anni di occupazione jihadista, ma in realtà avrebbero
l’effetto di alterare definitivamente gli equilibri e la composizione
etnica della popolazione locale. La messa in guardia arriva da Yohanna
Petros Moshe, Arcivescovo siro cattolico di Mosul, che ha espresso il
suo allarme e le sue preoccupazioni in una lettera personale inviata al
Premier iracheno Adel Abdul Mahdi.
A provocare l’allarme dell’Arcivescovo sono state le ventilate misure
della Direzione urbanistica della Provincia di Ninive volte a favorire
la creazione di nuovi insediamenti abitativi nell’area, anche nel
tentativo di sostenere la ripopolazione di aree e villaggi rimasti
deserti dopo la sconfitta e l’esodo forzato delle popolazioni locali
verificatosi negli anni di occupazione da parte dei miliziani jihadisti
dello Stato Islamico (Daesh).
Tali disposizioni amministrative, a giudizio dell’Arcivescovo, vanno
sospese e riformulate “prima che sia troppo tardi”, se non si vuole
alterare definitivamente la tradizionale composizione plurale della
popolazione di quella regione.
Nelle ultime settimane, organizzazioni e gruppi che si presentano come
espressione delle locali comunità cristiane hanno espresso diffidenza e
sospetti in particolare riguardo a un progetto edilizio che prevede la
costruzione di centinaia di nuove unità immobiliari nell’area urbana di
Bartella, cittadina della Piana di Ninive tradizionalmente abitata da
cristiani. Il progetto, denominato “Sultan City” – riporta il website ankawa.com – prevede di utilizzare terreni agricoli appartenenti a
famiglie cristiane, in una zona dove adesso è molto forte il controllo
militare esercitato dalle Forze di mobilitazione popolare, milizie
sciite considerate vicine all’Iran. Il progetto immobiliare, delineato
già nel 2013, adesso viene rilanciato, dopo aver subito una lunga
sospensione a causa dell’occupazione jihadista. E anche se sulla carta
una percentuale considerevole delle case in costruzione risulta
riservata alle locali popolazioni cristiane, gruppi di militanti locali
denunciano piani volti a assicurare alla minoranza sciita degli Shabak
il monopolio nell’accaparramento delle future nuove abitazioni.
The Baghdad Post
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