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La celebrazione ha visto la partecipazione dell’Arcivescovo caldeo Najib Mikhail Moussa OP, insieme a diverse suore, sacerdoti, rappresentanti delle organizzazioni della società civile e gruppi di musulmani, yazudi, shabak, curdi e turkmeni.
La liturgia eucaristica ha rappresentato anche un passaggio importante del progetto sostenuto dall’Associazione Italiana "Un Ponte Per…", progetto volto a sostenere iniziative e processi di riconciliazione tra le diverse componenti della popolazione e il superamento delle ferite, dei risentimenti e dei sospetti lasciati in eredità dal conflitto. Alla celebrazione, in particolare, hanno preso parte membri del Conflict Prevention Team di Un Ponte Per..., sette giovani operatori di pace locali che lavorano sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti tra le comunità, inclusa la dimensione del dialogo interreligioso, nel progetto "Bridging Communities in the Ninewa Governorate".
La chiesa è stata resa parzialmente agibile anche grazie all’opera di giovani volontari cristiani e musulmani. In un intervento svolto in margine alla celebrazione, l’attivista Mustafa Hisham ha definito l’iniziativa anche come un incoraggiamento a promuovere il ritorno a Mosul e nella Piana di Ninive delle decine di migliaia di cristiani fuggiti abbandonando le proprie case nel tempo dell’occupazione jihadista.
Le notizie sul ritorno a Mosul e nella Piana di Ninive degli sfollati cristiani appaiono sempre contrastanti e le verifiche risultano difficili. Di recente, fonti russe avevano riferito che a Mosul, dopo la fine del conflitto, avrebbero fatto ritorno alle proprie case soltanto una cinquantina di famiglie cristiane.
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